Emozioni negative: come gestirle

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Durante il nostro recente webinar abbiamo visto che una delle caratteristiche dell’intelligenza emotiva è la capacità di saper riconoscere e gestire le proprie emozioni. E’ quella abilità che va sotto la classificazione di “autocontrollo”.

Se saper riconoscere le emozioni positive non richiede anche l’abilità di saperle gestire, diventa invece utile capire come riconoscere e soprattutto disinnescare le emozioni negative. Secondo la ruota di Plutchick, le emozioni negative sono essenzialmente : la rabbia, la paura, la tristezza e il disgusto. E’ l’amigdala, la cosiddetta centralina delle emozioni, posizionata all’interno del nostro cervello ad attribuire significato emotivo a informazioni di stimoli provenienti dal mondo esterno, dall’interno del corpo e dal cervello, come pensieri e ricordi.

I bisogni non soddisfatti

Le emozioni negative solitamente scattano nel momento in cui i nostri bisogni non vengono soddisfatti. Alcuni autori ritengono che i bisogni seguano un modello di crescita che si articola per fasi successive, dove ogni fase precedente deve essere soddisfatta per passare alle motivazioni- bisogno di ordine superiore. Si ipotizza l’esistenza di 5 classi di bisogni:

  • bisogni fisiologici: sono i primi bisogni che si manifestano alla nascita e in ogni giorno della vita dell’individuo (per esempio il bisogno di cibo, di acqua, di dormire)
  • bisogni di sicurezza: sono i bisogni legati alla ricerca di protezione, sicurezza e vicinanza ; si possono manifestare solo dopo che i primi siano stati appagati
  • bisogni di amore e di appartenenza: sono i bisogni che rappresentano il desiderio di dare e ricevere amore, di sentirsi parte di un gruppo e cooperare con i suoi membri
  • bisogni di rendimento e riconoscimento: corrispondono all’esigenza di sentirsi competenti e produttivi e di veder riconosciuti i propri meriti e le proprie capacità
  • bisogno di realizzazione del sé: è la fase più elevata dello sviluppo nella quale gli individui possono vedere il più alto punto di crescita e la miglior applicazione delle loro capacità potenziali.

È possibile inoltre aggiungere un sesto livello, il bisogno di trascendenza, che consiste nel cercare di superare i propri limiti, andando oltre se stessi per sentirsi parte di un ordine più elevato spiritualmente.

Creare un piano per gestire le emozioni negative

Fino a qui la motivazione che porta al palesarsi delle emozioni.
Ma come diventarne consapevoli e poi disinnescarle? Spesso adottiamo degli schemi emotivi e comportamentali che si ripetono. Pensare ad un piano che risponda, invece, in maniera consapevole e nuova prima che si manifestino, significa poter rispondere in modo diverso alle emozioni stesse. Pronti a creare questo piano? Prendiamo il nostro solito blocco e penna o, per i più digitali, creiamo un un documento sul pc. Come ben sapete scriverlo lo renderà più reale e tangibile. Pronti? Via!

Per prima cosa identificate l’emozione negativa alla quale volete cambiare la risposta : rabbia, tristezza, paura, ansia. Scrivete quindi la vostra risposta e la reazione tipica quando sentite l’emozione palesarsi : ad esempio per la rabbia ” urlo o rispondo male a qualcuno”, per la tristezza: “sto a casa e guardo la Tv”.

Ora pensate ad una risposta alternativa a quell’emozione: scrivetela. Un esempio: per la rabbia : mi eserciterò a rimanere in silenzio, non risponderò o lo farò in maniera educata. Per la tristezza: farò qualcosa di creativo, come fare un disegno, scrivere su un diario.

Avete la possibilità di trovare tante e diverse risposte alternative. Non vanno scolpite nella piena. L’importante è comprendere il meccanismo e la strategia.

