Ti dico grazie

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La mia parola magica per il nuovo anno è : grazie. Un piccolo sostantivo, ma molto potente e dal potere salvifico. La chiave nascosta per trasformare mente, emozioni e risultati.

Nel mondo del coaching, si parla spesso di obiettivi, performance, mindset e resilienza. Ma c’è una competenza interiore che, pur essendo semplice, silenziosa e spesso sottovalutata, rappresenta uno dei più potenti acceleratori di trasformazione: la gratitudine.

Non è solo un’emozione gentile né un’abitudine “motivazionale”. La gratitudine è uno strumento psicologico concreto, un’ancora identitaria, un metodo di ristrutturazione cognitiva e, soprattutto, una via per ritrovare centratura, chiarezza e benessere. Per molti, saper dire grazie si rivela addirittura salvifico, perché cambia la qualità del nostro dialogo interno e il modo in cui affrontiamo la complessità della vita.

Esploriamo in profondità cosa rende la gratitudine così potente, come usarla nella pratica quotidiana e come può diventare una risorsa strategica nei percorsi di coaching.

La gratitudine come competenza trasformativa

Nel coaching moderno, la gratitudine viene considerata una skill mentale, un’abilità che si può allenare. Quando la pratichiamo, attiviamo processi cognitivi che modificano:

  • la percezione degli eventi,
  • l’interpretazione delle difficoltà,
  • il livello di apertura verso opportunità e connessioni,
  • la qualità dei nostri stati emotivi.

Saper dire grazie non significa ignorare problemi o adottare un pensiero fittiziamente positivo: significa allargare il campo visivo. Dove prima vedevamo solo mancanza, iniziamo a vedere risorse. Dove c’era caos, individuiamo punti fermi. Dove percepivamo fallimento, riconosciamo apprendimento. La gratitudine è, a tutti gli effetti, una forma di leadership interna.

Perché la gratitudine è davvero “salvifica”

Molte persone la sperimentano nei momenti bui della vita: una malattia, un burnout, un crollo emotivo, una perdita. E spesso scoprono che proprio lì, dove il dolore sembra oscurare tutto, l’atto di riconoscere anche una sola cosa per cui essere grati produce un varco, un respiro, uno spiraglio.

Il suo potere salvifico si manifesta in diversi modi:

● Cambia la chimica del cervello

La gratitudine aumenta la produzione di dopamina e serotonina, migliorando l’umore e attivando circuiti di benessere e motivazione.

● Riduce stress e iperattivazione

Abbassa il livello di cortisolo, mitigando ansia, irrequietezza, sensazione di “allarme costante”.

● Rinforza la resilienza

Ci abitua a cercare punti di stabilità anche nelle tempeste, rendendo meno destabilizzanti gli eventi imprevisti.

Aumenta lucidità e capacità decisionale

Uno stato emotivo più calmo porta a scelte più consapevoli, non reattive.

● Migliora relazioni e comunicazione

Le persone grate sono percepite come più affidabili, collaborative e autentiche: questo moltiplica opportunità di sostegno e crescita

Dalla mancanza alla presenza: una rivoluzione interiore

Nel coaching parliamo spesso di “mentalità di scarsità” e “mentalità di abbondanza”. La gratitudine è la pratica concreta che permette il passaggio dall’una all’altra.

La mentalità di scarsità si focalizza su ciò che manca, genera pressione, confronto costante, paura di non essere mai abbastanza. La mentalità di abbondanza, invece, nasce dal riconoscimento delle risorse, dei talenti, dei progressi e delle possibilità.

La gratitudine è ciò che permette di:

  • rallentare il pilota automatico del giudizio,
  • uscire dal loop del perfezionismo,
  • radicarsi nel momento presente,
  • sviluppare un senso di pienezza che non dipende dalle circostanze esterne.

Non smette di farci desiderare o progettare, ma ci impedisce di sacrificare il benessere sull’altare dell’ennesimo traguardo.

Gratitudine e performance: un connubio che sorprende

A differenza di ciò che molti credono, dire grazie non rende “molli”, né passivi, né meno ambiziosi. Al contrario: potenzia la performance.

Ecco perché:

  • uno stato mentale positivo migliora la concentrazione e l’energia;
  • il riconoscimento dei progressi aumenta la motivazione intrinseca;
  • relazioni più forti creano collaborazione e sostegno reciproco;
  • la calma mentale riduce gli errori dovuti a impulsività o stress.

I migliori leader, imprenditori, atleti e creativi hanno pratiche di gratitudine solide: conoscono il valore di uno stato interiore equilibrato.

Il ruolo della gratitudine nei percorsi di coaching

Come coach, integriamo la gratitudine in diverse fasi del percorso:

● Consapevolezza

Aiuta il Coachee a riconoscere ciò che funziona, non solo ciò che manca.

● Ristrutturazione delle convinzioni

La gratitudine permette di scardinare credenze basate sulla paura, sostituendole con interpretazioni più funzionali.

● Regolazione emotiva

Stabilizza gli stati emotivi e aiuta a costruire un “terreno interno” fertile per la crescita.

● Consolidamento dei progressi

Saper dire grazie per i passi fatti rafforza la motivazione e favorisce l’azione costante.

Pratiche di gratitudine semplici, ma potenti

Ecco alcune tecniche che funzionano molto bene nella vita quotidiana e nel coaching:

1. Diario della gratitudine (3 minuti al giorno)

Scrivere ogni sera tre cose positive della giornata. Anche minuscole. La potenza sta nella continuità, non nella grandezza.

2. Passeggiata per dire grazie

Una passeggiata di 10–15 minuti dedicata a osservare attivamente ciò per cui essere grati. Una delle pratiche più immediate per ridurre lo stress.

3. Lettera di gratitudine non consegnata

Scrivere una lettera a qualcuno per ringraziarlo, anche senza consegnarla. Aiuta a sciogliere blocchi emotivi e rafforzare relazioni interne.

4. Check-in di gratitudine nella coppia o nella famiglia

Condividere ogni giorno qualcosa per cui si è grati: crea coesione e intimità.

5. Visualizzazione mattutina

Immaginare per alcuni secondi tre aspetti della vita che meritano riconoscenza. È un reset mentale che influenza tutta la giornata.

La gratitudine come stile di vita

Quando la gratitudine diventa un’abitudine, il cambiamento è profondo. Si sviluppa una forma diversa di presenza: più radicata, più attenta, più libera.

Iniziamo a percepire la vita non come un insieme di problemi da risolvere, ma come un terreno fertile da cui imparare, evolvere, contribuire. Dire grazie non elimina le difficoltà, ma ci rende più forti nell’affrontarle. Non cambia gli eventi, ma cambia noi. E quando cambiamo noi, cambia tutto il campo di possibilità attorno.

Conclusione

La gratitudine è un ponte: collega il punto in cui sei al punto in cui desideri essere. È un alleato silenzioso ma potentissimo, capace di trasformare identità, relazioni e risultati.

Se vuoi introdurla nel tuo percorso personale o professionale, inizia con un solo gesto quotidiano. La coerenza farà il resto.

E ricordati: non c’è crescita senza consapevolezza, e non c’è consapevolezza senza gratitudine.

Se siete arrivati fino a qui, io vi dico … grazie!

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Una comunicazione gentile per migliorare le nostre relazioni

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Le parole sono pietre. Quante volte lo abbiamo sentito? Sembra, infatti, che una comunicazione gentile, rispettosa sia diventata una rarità. Eppure la scelta delle parole da utilizzare, la modalità con la quale ci approcciamo agli altri sono la base per instaurare relazioni rispettose in un clima armonioso.

La comunicazione gentile, un potere sottovalutato

Nel contesto nel quale stiamo vivendo, fatto spesso da haters, leoni da tastiera, di aggressività verbale gratuita in cui le parole vengono spesso usate in modo aggressivo, la comunicazione gentile rappresenta un atto rivoluzionario. Parlare con cortesia, ascoltare con attenzione e rispondere con empatia non sono solo segni di buona educazione, ma strumenti potenti per costruire relazioni sane, ambienti di lavoro sereni, produttivi e una società più rispettosa. Una necessità sempre più impellente. Anche di fronte alle situazioni geopolitiche sempre più complesse e aggressive che ci circondano in questi giorni. L’approccio gentile e comprensivo sta diventando una rarità.

Che cos’è la comunicazione gentile?

La comunicazione gentile è un modo di esprimersi che mette al centro il rispetto reciproco. Non si tratta di essere falsamente positivi o di evitare conflitti, ma di scegliere parole e toni che non feriscano, anche quando si esprimono critiche o disaccordi. È la capacità di dire la verità senza aggredire, di affermare le proprie idee senza sminuire quelle altrui. E’ un approccio assertivo.

Perché è importante

C’è necessità di una comunicazione non violenta o empatica – come la definisce Marshall B.Rosenberg nel suo libro “Le parole sono finestre – oppure muri” . Una comunicazione di qualità con se stessi e con gli altri è oggi una delle competenze più preziose : è il pensiero, che condividiamo in pieno, di Marshall. L’obiettivo è favorire relazioni autentiche e rispettose attraverso un linguaggio che esprima empatia, ascolto e verità senza violenza (verbale o emotiva). Ma come poter favorire l’uso di un linguaggio rispettoso, gentile? Qualche riflessione può aiutarci.

I principi della comunicazione gentile

  1. Sviluppare l’ascolto attivo: prestare attenzione all’altro senza interrompere, cercando di comprendere prima di rispondere.
  2. Praticare empatia: mettersi nei panni dell’altro per cogliere emozioni e punti di vista diversi dai propri.
  3. Utilizzare un tono pacato: usare un linguaggio sia verbale che scritto non violento, anche quando si è contrariati.
  4. Essere chiari e onesti esprimersi in modo chiaro, diretto, ma rispettoso.
  5. Praticare gratitudine e apprezzamento: riconoscere i meriti altrui e ringraziare con sincerità.

Comunicare con gentilezza non è debolezza

Al contrario, richiede forza interiore, autocontrollo e intelligenza emotiva. È una forma di leadership silenziosa che non impone, ma ispira. Gentile non significa remissivo: si può essere fermi e assertivi senza mai essere offensivi. Un approccio e una modalità che non ci richiede tanta fatica, ma i risultati sono preziosi e potenti per noi, per le nostre relazioni, per la società intera. Le parole non sono solo pietre, sono anche ponti. Ora preziosi più che mai.

