Pillole di Coaching per affrontare il disagio

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Siamo di nuovo in confinamento, la parola lockdown non riusciamo più a pronunciarla. Usiamo i colori per definire la situazione : zona rossa, arancione, gialla. Ma neanche così la situazione ci sembra meno pesante. Il fatto è che siamo stanchi, delusi, amareggiati, se non già depressi. Vediamo allora se qualche pillola di Coaching, qualche buona pratica può aiutarci a sollevarci da questa situazione che sembra non avere mai fine e che ci provoca disagio.

Un approccio positivo

L’aggettivo positivo è bandito dal nostro vocabolario, lo sappiamo. Non ne possiamo più di sentirlo ripetere. Ma cercare di vedere quello che di buono – poco, è vero- questa nuova situazione ci offre, è un buon punto di partenza. Proviamo a fare questo esercizio di Coaching: prendiamo il solito foglio e la solita penna e facciamo una lista di tutto quello che siamo riusciti a realizzare quest’anno, da marzo ad oggi. Qualche suggerimento? Più a tempo a disposizione, che non è poco se esiste una letteratura che invita a riflettere addirittura su “L’arte del tempo”, scritto da Emil Oesch, giornalista e curatore zurighese che, nel suo piacevole libercolo, dà consigli utili su come usufruire del nostro bene più prezioso. Ora che di tempo ne abbiamo tanto a disposizione, sappiamo utilizzarlo? Un consiglio per poter arrivare la sera prima di andare a letto insoddisfatti della nostra giornata, impariamo a fare una pianificazione corretta della nostra giornata, cercando di alternare impegni professionali – visto che siamo quasi tutti in smart working-a momenti per sé.

Coltivare le passioni

Avete mai calcolato quanto tempo perdiamo negli spostamenti per andare in ufficio? Bene, impieghiamo quel tempo ora per fare, ad esempio, una pratica sportiva o corporea. Sono ripetitiva, lo so, ma dedicare una mezz’ora tutti i giorni, magari allo yoga, ci aiuta a essere poi più concentrati e più energetici per affrontare la giornata. Perché non trovare tempo anche per seguire un corso online? E’ vero, la maggior parte di noi, trascorre la maggior parte del tempo incollato al pc e l’idea di passare anche il momento del relax con gli occhi fissi sul monitor può risultare pesante. Ma pensate al risultato che otterrete al termine, se riuscirete a seguire quel corso, che magari rappresenta una passione che coltivavate da tempo. Seguire una passione è un ottimo modo per rinforzare e rafforzare il proprio stato d’animo. E soprattutto la propria autostima, parola di Coach.

Isolamento o solitudine?

Un bellissimo webinar condotto da Daniel Lumera dal tema “Isolamento o solitudine” ha messo bene in luce la differenza tra i due termini. La parola solitudine deriva dal latino “solus”, che significa intero, a sé stante. E’ interessante questo punto di vista, perché dà il senso e forma al concetto di realizzare se stessi. La solitudine è la capacità di stare da soli , stare con se stessi, esseri integri. Chi è in grado di stare da solo, sviluppa quindi la capacità di completamento di sé. Rappresenta un importante punto d’arrivo, perché bastare a sé stessi, significa sviluppare relazioni equilibrate, sane con gli altri. I rapporti sono improntati su uno scambio paritetico, non di dipendenza. Significa non sviluppare relazioni nelle quali dobbiamo trovare nell’altro bisogni non soddisfatti. Il periodo di solitudine rafforza quindi le relazioni.

Condividere ti rende più grande di quello che sei

Può sembrare un controsenso rispetto al concetto appena espresso relativo alla solitudine, ma lo è solo in apparenza. Chi ha sviluppato una presenza, una stabilità interiore ed emotiva, è più in grado di rappresentare un punto di riferimento per gli altri. Per questo è importante sapere condividere, saper intrecciare relazioni improntate allo scambio reciproco. Saper sostenere, essere presenti ci aiuta a sviluppare sentimenti di positività e di benessere, non solo per gli altri, ma anche per noi stessi. Anche a livello fisico, perché gli atteggiamenti di empatia, aiutano a sviluppare l’ossitocina, l’ormone che aiuta a ridurre i livelli di stress, l’ansia, favorendo la lettura delle emozioni altrui, la fiducia, il senso di appartenenza e la socializzazione.

Visualizza il tuo futuro

Concludiamo le nostre pillole di Coaching attraverso un esercizio, che rappresenta un classico nei nostri workshop di Art Coaching: la visual board. E’ un esercizio divertente, creativo, che favorisce la visualizzazione, un’ottima tecnica che ci consente di poter mettere meglio a fuoco i nostri obiettivi futuri. Prendiamo un foglio, giornali, pennarelli e iniziamo a costruire il nostro futuro. Vediamo di mettere a fuoco quelli che sono i nostri desideri e poi costruiamo, stile collage, la nostra visione. Lasciate da parte la mente e lasciate parlare il vostro cuore. Vedrete che realizzerete un vero capolavoro. Fotografatelo e utilizzatelo come salva schermo del vostro cellulare: sarà sempre sotto i vostri occhi e vi permetterà di pensare che la vostra vita può diventare un vero capolavoro.