Le reazioni del corpo

Abbiamo detto più volte che il nostro corpo è la sentinella che avvista per prima l’arrivo della nuova emozione. Mettiamoci in ascolto: quando proviamo rabbia, stringiamo la mandibola, la frequenza cardiaca accelera. Quanto più velocemente siamo in grado di cogliere l’arrivo dell’emozione, tanto più riusciremo a individuare la nuova risposta. Più l’emozione si prolunga, meno facilmente si potrà disinnescare. Essere presenti è fondamentale. Esercitatevi mentalmente a utilizzare questo meccanismo. Chiudete gli occhi e immaginatevi di provare l’emozione negativa dalla quale volete liberarvi e mettete però in atto il nuovo piano che avete predisposto per reagire. Fatelo più volte: in questo modo prenderete dimestichezza fino a farlo diventare un processo automatico. L’importante è essere pronti a cogliere con anticipo l’emozione negativa prima che si manifesti. Mettiamo in atto l’autocontrollo, la nostra intelligenza emotiva ne gioverà.

Il nuovo schema emotivo

I nostri schemi emotivi, come visto, si ripetono e seguono un ciclo prevedibile di abitudini, come accade per i comportamenti. Se ne siamo consapevoli, possiamo rompere questo meccanismo: “segnale – routine- ricompensa” . Saper riconoscere i segnali emotivi, cambiando la routine, ci consente di cambiare le nostre azioni e i conseguenti risultati. Così facendo possiamo dare vita al nostro piano solo con una semplice domanda: ” Se… allora…”. Un semplice concetto di causa-effetto.

“Se comincio a sentirmi arrabbiata, allora…farò una passeggiata”

“Se comincio a provare un sentimento di tristezza, allora chiamerò qualcun con cui parlare”

Provate a rispondere voi adesso : “Se…allora?”

Ovviamente il piano deve tener conto delle nostre inclinazioni, dei nostri gusti. Ognuno di noi ha delle predisposizioni e modalità con le quali potersi sentire bene. L’importante è come sempre essere consapevoli. E soprattutto conoscerci…Mettiamoci in ascolto di noi stessi. In questo modo potremo prendere in mano la nostra vita e non essere gestiti dalle emozioni, soprattutto se sono negative!

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Perché è importante essere persone empatiche

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Provate a rispondere a queste 3 semplici domande:

  1. Mi soffermo a comprendere i miei sentimenti e quelli degli altri?
  2. Quando prendo decisioni, soppeso i punti di vista degli altri?
  3. Presto piena attenzione quando qualcuno mi parla?

Bene, se avete risposto positivamente a queste 3 domande siete delle persone empatiche. Il che è un bella cosa, specie in questi tempi, nei quali come viene più spesso ripetuto “Nessuno si salva da solo”. Mai come in questo ultimo anno il valore della collettività è stato esaltato e ha manifestato tutta la sua importanza. Siamo tutti parte di un insieme.

L’importanza della connessione

Questa mattina ho imparato, grazie alla mia amica Sandra, una nuova parola : Ubuntu, un termine africano che significa “Io sono perché noi siamo” . E’ quello che si è sentito dire un antropologo, che ha fatto fare un gioco a dei bambini di una tribù africana: dopo aver posizionato un cesto di frutta sotto un albero, aveva invitato i ragazzini a correre verso l’albero. Chi fosse arrivato prima, si sarebbe aggiudicato il gustoso premio. Ebbene, con sua grande sorpresa, i bambini non si sono scatenati in una corsa individuale, ma si sono presi tutti per mano, hanno camminato verso l’albero. Allo stupore dell’antropologo, i bambini hanno appunto risposto. “Ubuntu”. Il gioco non aveva scatenato la competizione, bensì il senso collettivo di camminare insieme per raggiungere uniti il risultato. Una bella favola moderna, anche se fortunatamente era reale. I ragazzi hanno dimostrato di essere persone empatiche. Tutti connessi.

I 3 gradi di empatia

Possiamo essere empatici con gradi diversi di intensità. Lo sapevate?

  • Empatia cognitiva
  • empatia emozionale
  • empatia compassionevole

Non è detto che tutti abbiamo lo stesso modo di saperci mettere in connessione con gli altri. Possiamo essere empatici perché cogliamo l’importanza degli altri, oppure possiamo esserlo mettendoci con più sentimento in ascolto degli altri. Infine, il massimo grado è mettersi nei panni degli altri, comportandoci in maniera piena, consapevole, attivando gesti di aiuto e collaborazione. Insomma essere “ubuntu”.