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Dovremo rivolgerci all’intelligenza artificiale per farci ascoltare?

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In questo periodico storico, in cui stiamo davvero assistendo ad un sovvertimento dell’ordine mondiale, oggi ho partecipato ad un webinar sull’intelligenza artificiale in cui ho sentito una notizia che fa paura e anche riflettere. E’ stato infatti detto che i ragazzi stanno sempre più interfacciandosi con l’intelligenza artificiale per parlare dei loro problemi. I ragazzi sostengono di essere più ascoltati dalla IA che dagli adulti. E’ mai possibile che per farsi ascoltare bisogna rivolersi ad una macchina? Non siamo davvero più abituati ad ascoltare?

Ascolto quindi sono

E’ possibile che una tra le qualità più umane che conosciamo stia scomparendo? Lo sapevamo ormai da tempo che in questa enfasi dell’egocentrismo, della prepotenza, del bullismo siamo solo noi che vogliamo raccontarci, esibirci in tutta la nostra magnificenza…stiamo per perdere la nostra umanità? Restiamo umani recitava uno spot di qualche anno fa…Non perdiamo questa nostra risorsa preziosa, non lasciamo che venga meno questo valore, indice di intelligenza emotiva…non di intelligenza artificiale. Fermiamoci un po’ per riflettere su questo bene prezioso che è appunto l’ascolto.

L’arte dell’ascolto

L’ascolto è una delle abilità più importanti che possiamo sviluppare nelle nostre interazioni quotidiane. Spesso, quando pensiamo alla comunicazione, ci concentriamo principalmente sul parlare e sull’esprimere le nostre idee. Tuttavia, l’ascolto attivo è altrettanto cruciale, se non di più. Proviamo a riflettere sull’importanza dell’ascolto, i suoi benefici e alcuni suggerimenti pratici per migliorare questa abitualità. Perché è importante ascoltare?

1. Costruisce le relazioni: l’ascolto attivo aiuta a costruire relazioni più forti e significative. Quando dimostriamo di essere veramente interessati a ciò che gli altri dicono, creiamo un ambiente di fiducia e rispetto reciproco.

2. Comprensione profonda: ascoltare attentamente ci permette di comprendere meglio le prospettive e le emozioni degli altri. Questo è particolarmente importante in situazioni di conflitto, dove la comprensione reciproca può portare a soluzioni più efficaci.

3. Apprendimento e crescita: ogni conversazione è un’opportunità per imparare qualcosa di nuovo. Ascoltando gli altri, possiamo acquisire nuove informazioni, idee e punti di vista che arricchiscono la nostra conoscenza e il nostro modo di pensare. Solo noi siamo i depositari della verità? Apriamo le nostre menti a chi ha posizioni diverse dalle nostre.

I benefici dell’ascolto attivo

– Migliora la comunicazione: l’ascolto attivo porta a una comunicazione più chiara e efficace. Quando ascoltiamo attentamente, possiamo rispondere in modo più pertinente e appropriato.

– Riduce i malintesi: molti conflitti nascono da incomprensioni. Ascoltare attentamente può aiutare a chiarire le intenzioni e le emozioni, riducendo il rischio di fraintendimenti.

– Supporta emotivamente: essere ascoltati può avere un impatto profondo sul benessere emotivo di una persona. Mostrare empatia e comprensione attraverso l’ascolto può fare la differenza nella vita di qualcuno.


Come migliorare le nostre abilità di ascolto

  1. Focalizzarsi sull’Interlocutore: mettiamo da parte le distrazioni e concentriamoci completamente sulla persona che sta parlando. Utilizziamo il linguaggio del corpo mantenendo il contatto visivo e mostrando interesse anche attraverso cenni del capo per sottolineare che siamo .interessati a chi ci sta parlando.

    2. Evitare di interrompere: lasciamo che l’altra persona esprima completamente il proprio pensiero prima di rispondere. Interrompere può far sentire l’interlocutore non rispettato. A volte siamo più concentrati su quello che dovremo rispondere e perdiamo così di vista quello che ci stanno dicendo.

    3. Riflettere e riassumere: dopo che qualcuno ha parlato, proviamo a riassumere ciò che abbiamo sentito. E’ un’ottima tecnica: non dimostra solo che stiamo ascoltando, ma aiuta anche a chiarire eventuali punti confusi.

    4. Porre domande aperte: incoraggiamo l’interlocutore a condividere di più ponendo domande aperte. Questo stimola una conversazione più profonda e significativa.

Conclusione

L’ascolto è un’abilità fondamentale che può trasformare le nostre relazioni e migliorare la nostra comunicazione. Investire tempo ed energia per diventare ascoltatori migliori non solo arricchisce le nostre vite, ma anche quelle degli altri. Ricordiamoci che ogni volta che ascoltiamo con attenzione, stiamo costruendo ponti verso una maggiore comprensione e connessione umana. In un mondo che spesso sembra frenetico e distratto, l’arte dell’ascolto può essere un bene prezioso, il dono più grande che possiamo dare agli altri. Per non essere soppiantati da un’intelligenza artificiale. E’ l’umanità intera che ne beneficia. E ce n”è proprio bisogno…

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La gratitudine è una risorsa preziosa

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Esistono piccoli gesti e a volte anche solo una parola per rendere speciale la giornata: grazie. la semplice parola racchiude un potente sentimento: la gratitudine. Le persone grate sono persone delle quali è piacevole circondarsi, sono generose, sanno dimostrare di essere attente e vicine. Amo profondamente le persone grate. Significa che sanno dare valore a chi ci circonda. La gratitudine porta con sè numerosi altri valori e qualità: la gentilezza, l’empatia. Dimostra una spiccata dose di intelligenza emotiva.

L’importanza della gratitudine

La gratitudine è un sentimento profondo e positivo che nasce dal riconoscimento dei benefici ricevuti, delle cose belle che ci accadono e delle persone che contribuiscono al nostro benessere. È una qualità che ci permette di vivere in armonia con gli altri e con il mondo che ci circonda. E’ una risposta emotiva che si attiva quando riconosciamo di essere stati destinatari di un favore o di un gesto di benevolenza. Può riguardare tanto le piccole cose quotidiane, come un sorriso ricevuto, quanto eventi straordinari che cambiano la nostra vita. Si manifesta con il desiderio di esprimere riconoscenza o anche semplicemente di apprezzare ciò che abbiamo.

I benefici

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che la gratitudine ha effetti positivi sul nostro benessere psicologico e fisico. Tra i benefici più significativi ci sono:

  1. Miglioramento del benessere psicologico: Chi pratica la gratitudine tende ad avere una visione più positiva della vita, riducendo emozioni come la tristezza e la frustrazione. Le persone grate si sentono più soddisfatte della propria vita e sono generalmente più serene
  2. Riduzione dello stress e dell’ansia: Essere grati aiuta a ridurre il pensiero negativo, a rilassarsi e a gestire meglio le difficoltà. Concentrarsi su ciò che c’è di positivo aiuta a fare fronte alle difficoltà con maggiore serenità.
  3. Miglioramento delle relazioni: La gratitudine è alla base di relazioni forti e autentiche. Esprimere riconoscenza verso gli altri, favorisce la creazione di legami più profondi, facendo sentire le persone apprezzate e valorizzate.
  4. Miglioramento della salute fisica: Le persone grate tendono ad avere uno stile di vita più sano, con meno problemi di salute. Si prendono più cura di sé stessi, dormono meglio e sono più energici.

Come coltivare la gratitudine

La gratitudine è una qualità che possiamo allenare e sviluppare nel tempo. Ci sono delle azioni e attività che si possono adottare anche nella vita di tutti i giorni.

  1. Tenere un diario della gratitudine: Ogni giorno, la sera prima di addormentarsi, scrivere tre cose per cui siamo grati aiuta a concentrarsi sugli aspetti positivi della vita, migliorando il nostro stato d’animo.
  2. Esprimere riconoscenza: Un semplice “grazie” può fare molto. Non dobbiamo mai dare per scontato il sostegno o le buone azioni degli altri. Mostrare gratitudine è un modo per rinforzare i legami con chi ci sta vicino.
  3. Praticare la meditazione della gratitudine: Dedicare qualche minuto ogni giorno a riflettere su ciò che ci rende felici e appagati è un modo efficace per coltivare la gratitudine. Pensare alle cose belle che ci sono accadute durante la giornata ci aiuta a motivarci e perseguire nel nostro cammino.
  4. Essere generosi con gli altri: Un altro modo di esprimere la gratitudine è fare atti di gentilezza verso gli altri. Aiutare qualcuno, fare un favore o semplicemente ascoltare può essere un modo per restituire ciò che riceviamo.

Uno strumento di crescita

La gratitudine non solo migliora la nostra vita quotidiana, ma ci aiuta anche a superare le difficoltà con un atteggiamento più positivo. Quando riconosciamo le opportunità che la vita ci offre, affrontiamo le sfide come momenti di crescita e non come ostacoli. La gratitudine sviluppa resilienza e ci permette di rimanere sereni anche nei momenti difficili.

Conclusioni

La gratitudine è una pratica che può davvero cambiare il nostro modo di vivere. Non si tratta solo di esprimere un “grazie”, ma di adottare una mentalità che ci fa apprezzare ogni piccolo dono che la vita ci offre. Quando pratichiamo la gratitudine, non solo miglioriamo la nostra salute mentale e fisica, ma anche le nostre relazioni e il nostro rapporto con il mondo che ci circonda. Siamo grati di…essere grati. La gratitudine è una risorsa preziosa.

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Ikigai, la nostra stella cometa

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C’è un concetto che rappresenta la nostra bussola, la nostra “ragion d”essere”, il nostro scopo nella vita: l‘Ikigai. A definire il significato è questa magica parola giapponese, Ikigai, appunto, che è una combinazione di due termini: “iki”, che significa “vita”, e “gai”, che si può tradurre come “valore” o “scopo”. Ikigai, quindi, rappresenta la combinazione di passione, missione, vocazione e professione, ed è spesso vista come una sorta di “stella cometa” che guida le persone verso una vita piena.