Coltivare l’empatia

Se empatici si nasce, possiamo però anche cercare di sviluppare atteggiamenti che ci portino ad essere più connessi con gli altri. Connessi in maniera compassionevole, appunto. Essere empatici non è solo mettersi nei panni degli altri, generando senso di gioia da parte dell’oggetto dell’empatia. Fa bene anche a noi che la pratichiamo: in primis genera apertura e fiducia nei nostri confronti. Consente di sviluppare relazioni solide e profonde fra le persone. Avere buone relazioni è una delle chiavi per vivere in maniera serena e appagata. Essere circondati da sentimenti di amore, attenzione, fiducia è profondamente gratificante, siete d’accordo? Essere empatici, aiutare gli altri ci aiuta anche a superare stati emotivi negativi, perché spostiamo il focus da noi stessi a qualcun altro. Significa togliere potere all’emozione negativa. Fare bene, fa bene, lo abbiamo ripetuto più volte.

Qualche consiglio utile

Come accrescere l’empatia e la connessione? Qui sotto trovate qualche consiglio utile.

  1. Sviluppa interesse nei confronti di qualcun che non conosci
  2. Chiedi un feedback sulle tue azioni e comportamenti
  3. Diventa un osservatore di persone
  4. Identifica e supporta una causa benefica
  5. Esprimi il tuo apprezzamento e gratitudine

La gestione dei conflitti

Essere persone empatiche aiuta anche a superare e gestire i conflitti. Vedere le circostanze da una prospettiva differente, non necessariamente la nostra, ci aiuta a vedere la situazione in maniera oggettiva, ancora senza il filtro dell’emozione. Provate a pensare ad una situazione nella quale voi e un’altra persona avete avuto dei dissapori. Esaminare la situazione dal solo proprio punto di vista non consente di vedere che ci possono essere altre soluzioni. Diventate osservatori esterni e esaminate le posizioni dei 2 contendenti. Sicuramente vi farà intravedere soluzioni inaspettate. Non è detto che la posizione del vostro interlocutore non sia quella più ragionevole.

Un webinar sull’Intelligenza Emotiva

L’empatia è una delle caratteristiche dell’Intelligenza Emotiva. Su questo argomento la prossima settimana, riparte un nuovo webinar che all’empatia dedicherà una sessione specifica.

Essere persone empatiche ci preserva da comportamenti egoistici, ci mette in connessione con gli altri e ci fa sentire persone persone di valore. Accresce e aumenta la nostra autostima. E ci fa sentire tutti Ubuntu…Che è un bel sentire…

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L’intelligenza emotiva: come svilupparla

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Sono sempre stata una persona emotiva. Me lo ripetevano i professori a scuola, me lo disse anche il relatore alla mia tesi. Quello che mi ha sempre salvato è stata una forte dose di positività , che mi ha permesso comunque di gettarmi a capofitto nelle nuove avventure, nell’intraprendere nuove strade. Poi crescendo, la maturità mi ha permesso di sapere controllare meglio le emozioni e con la mia attività di saperle non solo riconoscere in me stessa, ma anche negli altri. Ho appreso, insomma, l’alto potenziale dell‘Intelligenza Emotiva, che è diventata con l’andare del tempo oggetto di numerosi studi e approfondimenti da parte mia.

L’intelligenza emotiva ci aiuta a evolverci

Le emozioni hanno avuto un ruolo evolutivo, aiutandoci a sopravvivere alle calamità e agli attacchi nemici milioni di anni fa. Pensate se i nostri antenati non avessero provato emozioni come paura, coraggio la specie umana non si sarebbe sopravvissuta. Se non ci fosse stato il sentimento dell’amore non saremmo qui. Oggi le emozioni ci aiutano a capire meglio noi stessi e gli altri, realizzare i nostri sogni, raggiungere i nostri obiettivi, attraverso la motivazione, una delle 5 caratteristiche dell’intelligenza emotiva.

Tutto è emozione

Ogni azione che noi compiamo genera un’emozione: gioia, sorpresa, tristezza, rabbia, paura, accettazione, disgusto, secondo la classificazione che Robert Plutchik ha fatto delle emozioni primarie. Quindi non è fondamentale riconoscerle e saperle gestire? Affrontare le proprie emozioni significa diventarne consapevoli e imparare a osservarle. Pensate cosa significa in molti casi non saperle affrontare e farsi dominare da esse. Una vita in preda alle emozioni, ci può far vivere in maniera ansiogena, non ci fa vivere con serenità ed equilibrio.

Riconoscere le altrui emozioni

Per non parlare di quanto siano sane e appaganti le nostre relazioni quando sappiamo entrare in sintonia con gli altri, capirne i bisogni. Tutto si semplifica. L’empatia, altra caratteristica precipua dell’intelligenza emotiva, ci permette di instaurare rapporti improntati alla fiducia, all’armonia. Sarà che per me, vivere in un ambiente armonioso, dove c’è massima collaborazione, condivisione è fondamentale, ma saper “mettersi nei panni dell’altro “sviluppa immediatamente sentimenti di rispetto, fiducia. In tutti gli ambiti: personali, famigliari, professionali.

Un clima sereno

Siete consapevoli dei vantaggi di lavorare in un ambiente in cui regna la collaborazione, il supporto reciproco? Soprattutto in questi giorni difficili, dove la maggior parte di noi è in smart working, poter contare su colleghi disponibili, collaborativi, comprensivi, empatici cambia davvero la vita. Quando abbiamo il potere di capire cosa stiamo provando e cosa stanno provando gli altri abbiamo anche il potere di capire come comportarci. Ricerche dicono che il successo nella vita è determinato per l’80% dall’intelligenza emotiva. Non è difficile crederlo, dal momento che, quando le emozioni riescono a condizionarci positivamente, nella maggior parte dei casi la riuscita delle nostre azioni è sempre eccellente.

Sviluppare l’intelligenza emotiva

A differenza dell’intelligenza misurabile con il Quoziente Intellettivo, l’intelligenza emotiva si può sviluppare e coltivare. Le persone emotivamente intelligenti sanno conciliare ciò che la mente, la nostra voce interiore, dice con le nostre emozioni e sentimenti. Sono sicure di sé perché in grado di conoscersi e controllarsi, sanno gestire lo stress, vanno d’accordo con gli altri e nella maggior parte dei casi sono ottimiste e aperte al cambiamento. L’intelligenza emotiva è una specie di super potere, un alleato prezioso per raggiungere i propri risultati.

Il percorso per allenarla

Per poter allenare e sviluppare l’intelligenza emotiva ho predisposto un percorso.

Sono 2 le possibilità: :

  1. Un percorso one to one dove si verificherà il quoziente emotivo per poi intraprendere un cammino che aiuti a lavorare sulle eventuali aree di miglioramento.
  2. Un percorso di gruppo per lavorare sulle aree che compongono l’intelligenza emotiva: la consapevolezza, la padronanza di sé, la motivazione, l’empatia, le capacità relazionali.

Il corso di gruppo inizierà dopo Pasqua ad Aprile e sarà strutturato in 4 incontri di un’ora e mezzo l’uno con cadenza quindicinale.

Ci sarà una parte teorica, ma anche tanti esercizi pratici di Coaching per poter sviluppare consapevolezza e le abilità connesse all’intelligenza emotiva : affidabilità, adattabilità, flessibilità, creatività e autostima.

Un viaggio all’interno di se stessi per poter entrare meglio in connessione con gli altri

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Come abbandonare il controllo

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“Siamo di fronte all’inaspettato: pensavamo di controllare tutto e invece non esercitiamo nessun controllo nell’istante in cui la biologia esprime la sua rivolta” : a dirlo è il filosofo Umberto Galimberti. La pandemia ci ha resi vulnerabili da tutti i punti di vista. Non solo a livello fisiologico, ma anche nelle nostre modalità di espressione, nelle nostre abitudini e nei nostri processi mentali. Abbiamo , però, anche capito che non possiamo esercitare alcun controllo su niente e nessuno. Forse. Anzi speriamo. Perché il Covid 19 ci ha messi di fronte a tutta la nostra fragilità di essere umani, ma ci ha anche insegnato tanto. Come non avere il potere di controllo sulla nostra vita, sui nostri progetti. E’ una frustrazione immensa. Eppure, se riusciamo a cogliere degli insegnamenti anche da un virus così micidiale, significa che siamo capaci di crescere e cogliere gli aspetti positivi da qualsiasi circostanza. Anche la più odiosa.