Il senso della vita

Questa filosofia radicata nella cultura giapponese è il concetto che si nasconde dietro la ricerca di un’esistenza che sia soddisfacente, equilibrata e ricca di significato. E’ ciò che ci motiva a svegliarci la mattina con entusiasmo. Scoprire la propria ragion d’essere è fondamentale per poter affrontare la quotidianità con spirito costruttivo, con il sorriso, con la forza di non lasciarsi abbattere dalle avversità. E’ la consapevolezza che ad ogni caduta c’è la possibilità di rialzarsi e affrontare nuove sfide. Significa anche saper contare sulle proprie forze, sulle proprie risorse non cercando all’esterno la forza, l’appiglio. E’ un po’ come bastare a se stessi nel modo più positivo: io sono perché valgo.

Le 4 Componenti dell’Ikigai

L’Ikigai è tradizionalmente rappresentato come la convergenza di quattro elementi chiave:

  1. Ciò che amiamo fare (la nostra passione)
  2. Ciò in cui siamo bravi (la nostra vocazione)
  3. Ciò di cui il mondo ha bisogno (la nostra missione)
  4. Ciò per cui possiamo essere remunerati (la professione)

Questi quattro elementi non sono separati, ma si intersecano in modo armonioso. L’Ikigai emerge nel punto in cui tutte queste aree si sovrappongono, creando un equilibrio che permette alle persone di vivere in modo soddisfacente e di contribuire alla società in modo significativo.

Come Trovare il nostro Ikigai

Trovare il proprio Ikigai richiede un processo di riflessione profonda. È un percorso che invita a esplorare se stessi, le proprie passioni e talenti, ma anche a considerare come questi possano servire gli altri e contribuire al benessere collettivo. E’ un work in progress che ci accompagna nella nostra crescita personale. Ecco una sintesi dei passaggi per aiutare a trovare il nostro Ikigai:

  1. Riflettere sulle proprie passioni: Cosa ci rende felici? Che attività ci appassionano tanto da far passare il tempo senza accorgersene?
  2. Identificare i propri punti di forza: In cosa veramente siamo bravi? Quali sono le nostre competenze naturali o acquisite?
  3. Esplorare i bisogni del mondo: Quali sono le sfide o le esigenze che sentiamo di voler affrontare nella tua comunità o nel mondo in generale?
  4. Valutare le opportunità professionali: Come possiamo unire le nostre passioni e competenze con un’opportunità lavorativa che ci consenta di sostenerci economicamente?

Il ruolo dell’Ikigai nella longevità

Un aspetto affascinante dell’Ikigai che si trova spesso legato alla longevità. In Giappone, specie nell’isola di Okinawa molte persone vivono a lungo e in buona salute. Gli studi suggeriscono che l’Ikigai potrebbe essere un fattore determinante in questa lunga vita. La sensazione di avere uno scopo, sentirsi utili, impegnati in qualcosa che ha valore non solo per se stessi, ma anche per gli altri , può contribuire a ridurre lo stress migliorare la salute mentale e favorire un benessere generale.

Conclusione

L’Ikigai è un concetto profondo che ci invita a vivere con consapevolezza, cercando di integrare passione, talento, valore per la comunità e sostentamento. In un mondo che spesso ci spinge verso obiettivi esterni, l’Ikigai ci ricorda l’importanza di seguire un cammino che sia in armonia con chi siamo e con ciò che ci rende veramente felici. Ogni passo verso il nostro Ikigai è un passo verso una vita più piena e soddisfacente, capace di portarci soddisfazione non solo nel presente, ma anche nel futuro.

Trovare il proprio Ikigai dà valore a noi stessi, ma anche a chi ci circonda. Non sono solo io, ma siamo noi.

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Come gestire la rabbia

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Assistiamo quotidianamente a episodi caratterizzati da eccessi di rabbia. Sui giornali, in TV, sui social soprattutto, che si sono rivelati massimi detonatori di situazioni di frustrazione e aggressività. La rabbia insomma sta diventando una delle emozioni negative più diffuse e – temo- in costante aumento. Senza voler affrontare dal punto di vista sociologico le cause che la scatenano, è interessante per noi persone dotate di intelligenza emotiva capire come poterla gestire.

Riconoscere la rabbia

L’intelligenza emotiva, l’abbiamo scritto più volte, è la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni. Non ci sono emozioni positive ed emozioni negative. L’importante è prenderne consapevolezza e non farsi gestire in maniera incontrollata. Ogni situazione, se ben gestita, può produrre risvolti positivi. Ma torniamo alla rabbia. Quali sono gli effetti scatenanti di questo stato alterato della nostra emotività? Proviamo rabbia quando pensiamo che un nostro principio, un nostro valore sia stato violato da qualcun altro. Se fossimo, invece, noi a violare i nostri principi, i nostri valori quello che proveremmo sarebbe il senso di colpa. E’ importante riconoscere la rabbia: quando non viene ascoltata a livello consapevole, si può ripercuotere a livello fisico e provocare disturbi legati a questa emozione: mal di stomaco, difficoltà di digestione. Quante volte abbiamo provato questa sensazione? Una pubblicità on air in questi giorni descrive lo stato d’animo legato alla rabbia per una mancata promozione aziendale. E’ stato disatteso il valore del protagonista che pensava di meritarsi uno scatto di carriera. Un principio per lui violato. Qual è prodotto pubblicizzato? Un farmaco che cura i bruciori allo stomaco…la rabbia brucia, appunto.

La rabbia : i passi per affrontarla

La rabbia ci segnala quindi che il nostro senso di giustizia è stato violato. Che fare per rispondere alla nostra vocina interiore ancora inconsapevole che ci segnala il nostro stato di alterazione? La prima cosa da fare è semplicissima : respirare. Non si dice sempre di contare fino a 10 prima di rispondere quando siamo alterati? Contiamo e facciamo lunghi respiri. E’ un primo passo per …sbollire. Magari è sufficiente questa semplice, ma potentissima azione. Il secondo passo è scaricare fisicamente il nostro malessere. Magari semplicemente facendo dei saltelli sul posto per un minuto. L’attività fisica, soprattutto aerobica è un potente antidoto contro gli stati d’animo alterati. Quindi , respiriamo per 30 secondi e poniamoci questa domanda: “Come voglio pormi di fronte a questa situazione? Che conseguenze potrà avere?

La powerfull question

Un’altra domanda da porci è la seguente: ” Quale mio principio è stato violato ?” E ‘una domanda potente, perché ci aiuta a capire che la soluzione può dipendere da noi. Del resto non abbiamo ripetuto più volte che tutto parte e dipende da noi? Siamo gli artefici del nostro destino. Quale miglior modo per mettere in pratica questo nostro mantra? Con questa consapevolezza, prendiamo coscienza del fatto di quello che possiamo fare noi in prima persona e in questo modo la rabbia si trasforma in determinazione

Verbalizzare la rabbia

E’ importante esprimere la rabbia, che non va repressa. L’importante è verbalizzarla. Non ovviamente nei confronti di coloro che riteniamo essere la fonte della nostra emozione. Un altro utile rimedio è scrivere. Componiamo una lettera in cui esprimiamo tutta la nostra frustrazione. E’ un’azione quasi catartica: c’è un flusso che, partendo dalla nostra mente passa alla nostra mano, quindi alla penna e infine sul foglio. La rabbia allora è lì. Quasi tangibile. E’ come se la vedessimo, ma è diventata altro da noi. E’ diventata un’estranea. Si è materializzata e quindi possiamo allontanarla. Ovviamente fondamentale che la lettera venga distrutta, magari bruciata – un altro rito- in modo che nessuno possa mai leggerla. Né tanto meno il soggetto da cui è scaturita. La funzione della scrittura della lettera è solo per noi, per allontanare da noi l’emozione.

L’elaborazione

L’obiettivo di queste azioni, dall’apparenza semplici e forse banali è quello di trasferire l’attenzione dalla parte sinistra a quella destra del nostro cervello. E’ un modo per poter elaborare da un livello emozionale, ad uno razionale, logico. In sintesi prendere consapevolezza della nostra emozione e quindi sviluppare la nostra intelligenza emotiva .Essere dotati di un buon livello di intelligenza emotiva ci aiuta insomma a vivere più sereni ed equilibrati. Il mondo delle persone intelligenti emotivamente è sicuramente molto più sereno e meno conflittuali. Non vivremmo tutti più in pace e armonia? E pensare che ancora una volta tutto dipende sempre da noi…

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Perché c’è bisogno di gentilezza

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In questa epoca di conflitti, risse, scontri verbali e non solo, la gentilezza è un’attitudine e una qualità sempre più preziosa. La gentilezza ci aiuta non solo perché è una dimostrazione di buona educazione, rispetto nei confronti di se stessi e degli altri, ma contribuisce a creare un ambiente positivo e armonioso. La gentilezza può dimostrarsi addirittura come un super potere, un antidoto contro l’aggressività e la maleducazione. Avete mai provato a rispondere in maniera gentile, pacata a qualcuno che ci aggredisce o inveisce contro di noi? Il maleducato, l’aggressivo si paralizza. Rimane senza parole perché viene spiazzato dal fatto che gli si risponde con un altro codice verbale. Di fronte ad un atteggiamento gentile si prova un senso di tranquillità.

Circondarsi di persone gentili

Le persone gentili sono persone che spiazzano proprio perché sanno rispondere in maniera controllata, pacata. Ho sempre pensato che sentirmi dire “sei una persona gentile” fosse il complimento più bello che potessi ricevere. Mi piace la gentilezza e anche circondarmi di persone gentili. Penso che piaccia a tutti, ovviamente. Frequentare persone gentili ci mette in una condizione di armonia, serenità e pace. Ho anche sempre pensato che la gentilezza sia una qualità che contribuisce a creare un mondo migliore. Anche un piccolo gesto gentile può avere un grande impatto sulla vita degli altri. Per dirla con Mark Twain ” la gentilezza è ciò che i ciechi possono vedere e i sordi possono sentire”. Un valore universale insomma.

Le caratteristiche

È un gesto di attenzione e che contribuisce a creare un ambiente ricco di armonia. Ecco alcune caratteristiche che la gentilezza può favorire.

  1. Empatia: Essere gentili significa mettersi nei panni degli altri e cercare di comprendere i loro sentimenti e le loro esperienze. L’empatia ci aiuta a rispondere con sensibilità alle necessità degli altri e metterci in ascolto.
  2. Atti di cortesia: La gentilezza si esprime attraverso piccoli gesti quotidiani come ringraziare e dire “per favore” aprire una porta per qualcuno o lasciare il posto su un autobus. Questi atti di cortesia mostrano rispetto e considerazione per gli altri.
  3. Aiuto disinteressato: Essere gentili significa offrire aiuto in maniera disinteressata. Può essere un gesto semplice come aiutare qualcuno a portare dei pesi o offrire supporto emotivo a un amico in difficoltà.
  4. Comunicazione positiva: La gentilezza si riflette anche nel modo in cui comunichiamo con gli altri. Non utilizzare parole offensive o giudicanti, ma usare un linguaggio gentile e costruttivo contribuisce a creare relazioni più armoniose.
  5. Rispetto per le differenze: Essere gentili significa rispettare le diverse opinioni, culture, religioni e stili di vita degli altri. Accettare le differenze e trattare gli altri con rispetto è un segno di gentilezza. Significa essere inclusivi.
  6. Generosità: La gentilezza può anche manifestarsi attraverso atteggiamenti generosi. Donare il proprio tempo, risorse o competenze per aiutare gli altri è un atto di gentilezza che può fare la differenza nella vita di qualcuno.

Il ciclo positivo della gentilezza

La gentilezza non solo fa bene agli altri, ma ha anche numerosi benefici per chi la pratica. Ecco alcuni di questi vantaggi:

  1. Migliora il benessere emotivo: Essere gentili può aumentare il nostro senso di serenità e soddisfazione. Quando facciamo qualcosa di gentile per gli altri, spesso ci sentiamo meglio con noi stessi e sperimentiamo una sorta di “effetto positivo”.
  2. Riduce lo stress: Gli atti di gentilezza possono ridurre i livelli di stress. Aiutare gli altri o fare un gesto gentile può distogliere la mente dai nostri problemi personali e concentrarci su qualcosa di positivo.
  3. Stabilisce relazioni più forti: La gentilezza crea connessioni significative con gli altri. Quando siamo gentili, gli altri tendono a rispondere positivamente e a voler stabilire un legame con noi. Questo può portare a relazioni più forti e durature.
  4. Aumenta l’autostima: Fare del bene agli altri ci fa sentire valorizzati e apprezzati. Questo può contribuire a migliorare la nostra autostima e la percezione di noi stessi.
  5. Promuove la gratitudine: Quando siamo gentili, spesso riceviamo gratitudine e riconoscimento dagli altri. Questo ci aiuta a sviluppare un atteggiamento di gratitudine e apprezzamento per ciò che abbiamo.
  6. Effetto a catena: La gentilezza può avere un effetto a catena. Quando facciamo qualcosa di gentile per qualcuno, spesso ispiriamo quella persona a fare lo stesso per gli altri. Questo crea un ciclo positivo di gentilezza che si diffonde.
  7. Migliora la salute fisica: Alcune ricerche hanno evidenziato che la gentilezza può avere benefici per la salute fisica. Ad esempio, può ridurre la pressione sanguigna e migliorare il sistema immunitario.

A questo punto, visto i grandi benefici della gentilezza, perché il mondo si sta popolando di persone sempre meno gentili? Il primo passo per cambiare viene sempre da noi. Coltiviamo sempre di più atti di gentilezza nei confronti di noi stessi e degli altri. Perché gentilezza genera gentilezza. Io l’ho scritto anche sul mio stato di whatsapp per non dimenticarmelo mai…

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Perché l’intelligenza emotiva ci rende più apprezzati ( e amati)

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Mi sono chiesta perché, in questi giorni, la triste e improvvisa scomparsa di Gigi Riva ha toccato molti, non solo i tifosi. La risposta che mi sono data è che è stata una persona dalla grande intelligenza emotiva. Sicuramente la sua onestà intellettuale, il suo rigore morale hanno contributo a fare di questo ex campione del calcio un campione anche nella vita. Per diventarlo ha condotto una vita in contatto con le sue emozioni.

Sapersi ascoltare, uno dei segreti

Le sue scelte di vita – non lasciare mai la Sardegna e la squadra del Cagliari-sono state dettate dal fatto di aver capito che era quello l’ambiente che lo faceva essere più connesso con se stesso. Ha capito che l’essere circondato dall’affetto dalle gente, più che dalle lusinghe del denaro era quello che lo faceva stare bene. Piuttosto che una fama caduca, una stima duratura. E’ questo che significa essere dotati di un alto livello di intelligenza emotiva. Riconoscere le proprie emozioni, saperle gestire. Senza dimenticare che una persona che agisce in questo modo ha anche una profonda empatia. Ascoltare gli altri, sapere riconoscere i loro bisogni.

Una leadership gentile

E’ stato il suo comportamento, un atteggiamento onesto, integro con se se stesso e con gli altri che lo ha reso un leader per tutta la vita. Un modello riconosciuto non solo da parte di coloro che lo hanno frequentato. I suoi compagni prima, i giocatori con cui è stato in contatto poi in qualità di presidente del Cagliari e Team Manager della Nazionale poi. Un leader gentile, pronto a consolare Baggio in lacrime quando ha sbagliato il rigore che ci ha fatto perdere il Mondiale Usa nel 1994. Non aver paura delle emozioni, un altro tratto distintivo dell’intelligenza emotiva. Perché le persone sono fatte di emozioni che non vanno represse. Riconoscere e saper gestire le proprie emozioni sono una delle caratteristiche dell’intelligenza emotiva come ci ha insegnato Daniel Goleman.

L’intelligenza emotiva rafforza le relazioni

È una caratteristica cruciale, sia sul posto di lavoro che nella vita: la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni, regolare i propri comportamenti, muoversi in diversi contesti sociali ed entrare in empatia con le persone intorno contribuisce a rafforzare le relazioni. E’ la ragione per la quale le persone dotate di un elevato quoziente emotivo riescono a instaurare rapporti duraturi nel tempo. Sono persone che si fanno apprezzare e amare da tutti. E’ per questo che le persone così non muoiono mai, ma restano per sempre nel cuore di tutti. E’ questa l’immortalità.

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Dire di no in 3 mosse

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Uno dei temi più affrontati durante le sessioni di Coaching è la difficoltà a dire di no. Il desiderio di compiacere gli altri, il timore di offendere, la paura di non essere amati o di deludere. Sono tante le motivazioni che sottendono a questa difficoltà di pronunciare una piccola parola di solo 2 lettere: no.

E’ capitato a tutti, c’è chi riesce in qualche modo a superare questa difficoltà, chi invece si cronicizza in questo atteggiamento che può creare davvero molto disagio e a volte anche sofferenza. Ma la buona notizia è che si può imparare a dire di no. In che modo? Basta volerlo e impegnarsi ad adottare degli atteggiamenti che possano superare questo impasse. Lo sappiamo, c’è una soluzione per tutto.

1. Ascoltiamoci

Spesso per non andare incontro ad emozioni negative e sofferenze, tendiamo a dire di sì, anche quando una parte di noi non è d’accordo. Quante volte per il cosiddetto quieto vivere, spesso anche inconsapevolmente, cediamo il nostro spazio, il nostro tempo è non diciamo di no? La prima cosa da fare in questi casi è ascoltarci. Se una parte di noi non è d’accordo, ascoltiamola. E’ importante anche domandarci come ci sentiamo fisicamente rispetto alla situazione. La domanda fondamentale da chiedersi è :” Che cosa è importante per noi?” E’ essenziale essere coerenti con i propri principi e e i propri valori e quando non si è d’accordo con il sì. Quando non diciamo no, è come se concedessimo agli altri una parte della nostra libertà. Se l’atteggiamento è costante, gli altri non solo si prendono la nostra libertà, il nostro tempo, ma per loro diventa addirittura normale chiedere qualsiasi cosa, se lo aspettano e al primo no si possono creare fratture proprio perché sono abituate a ricevere solo sì. Non è infatti sostenibile mantenere nel tempo atteggiamenti che prevaricano la nostra reale volontà. Accade così il contrario di quanto avevamo voluto all’inizio con il nostro atteggiamento sempre accomodante e disponibile. Perché può accadere che il no arrivi in un momento in cui l’altro non se lo aspetti o peggio quando noi siamo stanchi e arrabbiati e il no può essere pronunciato in maniera aggressiva. L’integrità , la trasparenza paga sempre. Ascoltiamoci dunque e siamo coerenti con noi stessi.

2. Dialoghiamo sempre

Si può trovare una buona negoziazione, un buon punto d’accordo per spiegare le nostre motivazioni del no. Essere chiari, sinceri. Ovviamente i chiarimenti richiedono tempo e la via più facile è dire di sì per evitare discussioni, dissapori. Giusto, ma poi? Nel tempo, lo abbiamo già visto, i malumori, i malesseri crescono se non ci siamo ascoltati e abbiamo acconsentito a situazioni o eventi che non erano in linea con le nostre vere inclinazioni. Le persone non sono sotto il nostro controllo, possiamo influenzarle, ma non sappiamo come la situazione si evolverà. Una buona comunicazione è anche una dimostrazione di rispetto nei confronti dell’altra persona, ma soprattutto nei confronti di noi stessi e produrrà i migliori risultati. Saper dialogare e comunicare bene paga sempre.

3. Essere chiari

Un concetto che non dobbiamo mai dimenticare è che non si dice no alla persona, ma alla sua richiesta. E’ un discrimine fondamentale e forse il cuore vero del problema. Dicendo di no abbiamo paura di ferire l’altro, abbiamo paura che non si senta accettato. Essere accettati e amati è quello a cui tutti aspiriamo. Dicendo di si pensiamo di fare un regalo. Ma non è così. Non si parla anche di no che fanno crescere ? La letteratura pedagogica è piena di titoli che sottolineano l’importanza dei no ai bambini, agli adolescenti. Proviamo a ricordare a qualche bel no pronunciato dai nostri genitori: non è stato fondamentale nella nostra crescita e nel diventare adulti responsabili? Allora pronunciamolo il no quando sentiamo che il sì non aiuterebbe noi, ma neanche la persona che ci è di fronte. Più c’è chiarezza nei valori, più è facile dire di no. Ricordiamoci però che, il più delle volte, il no più importante dobbiamo dirlo a noi stessi, prima che agli altri…

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Il potere dell’empatia

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” Se non provi empatia e le tue relazioni non sono efficaci, non importa quanto sei intelligente: non arriverai lontano”. Citiamo ancora una volta Daniel Goleman, , che pone l’empatia tra le 5 caratteristiche principali dell’Intelligenza Emotiva. Non possiamo non condividere il pensiero del nostro amato autore, psicologo e mettere in risalto il valore di questa risorsa preziosissima. Una competenza necessaria nelle relazioni, nell’apprendimento, nel lavoro di team e in tutti gli ambiti sociali.