Perchè ci piace il controllo

Essere sempre al top, non sbagliare mai. E’ questo che ci è stato insegnato. Essere sempre bravi, non commettere mai errori. Ma è davvero terribile sbagliare? Il mito del perfezionismo ci è stato insegnata in giovane età. Soprattutto se abbiamo avuto dei genitori normativi. Regole e sempre regole. “Devi fare tutti i compiti, altrimenti non puoi giocare” ” Mangia tutto altrimenti non puoi vedere la televisione”. Quanti di noi si sono sentiti ripetere queste frasi da bambini? Molti sono cresciuti identificandosi perfettamente nella teoria meccanicistica del causa-effetto. Ad ogni azione consegue una reazione. Soprattutto una punizione se il compito non viene svolto bene. Ma bene per chi? Per chi esercita il controllo, ovviamente. Il controllo viene comunque esercitato anche dal genitore affettivo, per dirla con Eric Berne, padre dell’analisi transazionale. Al desiderio di soffocare e conseguente controllare non si sottrae anche il genitore apparentemente più permissivo. Perché il più delle volte si occupa degli altri in maniera intrusiva, anche senza che ve ne è bisogno e soprattutto senza che venga richiesto. E’ un atteggiamento che soffoca ” Io so quello di cui tu hai bisogno” è il pensiero, un chiaro modo per entrare nella vita degli altri. Controllandoli.

La paura degli imprevisti

La mania di esercitare il controllo va spesso di pari passo con il timore dell’imprevisto. Controllo così mi preparo per affrontare l’ignoto. Si soppesano tutti i dettagli, non si lascia – o si cerca di farlo- nulla al caso. E’ spesso un modo per tenere a freno l ‘ansia. Mi preparo già adesso per affrontare l’imprevisto. Ma siamo sicuri che sia proprio così? Non abbiamo imparato la lezione? Chi avrebbe mai pensato che un giorno non saremmo potuti uscire di casa, avremmo lavorato in smart working, non avremmo potuto abbracciare – n’è vedere- i nostri cari? Neanche il più attento futurologo. Forse solo uno scrittore, come è stato con David Quammen con il suo romanzo “Spillover“. Ma si sa che gli artisti hanno dalla loro la fantasia, che fa loro preconizzare scenari che sembrano irrealizzabili.

L’insicurezza e la mancanza di autostima

Talvolta la causa del bisogno di esercitare un forte controllo non solo su stessi, ma anche sugli altri può essere causata da una profonda insicurezza nelle proprie capacità e una bassa dose di autostima. Ancora una volta il timore di sbagliare getta nel più totale sconforto. Ma proviamo a porci questa domanda” Cosa succede se sbagliamo?” Ovviamente non stiamo parlando dei super scienziati che hanno organizzato e supervisionato l’ammartaggio – come ho imparato che si dice- di Perseverance. Lì il controllo è sacrosanto e guai se non vi fosse. Stiamo, invece, parlando delle incombenze di tutti i giorni. Semplici attività che tutti noi compiamo quotidianamente. Cosa significa in questo caso commettere un errore? Nulla. Aggiungiamo anche che bisogna distinguere l’errante dall’errore, come qualcuno ben più autorevole di noi ha detto. Il fatto di commettere un errore, uno sbaglio non si ripercuote sull’autorevolezza della persona. Siamo umani. L’errore è dentro l’angolo. Perdoniamoci, ma soprattutto lasciamo andare “Tutto quello che non riesci a controllare, ti sta insegnando a lasciar andare” è il pensiero di Jason Kiddart. Niente di più vero.

Controllare le proprie emozioni

Sicuramente è di fondamentale importanza capire che controllare gli altri non è il modo migliore per stare meglio: cercare di dominare chi abbiamo intorno non è la soluzione. Per questo sarebbe consigliabile riuscire ad imparare a controllare noi stessi, d’altronde il problema è dentro di noi.

Inoltre, è importante capire che non possiamo controllare il nostro futuro: possiamo e dobbiamo concentrarci solo sul nostro presente, tenendo conto del fatto che non tutto può essere tenuto sotto controllo e forse questa è una delle poche certezze che abbiamo. Per questo è importante che lavoriamo su noi stessi e sul nostro mondo emotivo. E’ necessario far ricorso alla nostra intelligenza emotiva che ci insegna a conoscere, comprendere e gestire le nostre emozioni.

Il dialogo tra il chi controlla e chi no

Come possiamo uscire dalla gabbia del controllo in cui noi stessi ci siamo rinchiusi? Provate a fare questo esercizio: far dialogare tra loro il vostro Io controllante e il vostro Io che sa lasciar andare. Mettete per scritto un ipotetico dialogo. Aprite un documento word o se preferito prendete carta e penna. Impostate un timer per 5 minuti e iniziate a scrivere. Fate fare un’affermazione all’io censore a cui l’io permissivo può ribattere. E’ importante che il dialogo sia scritto perché vi aiuta a visualizzare il vostro modo di pensare e ragionare. Perché il vostro Io che esercita il controllo sia più distante da voi, dategli un nome diverso dal vostro. Vedrete che sarà un modo per allontanarlo da voi e toglierli potere. L’ultima affermazione deve essere del vostro io che sa come non esercitare il controllo. Date un nome al file e salvatelo. Riprendetelo in mano tutte le volte che sentite dentro di voi il desiderio irrefrenabile di controllare gli altri e le diverse situazioni. Cosa direbbe il vostro io, che sa che non si può esercitare il controllo se non : sulle vostre parole, sui vostri pensieri, sulle vostre emozioni, sulle vostre azioni, ecc ? Chiedeteglielo, è lui il saggio. Tutte le risposte sono già dentro di voi.

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L’Intelligenza emotiva ci migliora la vita

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Avete mai pensato a come vivremmo bene se tutti fossimo dotati di un elevato grado di intelligenza emotiva? Ci capiremmo meglio, ci rispetteremmo di più, non avremmo conflitti. Perché l’intelligenza emotiva eleva la nostra empatia, la nostra capacità di gestire le emozioni. E’ infatti il punto di congiunzione fra l’intelligenza, quella misurata in QI ( quoziente intellettivo) e le emozioni.

A trattarla per la prima volta sono stati nel 1990 i professori Peter Salovey e John D.Mayer che, in un articolo,  “Emotional Intelligence” definiscono l’intelligenza emotiva come “La capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e i ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. Poi la divulgazione del concetto è stata possibile grazie a Daniel Goleman che, con il suo libro pubblicato nel 1995, “L’intelligenza emotiva” ha permesso il diffondersi di questa nuova competenza.

Le caratteristiche fondamentali dell’IE

Io sono affascinata da sempre dall’argomento. Sarà il mio interesse per le emozioni, per la capacità di saperle esprimere, ma dell’intelligenza emotiva mi sono sempre interessata, ho studiato, approfondito. Da ultimo ho seguito anche un Corso per conseguire l’Emotional Intelligence Pratictioner Certification e il mio interesse è continuato a crescere. Vediamo di spiegare le ragioni di questa mia fiducia nel magico potere dell’intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman, le caratteristiche fondamentali sono 5:

  1. Consapevolezza
  2. Autocontrollo o padronanza di sé
  3. Motivazione
  4. Empatia
  5. Abilita sociale

La consapevolezza

E’ la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, gli impulsi. E’ la chiave di tutto : capire chi siamo , cosa desideriamo, i nostri bisogni, qual è il nostro scopo, purpose, come dicono gli anglosassoni. Per poter giungere alla consapevolezza occorre fare un’autovalutazione per poterci conoscere meglio e capire le nostre priorità. La consapevolezza ci porta ad essere presenti e indirizzare le nostre azioni verso quello che desideriamo realizzare. In questo modo non veniamo sopraffatti dalle emozioni, al contrario siamo in grado di riconoscerle e attivarle a seconda della necessità. Per un’analisi della nostra consapevolezza sugli stati emotivi, può essere utile rispondere al questionario, che trovate qui sotto , che avevo anche proposto nell’articolo sulle gestione delle emozioni. Un altro esercizio utili per accrescere la consapevolezza è fare una lista delle emozioni e degli stati d’animo che proviamo durante la giornata. E’ utile per capire quali sono le emozioni positive e quelle negative. Proviamo a fare questo esercizio per una settimana, a fine giornata, prima di andare a letto. E’ una sorta di termometro emotivo, che ci rivelerà molto di noi.