Il valore delle persone empatiche

L’importanza di essere persone empatiche è stato messo in luce durante l’incontro a cui ho preso parte con un gruppo di studenti delle superiori. Hanno partecipato numerosi e tutti hanno mostrato grande interesse per l’argomento ponendo domande, condividendo riflessioni. Una grande soddisfazione trovare giovani attenti a capire come poter apprendere le modalità per sviluppare l’empatia, diventare persone inclusive e attente ai bisogni degli altri. C’è voglia di crescere , di capire, acquisire strumenti per interagire meglio con i propri compagni, adulti. Soprattutto per poter disporre di quelle conoscenze che consentano di dialogare meglio, capire e farsi capire. E’ un segnale importante, soprattutto nelle scuole, dove bisognerebbe inserire sempre più spesso momenti di discussione, dialogo per parlare dell’importanza di essere persone empatiche.

Un’educazione emotiva

Nei paesi nordici lo fanno già da tempo. Ci sono paesi, come la Danimarca, dove nelle scuole hanno inserito già dal 1993 l’empatia come materia di scolastica. Si studia in classe dai 6 ai 16 anni. La motivazione risiede proprio nel fatto che l’empatia aiuta a costruire relazioni, prevenire fenomeni come il bullismo. Significa crescere persone che sapranno essere, da adulti, persone inclusive, tolleranti e accoglienti. E’ un investimento sul futuro. Si tratta di una forma di educazione emotiva e sentimentale, importante da apprendere fin da piccoli. Significa capire l’alfabeto delle emozioni per potersi esprimere al meglio e instaurare relazioni serene.

I 3 tipi di empatia

Come detto, l’empatia è una caratteristica dell’intelligenza emotiva, che a differenza dell’intelligenza misurabile con il quoziente intellettivo, si può coltivare e accrescere. L’intelligenza emotiva ha, infatti, basi genetiche per il 50% legate al gene responsabile dell’attivazione dei trasportatori di seratonina , l’ormone dell’apprezzamento e del buon umore e al gene della dopamina, l’ormone della ricompensa e della motivazione.
Il restante 50% è imputabile a fattori ambientali. Ed è qui che può essere appresa, accresciuta. Se siamo educati in un ambiente ricco di stimoli emotivi possiamo compensare le carenze genetiche. Per questo è possibile coltivare anche l’empatia, che Goleman divide in 3 tipi.

  1. Empatia cognitiva : significa che siamo in grado di comprendere come l’altra persone pensa e vediamo il suo punto di vista.
  2. Empatia emozionale: si riferisce a chi sente dentro di sé le emozione dell’altra persona.
  3. Empatia compassionale : significa che non solo comprendiamo come la persona vede le cose e si sente in quel momento, ma anche che si voglia aiutarla. Spinge all’agire.

Come coltivare l’empatia

Come abbiamo visto l’empatia è come un muscolo che può essere sviluppato. Prima di vedere come poterlo allenare, proviamo a rispondere a queste 3 domande, che rappresentano una sorta di autoanalisi del nostro livello di empatia.

1.Mi soffermo a comprendere i miei sentimenti e quelli degli altri?

2. Prendo decisioni sulla base di punti di vista differenti?

3. Mostro chi sono e ciò che provo a me stess* e a gli altri?

Dopo essersi soffermati a riflettere, di seguito qualche spunto per diventare persone più empatiche.

Allenarsi all’ascolto attivo – Ascoltare non vuol dire semplicemente “stare a sentire”, ma significa prestare attenzione a tutti gli aspetti della comunicazione del proprio interlocutore a partire dai bisogni che questi esprime, con l’intenzione di entrare nel suo mondo, sospendendo eventuali pregiudizi e giudizi di valore.

Sviluppare interesse nei confronti di persone che non si conoscono – Cercare di entrare in connessione con persone che non sono parte della nostra cerchia di persone. Mostrare attenzione nei confronti di persone nuove, possibilmente diverse dalla nostra storia, cultura.

Esprimere apprezzamento e gratitudine – Mostrare il proprio compiacimento e fare complimenti nei confronti delle persone che ci circondano è senza dubbio un ottimo modo per ben disporre e mettere le persone a proprio agio. Significa mostrare interesse e accoglienza. Sottolineare la nostra riconoscenza è un altro, potente modo per mettere al centro il nostro interlocutore.

Essere persone empatiche significa poter instaurare relazioni serene, equilibrate e felici. Vuol dire essere potenti magneti che attraggono le persone. Un’energia di cui abbiamo sempre più bisogno.

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L’Art Coaching spiegato in un libro

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L’insieme di 3 fattori : una passione, la scrittura, una competenza, il Coaching, un’amicizia, con 2 Artiste e Art Therapist . Così è nato il nostro libro ” Come fare delle propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching”.

Il libro, appena pubblicato da Montabone Editore , spiega che cosa è l’Art Coaching, il progetto nato dall’incontro di una Life & Business Coach e due Artiste e Art Therapist. Durante le nostre conversazioni abbiamo trovato che le nostre reciproche competenze avessero molti punti in comune.

Il linguaggio delle emozioni

Insieme abbiamo capito che avevamo le chiavi per esprimerci con uno stesso linguaggio. Il linguaggio delle emozioni. Conoscersi, riconoscere le proprie emozioni e soprattutto saperle esprimere permette di poter vivere in maniera più consapevole e sana. Essere in contatto con le proprie emozioni  consente di superare blocchi emotivi, incomprensioni che spesso non ci permettono di poter esprimere la nostra vera natura e costruire relazioni profonde e appaganti. Essere in sintonia con le proprie emozioni significa essere dotati di  intelligenza emotiva, un dono meraviglioso per poter vivere la vita che veramente desideriamo e saperla esprimere al meglio ed  essere veramente noi stessi.

L’intelligenza emotiva è la chiave

L’Art Coaching è, infatti, un ottimo strumento che permette di poter sviluppare l’Intelligenza Emotiva. Se, secondo la definizione che ne dà Daniel Goleman, l’Intelligenza emotiva permette di poter riconoscere le proprie emozioni e saperle gestire , l’Art Coaching ha proprio questo obiettivo. Attraverso il percorso di Coaching si prende consapevolezza di Sè, di chi siamo, delle nostre risorse, delle nostre competenze , dei nostri punti di forza e di quelli di debolezza. Significa conoscersi e riconoscere chi siamo veramente, con tutti i nostri bagagli emozionali. L’Arte è da sempre il mezzo migliore per potersi esprimere, per poter esternare i nostri sentimenti più profondi.

Armonizzare la parte razionale e quella emotiva

L’insieme dei 2 elementi, il Coaching e l’Arte Terapia permette di far dialogare la nostra parte razionale con quella emozionale. L’Art Coaching è il punto di congiunzione, lo strumento che permette di poter armonizzare gli aspetti complessi della nostra persona proprio perché parte dalla nostra consapevolezza e arriva all’espressione delle emozioni. Una consecutio logica che ci consente di essere in linea con il nostro Io più autentico.

Un libro diviso in due parti

Il libro “Come fare della propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching” si prefigge dunque di spiegare meglio questo approccio. Per questo è stato strutturato in due parti : la prima teorica spiega che cos’è il Coaching, , che cosa è l’Arte Terapia, gli ambiti e le applicazioni , quali sono gli interlocutori ai quali si rivolge. Sono coloro che vogliono conoscersi di più, dedicarsi del tempo per mettersi in contatto con le proprie emozioni e instaurare rapporti sereni oltre che accrescere la propria autostima.

I team building

I destinatari dei progetti di Art Coaching sono anche le Aziende, che vogliono organizzare team building per creare spirito di gruppo, maggiore collaborazione , creare buone relazioni fra i colleghi per poter instaurare rapporti di cooperazione e soprattutto un clima inclusivo e positivo fra tutti. Attraverso le attività di Art Coaching è, infatti, possibile favorire un clima di cooperazione , migliorare la comunicazione fra le parti. Questo grazie alla possibilità di realizzare in maniera concreta un progetto comune, quello che viene definita l’opera condivisa.

Introdurre questo tipo di attività significa sapere valorizzare le qualità di ciascuno per poterle mettere a fattor comune. Uno stile manageriale che è proprio di quella che viene definito la ” leadership gentile” .

La seconda parte

La seconda parte del libro è più pratica e creativa. L’abbiamo chiamata “In viaggio con le emozioni”. un percorso di 30 giorni, con 3 esercizi alla settimana per connettersi con le proprie emozioni. Sono 12 esercizi in un mese , che hanno lo scopo di mettersi n contatto con se stessi, acquisire consapevolezza e liberarsi dai blocchi emotivi. Una sorta di “dieta emozionale” per poter scoprire parti di sé ancora inespresse.

Un viaggio all’interno di se stessi per poter seguire al meglio il suggerimento che campeggia sul tempio di Apollo a Delfi :”Conosci te stesso”. E’ la finalità dell’Art Coaching, per fare della propria vita un capolaoro.

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Emozioni da brividi

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Si sono appena spenti i riflettori sul Festival di Sanremo con la vittoria della canzone “Brividi” di Mahmood e Blanco e mi sento di fare alcune riflessioni.

Che le canzoni italiane presentate al Festival più famoso d’Italia parlino di emozioni e sentimenti accade da sempre, quasi da 72 anni, tanti sono gli anni di vita di questa performance canora.

Quelli che sono emersi, a pare mio, sono più aspetti.

La paura di esprimersi

Il primo : la consapevolezza della paura dell’incapacità dei ragazzi di esprimere i propri sentimenti . Le parole della canzone vittoriosa dicono “a volte non so esprimermi”, e la paura di sbagliare” ” ti vorrei amare ma sbaglio sempre”.