Autocontrollo o padronanza di sé

Significa saper reindirizzare le emozioni prima di passare all’azione. Proviamo, ad esempio, questo esercizio. Pensiamo di avere a disposizione un pulsante, un pulsante rosso, come spesso si vedono nei telequiz. Tutte le volte che ci sentiamo sopraffatti da un’emozione, pensiamo mentalmente di schiacciarlo e metterlo in pausa. Come ci sentiamo? E’ importante visualizzarlo, perché la nostra mente percepisce un impulso che le comunica di cambiare atteggiamento. E’ uno stop che arriva e ci distoglie dall’emozione che stiamo provando. Per acquisire maggiore padronanza di sé, studi scientifici hanno individuati che esistono dei cosiddetti “cancelli mentali”. Il cervello infatti elabora un sistema di cancelli : quando se si sta provando un’emozione, viene chiuso. Abbiamo quindi la possibilità di disinnescare l’emozione negativa, aprendo la porta ad una positiva. Un altro strumento per controllare la propria emozione è anche quello di innescare un’azione fisica: respirare profondamente ad esempio, o camminare, fare una passeggiata. Quante volte ci è capitato di sentirci stressati, arrabbiati e uscire di casa per fare un giro? Come è stato il nostro stato d’animo al rientro? Non abbiamo provato un immediato beneficio? Utilizziamo questo semplice atto. Semplice, ma molto efficace.

Motivazione

E’ la comprensione di quello che ci spinge all’azione. E’ il motore che ci induce a metterci in gioco e fare sempre meglio. E’ anche la spinta all’autorealizzazione, l’impulso a migliorarsi. In ambito professionale le persone con questa competenza sono persone orientate al risultato, con uno slancio a raggiungere i propri obiettivi, provano a migliorare sempre le proprie prestazioni. Goleman parla di neurologia della motivazione, e attribuisce all’amigdala, ( una particolare regione pari del cervello, sede di svariati nuclei nervosi, che appartiene al lobo temporale e prende parte al cosiddetto sistema limbico). il potere di guidarci verso ciò che per noi conta di più .L’amigdala è la componente di una “porta neuronale” attraverso tutto ciò che ci interessa, tutto ciò che serve a motivarci, entra e viene pesato in base al suo valore come incentivo.

L’empatia

L’empatia è l’abilita che ci consente di entrare in contatto con gli altri, che ce li fa comprendere. E’ la capacità di sentirsi connessi, non ragionare in termini egoistici , ma in termini collettivi. E’ il passaggio dall’io al noi. E’ l’abilità che ci farebbe vivere in un mondo in cui il bene individuale passa anche attraverso il bene di coloro che ci circondano. Non è il mondo dell’utopia, ma il mondo della realtà nella quale c’è spazio per tutti e tutti, insieme, possiamo sostenerci per vivere in maniera armoniosa. Le persone dotate di empatia sanno ben integrarsi, sul luogo di lavoro creano un ambiente di collaborazione e di fiducia. Daniel Goleman nel suo best seller Intelligenza Emotiva sostiene che l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti alle emozioni tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. Un mondo di emozioni. Positive, ovviamente.

L’abilità sociale

L’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri ha come risultato la possibilità di sapere instaurare buone relazioni. E’ l’altra fondamentale abilità propria dell’intelligenza emotiva. Cogliere le emozioni altrui è il punto di partenza per questa intelligenza sociale. E’ la capacità di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone, potenziando quelle positive e cercando di disinnescare quelle negative. Essere dotati di un elevato quoziente emotivo significa sapersi rapportare con gentilezza e altruismo. E qui torna la domanda inziale: che mondo sarebbe se fossimo tutti dotati di intelligenza emotiva? Un mondo di reciproca comprensione e cooperazione. Impegnamoci quindi a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Dipende solo da noi.

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