Non possiamo certo prendere le parole di una canzone come una verità assoluta, ma rivelano un nuovo atteggiamento, una nuova mentalità, un nuovo modo di pensare. La capacità e la volontà da parte dei ragazzi di mettersi in connessione con le proprie emozioni. Sembra che i ragazzi di oggi abbiano superato questo gap delle nostra generazione: un’educazione più rigida ci ha portato spesso reprimere le nostre emozioni. Non piangere, non comportarti da bambino: quante volte ce lo siamo sentiti ripetere? Questo atteggiamento genitoriale ha spesso inibito i figli a mostrarsi con tutte le proprie fragilità emotive. Una forma di auto sabotaggio emotivo che ci siamo portati avanti negli anni. La nostra energia emotiva è stata spesso repressa, castigata, frustrata. Poi la maturità ci ha portato a entrare in connessione anche con questa parte di noi, che per anni abbiamo voluto cancellare. L’equazione “sono emotivo quindi sono fragile” ha accompagnato spesso la crescita di molti della nostra generazione. Con tutte le conseguenze che questo atteggiamento ha influito sulle nostre vite, relazioni affettive.

Il superamento del maschio alfa

Ciò che è cambiato rispetto al passato è la consapevolezza. Il superamento della paura di esprimere le proprie fragilità emotive. Rendersene conto è già un primo passo per poter innescare un meccanismo di cambiamento e di andare oltre. Una presa di coscienza che prelude alla volontà di prendere in mano le proprie fragilità, esaminarle e mettere in atto una strategia per poterle superare. Una presa di coscienza che dimostra un’intelligenza emotiva. Essere consapevoli per poi poter riconoscere e gestire le emozioni. Autoconsapevolezza e gestione di sé procedono di pari passo. Un sociologo nel commentare il festival di Sanremo ha parlato di superamento del maschio alfa per la capacità di abbracciare le proprie emozioni e fragilità. Forse è un’osservazione un po’ eccessiva, ma ciò che sottintende è il superamento dell’incapacità di ascoltarsi e di esprimersi. Sottolinea un approccio diverso nei confronti di se stessi e superamento soprattutto degli stereotipi. Mettersi in ascolto di sé per potersi capire, conoscere meglio e conseguentemente potersi relazionare meglio con gli altri.

Essere emotivi, una nuova forza

Se dunque un tempo l’essere particolarmente emotivi, poteva apparire un limite, rivelava una personalità fragile, ora la la capacità di essere in contatto con le proprie emozioni, diventa un valore. Significa non solo conoscersi meglio, ma anche sviluppare sentimenti di empatia, una componente fondamentale dell’intelligenza emotiva. Alimenta la connessione fra sé e gli altri. Significa avere una buona capacità di ascolto. Significa “sentire” l’altro, “toccarlo” come ha detto Papa Francesco. Significa che si è in presenza della “Regola d’oro”, come scrive Justin Bariso nel suo libro ” Intelligenza emotiva applicata” .”tratta gli altri come tu stesso vuoi essere trattato”. Significa sapere coltivare rapporti più profondi, più sani, più leali. La nostra vita dipende dai rapporti che abbiamo con gli altri. A prescindere da quanto siamo autonomi e indipendenti, abbiamo sempre bisogno degli altri. Gli studi lo hanno messo in evidenza: i buoni rapporti ci rendono più felici e più sani.

Significa, in ambito aziendale, essere “leader gentili”, capaci di mettersi in ascolto dei bisogni di coloro che ci circondano. Significa valorizzare il team, il lavoro di gruppo. Significa seguire alla lettera l’insegnamento aristotelico “Il tutto è maggiore della somma delle parti”.

La fluidità, la nostra alleata

Il secondo aspetto attiene al tema che abbiamo affrontato durante il nostro ultimo workshop di ArtCoaching. Essere fluidi, essere aperti verso il modo senza pregiudizi e preconcetti. La maggior parte degli artisti che si è esibita sul palco ha dimostrato di aver superato la cosiddetta identità di genere, presentandosi in maniera libera e non stereotipata. E’ sicuramente un altro elemento di grande importanza. Sottolinea l’ascolto di sé e la capacità di connettersi con la propria natura, il proprio sé, senza paura del giudizio.

Una forma di grandissima di connessione, libertà ed espressività.

Riflessioni scaturite grazie ad un evento che dovrebbe essere leggero e spensierato. E qui non c’è che da citare la frase di Italo Calvino che è stata pronunciata sempre all’interno del Festival: “Prendere la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Il Festival quest’anno ci ha proprio ispirato.

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“Come sviluppare l’intelligenza emotiva” il nuovo webinar

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Mai come in questo periodo è fondamentale essere consapevoli delle proprie emozioni, saperle riconoscere e gestire. Mai come in questo momento l’intelligenza emotiva è una risorsa che ci può aiutare ad affrontare il presente, così privo di certezze. Saper affrontare le situazioni così volatili e fluide richiede una grande dose di equilibrio. Siamo chiamati costantemente a concentrarci su come affrontare la quotidianità: i contagi, le quarantene, green pass base, green pass rafforzato, tamponi, falsi positivi : non è facile destreggiarsi in questa giungla di nuove norme, ordinanze e divieti. Anche l’equilibrio di un monaco zen ne sarebbe messo duramente alla prova.

Conoscere le proprie emozioni

Grazie alla consapevolezza, però, possiamo affrontare le situazioni complesse con grande centratura perché siamo in grado di agire con equilibrio, senza farci assalire da stati di ansia e paura. Anche avere buone relazioni e poter contare su un sistema di relazioni positive, solide è fondamentale, oggi più che mai. Perché per affrontare le situazioni complesse occorre anche una buona dose di coraggio e il coraggio spesso ci viene anche dal sostegno dalle persone che ci stanno intorno, dai nostri famigliari, amici e colleghi. Le comunità da sempre si stringono intorno all’individuo e insieme ci si sostiene per fronteggiare i pericoli e le avversità. Poter contare su relazioni sane e affidabili è fondamentale per poter agire con forza e determinazione. Essere dotati di intelligenza emotiva significa tutto questo, perché è un’abilità sociale: lo vediamo tutti i giorni. Una capacità di sapersi mettere in relazione con gli altri e costruire rapporti improntati all’ascolto e al rispetto. Siamo tutti profondamente connessi. Nessun si salva da solo, è il mantra che abbiamo imparato a conoscere in questi due ultimi , lunghissimi anni. Secondo il World Economic Forum l’intelligenza emotiva è, a partire dal 2020, tra le dieci competenze essenziali. Il futuro è fatto di persone in grado di capire l’essere umano.

Mettersi in ascolto degli altri

E’ scientificamente provato che le persone intelligenti emotivamente ascoltano, riconoscono e utilizzano le proprie emozioni per comprendere meglio se stesse e gli altri. Le loro emozioni le guidano verso ciò che che amano fare nella vita e allontanarsi da ciò che non desiderano, sono consapevoli dei propri punti di forza e riconoscono le aree di miglioramento. Sanno assumere la responsabilità delle loro scelte, sanno riconoscere i loro bisogni e sanno mettersi in ascolto  di quelli degli altri. Attraverso l’empatia e la compassione sanno costruire relazioni solide, profonde e conoscono le modalità per poter gestire i conflitti. Sono persone che sanno affrontare le situazioni, anche le più complesse, con equilibrio, spirito costruttivo. Questo permette loro di poter collaborare in tutti gli ambiti, sia personali che professionali, con estrema capacità di ascolto e di connessione con coloro che li circondano.

Cos’è l’intelligenza emotiva

L’intelligenza emotiva è dunque una preziosa alleata proprio perché è la capacità di riconoscere, comprendere, gestire le proprie emozioni e quelle altrui. Nella sua sistematizzazione del concetto, Daniel Goleman, nel suo bestseller , “”L’intelligenza emotiva”, ha individuato 5 caratteristiche principali di questa abilità :

  1. la consapevolezza
  2. la padronanza di sé e l’autocontrollo
  3. la motivazione
  4. l’empatia
  5. le capacità relazionali

Sviluppare l’intelligenza emotiva

Perchè è così importante? Le persone emotivamente intelligenti sanno conciliare ciò che la mente, la nostra voce interiore dice con le nostre emozioni e sentimenti. Sono sicure di sé perché in grado di conoscersi e controllarsi, sanno gestire lo stress, vanno d’accordo con gli altri e nella maggior parte dei casi sono ottimiste e aperte al cambiamento. L’intelligenza emotiva è una specie di super potere, un alleato prezioso per raggiungere i propri risultati. La buona notizia è che, a differenza dell’intelligenza misurabile con il Quoziente Intellettivo, l’intelligenza emotiva si può sviluppare e coltivare. Saper riconoscere le emozioni -soprattutto quelle negative-, quando stanno per palesarsi, e saperle controllare, ci permette di avere relazioni sane e gratificanti con gli altri.

L’alfabeto degli affetti

Conoscere l’alfabeto degli affetti è fondamentale per poter interagire in tutti i tipi di rapporti: in famiglia, nelle relazioni affettive, sul posto di lavoro. Il 75% dei conflitti nel mondo del lavoro nasce proprio da motivazioni legate alle competenze emotive. Al contrario, essere persone in grado di comprendere i bisogni degli altri, sapersi mettere nei panni altrui, contribuisce a instaurare ambienti sereni e di grande collaborazione. Essere persone empatiche ci mette sotto una luce estremamente positiva e ci fa sentire persone apprezzate, stimate e ricercate. Questo non fa che accrescere l’autostima, creando quel circolo virtuoso che trasmette sentimenti positivi, di grande serenità ed equilibrio.

Il percorso per allenarla

Per poter allenare e sviluppare l’intelligenza emotiva è possibile partecipare ad un webinar, strutturato in 4 diversi incontri . Gli incontri avranno la durata di due ore l’uno e tratteranno i temi presenti nel programma che trovate qui sotto.

Durante il webinar si alterneranno momenti teorici a esercizi pratici per poter accrescere la consapevolezza di quanto appreso. Un incontro di crescita personale e professionale.

Le date

Il calendario prevede 4 incontri in queste date:

-8 Febbraio 2022 dalle 18.00 alle 20.0

– 22 Febbraio 2022 dalle 18.00 alle 20.00

– 1°Marzo 2022 dalle 18.00 alle 19.30

– 15 Marzo 2002 dalle 18.00 alle 20.00

Per informazioni e prenotazioni [email protected]

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Il potere del “noi”

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Avete mai provato a pensare quante volte durante il giorno pronunciate il pronome “noi” e quanto “io”‘?

Le ricerche in campo psicologico dimostrano che l’uso dei pronomi “noi” è associato a relazioni più felici e a una migliore risoluzione dei conflitti rispetto a quando ci concentriamo su “me” e “te”.

Il contesto storico in cui stiamo vivendo e la pandemia ci ha insegnato una grande verità” nessuno di salva da solo”. Lo vanno ripetendo i leader illuminati che hanno affrontato in maniera più efficace la situazione dal punto di vista sanitario.

“Nessun uomo è un isola”

La poesia di John Donne sull’importanza di rimanere uniti di fronte alle avversità ne è un’ulteriore testimonianza. Ma torniamo all’uso del “noi”. L’utilizzo del pronome plurale dimostra ancora una volta il potere delle nostre parole e del nostro linguaggio nell’influenzare la nostra prospettiva e il nostro pensiero. Quando scegliamo le parole giuste, possiamo influenzare la nostra mente in modo potente. Pensiamo al nostro dialogo interiore e riflettiamo sull’utilizzo delle parole e al loro significato. Per chi esercita la professione di Coach è fondamentale ascoltare e prestare attenzione all’utilizzo delle parole stesse. Le parole esprimono il nostro pensiero, il nostro sentimento, le nostre emozioni. Prestate attenzione al modo in cui vi esprimete. A volte basta una parola per cambiare completamente il tono di ciò che stiamo comunicando. E questo ovviamente si riverbera sulle nostre relazioni. Un utilizzo delle parole attento e rispettoso si riflette nella qualità delle nostre relazioni. Alzare i toni, urlare non favorisce certamente il dialogo, lo scambio, la comprensione.

Chi dice noi ha relazioni più felici

In un’analisi pubblicata sul Journal of Social and Personal Relationships, i ricercatori hanno analizzato 30 studi su quasi 5.300 partecipanti e hanno scoperto che le coppie che spesso dicono “noi” hanno relazioni di maggior successo e sono complessivamente più felici e più sane.

In totale, i ricercatori hanno esaminato cinque diverse misurazioni: risultati della relazione (soddisfazione, durata dell’unione), comportamenti relazionali (interazioni positive vs. negative osservate), salute mentale, salute fisica e comportamenti sanitari (quanto bene i partecipanti si prendono cura di se stessi) .

La leadership ragiona con noi

Non è solo nelle relazioni di coppia che il passare dall’esprimerci ( e comportarci) in termine di “noi” porta i suoi benefici. Lo ritroviamo in tutti i rapporti: di amicizia, in famiglia, sul lavoro.

Nei colloqui di lavoro, uno studio pubblicato dall’Institute of Electrical and Electronic Engineers ha scoperto che l’uso di “Noi” invece di “Io” era un potente predittore di candidati valutati in modo più favorevole, compreso l’essere visti come più positivi e amichevoli. Nei ruoli di leadership, uno studio pubblicato su Developmental Psychology ha scoperto che l’uso di un linguaggio incentrato sul gruppo come “Noi” prevedeva chi sarebbe stato eletto come leader. L’uso di “noi” implica un legame di gruppo: una partnership, una squadra, una famiglia, una tribù, una comunità. Quando usiamo “noi” , colleghiamo automaticamente i nostri obiettivi, valori e intenzioni ad altre persone che riteniamo essere nella nostra stessa condizione. Nessun si salva da solo, appunto. Del resto la nostra natura di animali sociali ci ha portato ad evolverci e a crescere.

Il potere del noi accresce l’empatia

Cerchiamo di analizzare le ragioni del valore dell’esprimerci e agire in termini collettivi e non individuali. Il potere del “noi” aiuta a creare un senso di:

Identità condivisa

quando usi il termine “noi”, stai facendo sapere alle persone che fanno parte del tuo gruppo. Questo sviluppa un potente senso di appartenenza e identità collettiva (che si tratti di una famiglia, un’azienda, una squadra sportiva, una religione o nazione). I leader di successo sono in grado di creare nuove identità ed estendere la loro definizione di “noi” per portare nuove persone nella loro cerchia di empatia. E’ una delle principali caratteristiche dell’intelligenza emotiva essere empatici: mettersi nei panni degli altri, comprendere le situazioni e gli stati d’animo altrui. Significa sapere creare un ambiente armonico, fatto di ascolto e comprensione. Non c’è una frattura fra me e te. Ci siamo noi.

Obiettivi condivisi

Il sintonizzarsi sul “noi” aiuta le nostre relazioni perché consente alle persone di percepire che si sta lavorando insieme per raggiungere il medesimo obiettivo o risolvere un problema. Dire “Dobbiamo risolvere questa situazione ” o “Dobbiamo prendere una decisione su questo argomento ” è molto più amichevole e cooperativo che dire “Devi risolvere questa situazione ” o “Devo prendere una decisione su questo argomento.” Il “noi” implica il lavoro di squadra e uno sforzo e investimento reciproco da parte di tutti.

Risultati condivisi

Il “noi” non riguarda solo la condivisione dei problemi, ma anche la condivisione dei risultati e dei momenti piacevoli. In generale, le coppie che impiegano più tempo per riflettere su ricordi positivi e condividere nuove esperienze insieme, lavorare su progetti comuni tendono ad essere più felici e più sane, e pensare in termini di “noi” enfatizzerà questa verità. Condividere i successi con il proprio partner, con chi ci sta vicino rafforza la relazione e il loro credito, soprattutto se si fa sapere loro che non si sarebbe potuto raggiungere il risultato senza la loro presenza. Essere felice per il successo di chi ci sta accanto come se fosse nostro: fare i complimenti alle persone, congratularsi e far sapere loro che ne siamo orgogliosi . Il successo è il più delle volte frutto di una combinazione di molte persone che lavorano insieme, quindi il “noi” aiuta a evidenziarlo e a sottolineare quella crescita e successo condivisi.

Spostare il focus da sè agli altri

Lasciar andare “me” – Concentrarsi troppo su “me” è spesso un segno di depressione. Il fatto di continuare a rimuginare su se stessi, sui propri problemi non ci fa crescere e progredire. Rimanere troppo concentrarsi su stessi può, alla lunga, portare ad una fossilizzazione. Per rompere questo schema dobbiamo uscire da noi stessi e concentrarci su cosa possiamo fare per aiutare gli altri. Questo è uno dei motivi per cui è stato dimostrato che avere una mentalità generosa, come compiere atti di gentilezza e volontariato, migliora la salute mentale. La gentilezza ci dà l’opportunità di spostare la nostra attenzione lontano da “me” e verso il “noi” più grande dell’umanità.

Parlare più “noi” ha molti potenziali vantaggi, ma il più importante è che cambia radicalmente il modo in cui vediamo noi stessi e le nostre relazioni nel complesso.

La natura umana è interconnessa. Ogni individuo è in parte definito dalle relazioni che lo circondano (famiglia, amici, persone care, colleghi, conoscenti, ecc.), e in fondo le nostre vite sono tutte influenzate dalla qualità di queste relazioni.

“Nessun uomo è un’isola” è una verità fondamentale, che tu possa vedere il tuo “noi” o meno.

Per costruire felicità e significato nella nostra vita, spesso abbiamo bisogno di costruire relazioni strette e profonde con gli altri. Ciò ci impone di vedere il nostro benessere come sovrapposizione con il benessere degli altri.

Una volta compresa questa verità fondamentale, dire “noi” inizia ad essere più naturale oltre che dimostrare che:

“Il valore di una persona risiede in ciò che è capace di dare, non in ciò che è capace di prendere” Albert Einstein

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L’empatia per combattere il bullismo

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Recenti ricerche hanno messo in rilievo come l’empatia possa combattere fenomeni di bullismo. Insegnare ad essere persone inclusive, sviluppare sentimenti di accoglienza e accettazione dovrebbe diventare una materia scolastica. E’ un’educazione emotiva e sentimentale, importante da apprendere fin da piccoli.

La Danimarca, conosciuta per essere il paese più felice al mondo, secondo il World Happiness Report dell’Onu, ha inserito l’empatia come materia di studio nelle scuole fin dal 1993.

Si studia in classe dai 6 ai 16 anni. La motivazione risiede proprie nel fatto che l’empatia aiuta a costruire relazioni, prevenire il bullismo, avere successo nella vita e anche nel lavoro. Promuove la crescita di leader, imprenditori e manager. Insomma, l’empatia è un investimento sul futuro. Non dovrebbero dimenticarlo tutti i governanti chiamati a lavorare sul Pnnr, il piano nazionale di resistenza e resilienza.

#bodypositive

Insegnare ad essere persone empatiche fin da piccoli aiuta quindi a prevenire fenomeni di bullismo, che spesso possono spesso sfociare in atteggiamenti di discriminazione e di body shaming, una forma di bullismo che colpisce l’aspetto fisico delle persone. Si tratta letteralmente di giudicare le forme del corpo delle persone, criticandolo soprattutto sul web e sui social. Inutile sottolineare quanto chi è vittima di queste odiose forme di dileggio possa soffrire e vedere minata la propria autostima. E’ un fenomeno che va combattuto fin dalla giovane età e di cui è importante la sensibilizzazione. A questo proposito è nato, tra il 2010 e 2011, il movimento della cosiddetta Body Positive per merito di donne oversize, il più delle volte di colore, che postavano dei contenuti sui social media con l’hashtag #BodyPositivity. L’obiettivo è quello di promuovere un messaggio positivo dedicato a chi ha un corpo che non rientra nei canoni pre-definiti, sensibilizzando ad una consapevolezza e un’accettazione di sé, andando oltre gli stereotipi e ai canoni classici . Presto il movimento si è diffuso a livello globale e ha coinvolto le persone contrarie agli standard di bellezza imposti dai media.

Essere empatici nutre l’inclusione

E’ chiaro quindi come diffondendo una cultura improntata all’accettazione dell’altro, al sapersi mettere nei panni dell’altro, in una parola, sviluppando empatia, fin dalla giovane età, si possa aiutare a prevenire sentimenti di emarginazione. Crescere, di contro, con sentimenti di accettazione, accoglienza nei confronti degli altri può, invece, sviluppare comportamenti improntati alla compassione e inclusione. L‘intelligenza emotiva si può coltivare, lo abbiamo detto più volte. E l’empatia è una delle caratteristiche principali dell’intelligenza emotiva.

Un libro per diffondere cultura

Introdurre l’empatia come materia scolastica può essere un ottimo punto di partenza, perché la cultura ha un potere dirompente. Anche la letteratura può sensibilizzare e diffondere cultura su temi sensibili. E’ quanto abbiamo potuto comprendere e apprezzare con “Venere” e “Afrodite Soggettiva”, le recenti pubblicazioni , edite da Montabone Editore, a cura di Giulia Lazzaron e Alisia Viola, che hanno trattato in maniera creativa, artistica, sensibile e profonda il tema della body positive. A loro abbiamo chiesto come è nata l’idea della pubblicazione e di raccontarci come l’empatia possa aiutare a prevenire fenomeni di bullismo, di cui il body shaming è un’espressione. Le nostre autrici hanno riposto con entusiasmo e grande competenza.

Le interviste

“La necessità di pubblicare i due libri “Venere” e “Afrodite Soggettiva” è nata dal bisogno di parlare -attraverso il linguaggio dell’arte – ad un pubblico più ampio, di una tematica che ancora oggi in Italia è poco conosciuta, la body positivity, movimento che in altre parti del mondo invece è già virale- esordiscono Alisia e Giulia -. Le due pubblicazioni trattano di una bellezza inclusiva e universale, partendo dal mito della Venere, colei che dall’era preistorica incarna questo concetto. Da donne, figure colpite da sempre sull’aspetto fisico, abbiamo voluto – attraverso il concetto di body positive – approfondire l’autentico significato di Bellezza, facendo emergere la sua vera essenza. Entrambi i volumi pongono interrogativi sulla tematica, e alla fine della lettura, si comprende che ogni essere umano ha il pieno diritto di sentirsi una venere contemporanea”.

L’intelligenza emotiva nelle scuole

D. Alisia, tu sei anche un’insegnante: sei d’accordo anche tu dell’importanza dell’insegnamento dell’Intelligenza emotiva e dell’empatia nelle scuole? Se sì  come pensi si possano applicare questi insegnamenti?

R. Credo che lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nelle scuole sia estremamente importante. Creare dei percorsi in merito all’intelligenza emotiva all’interno delle istituzioni scolastiche – dalla primaria alla secondaria di secondo grado-, aiuterebbe dai più piccini ai ragazzi più grandi, al raggiungimento di una maggiore consapevolezza di sé e una migliore gestione delle relazioni sociali, componenti fondamentali per ottenere piccoli e grandi traguardi personali nella vita. Sogno una scuola in cui l’educazione sentimentale sia alla base dell’insegnamento, poiché solo stando bene con se stessi e con gli altri si può dare al massimo nel raggiungimento degli obiettivi prefissati; trovo interessante proporre alle scuole di ogni ordine scolastico, percorsi sull’intelligenza emotiva, in quanto l’emotività è alla base delle giornate degli studenti.

D.I professori sono a parer tuo formati su questi temi?  Potrebbe essere interessante realizzare dei seminari ad hoc?

R. Trovo sia un aspetto carente nelle scuole e che andrebbe assolutamente rinforzato, educando in primis i docenti, i quali a loro volta avranno le adeguate competenze per proporre e creare un percorso ad hoc con i propri studenti. Credo che in questo modo si intensifichi anche il rapporto docente-studente, che spesso, ancora oggi, pare distaccato.

D.E nei confronti degli studenti si potrebbero realizzare dei momenti di dibattito? Oppure suggerisci altre modalità?

R. Si potrebbero realizzare dei momenti in cui si mettono in discussione, creare un dibattito è il punto da cui si potrebbe partire. Con i miei studenti ho spesso proposto dei laboratori maieutici, creando dei lavori di gruppo che hanno l’obiettivo di valorizzare al massimo le capacità individuali, in quanto li si mette di fronte a problemi e a punti interrogativi da risolvere, e una volta risolti sono argomenti che rimangono impressi nella loro mente, educandoli al contempo ad un approccio differente allo studio.

Il valore dell’empatia

D.E’ difficile parlare di autostima nei ragazzi soprattutto gli adolescenti che sono in evoluzione e in fase di crescita, ma l’empatia può correre in soccorso?

R. Assolutamente sì! L’empatia è un valore meraviglioso, che permette di vivere le propria vita con serenità e consapevolezza. Sfortunatamente è sempre meno presente negli studenti di oggi, ma ho notato attraverso la mia breve esperienza come docente, che applicandola nei loro confronti, loro si aprono, raccontano, aumenta la loro voglia di studiare e mettersi in gioco. L’empatia è alla base dell’apprendimento, solo una volta instaurato un rapporto basato sull’empatia, lo studente darà tutto se stesso nell’apprendimento; si crea un dialogo autentico tra insegnante e studente, un legame di cui farà sempre tesoro.

A Giulia abbiamo rivolto altre domande e lei ci ha parlato del libro realizzato insieme ad Alisia e di body shaming.

D. Uno dei temi portanti del vostro libro è il body shaming: come pensi che l’insegnamento dei temi dell’intelligenza emotiva possa aiutare a prevenire questi fenomeni?

R. Penso che l’intelligenza emotiva dovrebbe essere alla base di ogni relazione, di qualsiasi tipo e in qualsiasi ambito. Sicuramente, l’intelligenza emotiva permetterebbe una comunicazione più attenta alla realtà dell’altro, evitando battute e commenti fuori luogo, evitando discussioni e rabbia. Penso che l’intelligenza emotiva sia strettamente correlata anche all’amore incondizionato e quindi al benessere reale. 

D. Essere persone empatiche può evitare di porre in essere azioni di body shaming?

R. Solitamente episodi come body shaming e altro tipo di discriminazioni non provengono da persone empatiche, proprio perché l’empatia è la capacità di “mettersi nei panni degli altri”. È sicuramente una qualità che molte persone dicono di possedere da sempre, quindi innata. In realtà credo che appartenga a tutti, e che si possa sviluppare, anche per avere maggiore pienezza e benessere nella vita di tutti i giorni.  Quindi certamente, essere persone empatiche eviterebbe sicuramente episodi di discriminazione e body shaming

D. C’è qualche episodio che vuoi raccontare che ti ha suggerito la realizzazione del libro o che sia esplicativo del fenomeno del body shaming?

R. Personalmente, ho subito alcuni episodi di body shaming. Ho sempre avuto un peso oscillante nella vita, ci sono stati periodi in cui ero magra, altri in cui ero un po’ più robusta, in altri momenti sono stata più sportiva. L’episodio che più mi ha fatta soffrire è stato quando di fronte a una decina di persone, una persona mi ha presa in giro perché “non sembrava che andassi in palestra” (in quel periodo andavo ad allenarmi due/tre volte alla settimana). Sono tornata a casa con le lacrime agli occhi, demoralizzata. Stavo già pensando di non andarci più in palestra, mi stava passando la voglia di fare una cosa che in realtà mi piaceva tanto e mi faceva sentire in forma. Al posto di demoralizzarmi del tutto, mi sono detta che questo incubo di non sentirmi bene con me stessa doveva finire definitivamente. Ho cominciato a cercare su Instagram ragazze, modelle, influencer che avessero il mio fisico “curvy”, e sbirciare un po’ per capire come facessero ad avere tutta questa autostima! E ho trovato tutto il mondo della body positivity, Laura Brioschi che da anni combatte contro il body shaming, Carmen Mastrangelo che lotta contro le discriminazioni dei corpi grassi, e tantissime influencer con il fisico simile al mio che non hanno paura a mostrarsi, anzi, lo fanno anche per autoaffermarsi in un mondo in cui essere diversi può essere una reale difficoltà sociale. Da qui è nato tutto, sono nate le opere, le Veneri con diversi tipi di corpo, è nato il libro Venere dall’incontro con Editore Montabone, ed è nato anche un secondo libro di saggistica, Afrodite Soggettiva, di cui consiglio la lettura per chi volesse approfondire la storia della body positivity e altre nozioni a riguardo. La parte più bella di scoprire questo movimento è stata il non sentirmi più sola nelle mie lotte quotidiane, il non sentirmi più sbagliata, e informarmi a riguardo mi ha aperto gli occhi su tematiche quali per esempio, la grassofobia: la paura del corpo grasso, il terrore di ingrassare che spesso ci impedisce di vivere una vita tranquilla e serena con noi stessi. Non si promuovono stili di vita insani, anzi, si promuove uno stile di vita senza ossessioni. Per maggiori informazioni, rimando alle due pubblicazioni “Venere” e “Afrodite Soggettiva”, in cui potrete davvero scoprire un nuovo mondo, fatto di accettazione e bellezza (reale, non stereotipata). 

Vivi e lascia vivere

D. Il movimento “body positive “ può essere un esempio concreto di comportamento “empatico”?

R. Certo, la body positivity è soprattutto empatia verso il prossimo! Già che ci sono mi piacerebbe spiegare un po’ di cosa si tratta nello specifico. Il movimento body positive nasce inizialmente per contrastare il body shaming fatto sui corpi grassi e neri. Quindi le primissime attiviste sono state donne di colore, che venivano discriminate in modo sistemico per il colore della loro pelle e per il loro corpo in generale. È quindi un movimento strettamente correlato anche al razzismo e si è esteso poi ad ogni tipo di corpo, con un’attenzione particolare al mondo LGBTQ+, quindi è davvero trasversale. È rivolto a tutti, a chiunque si sia sentito almeno una volta discriminato per il proprio aspetto o per la propria personalità. Il motto della body positivity è “vivi e lascia vivere”, una frase talmente semplice, da sembrare quasi impossibile da realizzare.

Per concludere, penso che ci vorrebbe più amore nel mondo, che ci permetterebbe di accettare gli altri e amarli e rispettarli per ciò che sono, in quanto l’altra persona, e ciò che vediamo nell’altro, siamo noi stessi! “

Grazie a Giulia e Alisia per gli ottimi spunti e complimenti per il vostro libro. L’intelligenza emotiva e l’empatia sono le risorse per affrontare il ventunesimo secolo. Abbiamo davvero bisogno di persone che si mettano nei panni degli altri. E di persone che sappiano ascoltare, accettare e includere. Se iniziamo a farlo da piccoli avremo adulti consapevoli, empatici e dotati di grande intelligenza emotiva.

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