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Vivere una vita autentica

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Nella mia mission di Coach pubblicata sul mio sito ho scritto: “Aiuto gli altri a vivere una vita autentica”. Ma cosa significa vivere una vita autentica? Significa vivere in connessione con la propria natura più profonda. Connessione è la parola magica. Connessione significa che si è pienamente consapevoli della propria esistenza, del senso che vogliamo dare alla nostra vita E’ un lungo processo, occorre sapersi interrogare, conoscere. Non significa giudicarsi, non è l’io pensante, come lo chiama Russ Harris, nel suo libro “La trappola della felicità“.

L’io osservante

E’ piuttosto attraverso l’io osservante, che avviene la connessione che ci porta a vivere una vita autentica. Il sé osservante è per sua natura non giudicante. Non combatte contro la realtà: vede le cose per quello che sono e non si oppone. Pratica l’accettazione, perché opponiamo resistenza solo quando ci fondiamo con i nostri giudizi secondo i quali le cose sono giuste o sbagliate. Le cose sono come sono. Vivere una vita autentica significa dunque accettare e accettarsi per come siamo, non aver paura di mostrarci nella nostra vera natura. Accettarsi significa anche saperci amare, cercare dentro di noi affetto, stima, considerazione, senza doverlo per forza ricercare all’esterno. Significa trovare il nostro centro dentro di noi.

Le maschere che indossiamo

E’ stato questo l’argomento che abbiamo trattato all’interno del nostro workshop di Art Coaching, dal titolo “Giù la maschera”, nel quale abbiamo affrontato il tema delle maschere che spesso indossiamo. Impariamo ad indossarla fin da piccoli, quando il nostro bisogno primario è quello di essere amati, accettati. Per essere considerati dai nostri genitori indossiamo la maschera del “bravo bambino”. Abbiamo bisogno di ricevere approvazione, quindi il meccanismo che mettiamo in atto è molto semplice. Mi comporto bene, faccio ciò che gli altri si aspettano da me , quindi mi approvano, ergo sono amato. E qui inizia il primo passo per allontanarci da una vita autentica. Poi cresciamo e oltre all’amore e affetto dei nostri genitori, abbiamo bisogno di approvazione e accettazione da parte di altri adulti, dei compagni di scuola. La scuola è un terreno minato per allontanarsi dal nostro io autentico. Sono quello che il gruppo vuole che io sia. Mi ispiro a quello che fanno gli altri per timore di essere allontanato e non amato. E la vita autentica si allontana sempre di più.

Le maschere che ci accompagnano nel corso della vita

Cresciamo e, anche se la maschera del bravo bambino è quella che la maggior parte di noi continua ad indossare, per paura di non essere accettato anche da adulto, o per il desiderio di piacere a tutti, trappola nella quale cadono in molti, cominciamo ad indossarne altre e a collezionarne di nuove. Molte ci servono per proteggerci. Proviamo a far un elenco delle più comuni.

Il duro: è la maschera delle persone più sensibili, di coloro che hanno paura di essere feriti e indossano così una protezione per paura di soffrire. Sono spesso persone emotivamente fragili, che per difendersi attaccano prima di essere attaccate con atteggiamenti spesso aggressivi.

Il salvatore: la sindrome del “Io ti salverò” è piuttosto frequente, soprattutto fra il genere femminile. Si stratta di persone che si circondano spesso di casi disperati. Spesso si comportano così perché è più facile dare aiuto anziché chiederlo. E’ un modo per annullare il proprio bisogno di affetto. Un altro modo per allontanarsi dalla vita autentica.

La vittima : succede sempre tutto a lui o lei. E’ anche questo un modo per attirare l’attenzione. Un grido d’aiuto per poter ottenere affetto e considerazione.

L’indifferente : ha scelto di allontanarsi dalle proprie emozioni e non esternarle mai. Si difende dall’esterno, nascondendosi dietro l’indifferenza.

Il guerriero: indossa la maschera per poter reagire nei confronti delle avversità, sempre in prima linea, non mostra emozioni come la paura e vuole sempre esercitare il controllo .

Il burlone: colui che reagisce ad ogni circostanza mostrando umorismo. E’ la maschera con la quale pensa di essere accettato. Una volta calata la maschera il timore è quello di non essere accettato così com’è.

Essere autentici

Sono maschere che spesso ci accompagnano per tutta la vita. Nel momento in cui ne prendiamo consapevolezza, inizia però il percorso che ci porta a toglierle. Non è detto che non le si debba più indossare. A volte, come abbiamo visto, ci servono per proteggerci. Ma l’importante è essere presenti e consapevoli quando vogliamo indossarle nuovamente. Non devono essere portate così a lungo da adattarsi al nostro volto. Quando capiamo che non abbiamo più bisogno di protezione, ma possiamo mostrarci con tutta la nostra essenza senza timore di essere giudicati non amati, allora sappiamo che ci siamo accettati, amati. E possiamo finalmente vivere una vita autentica.

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Fare gruppo, sempre

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Investire nella creazione di legami veri ed emotivi fra le persone: sono quelli che durano nel tempo e rendono un gruppo, un team veramente forte. Ho sempre creduto nella forza delle relazioni. Ho sempre pensato che da soli non si possono raggiungere risultati ragguardevoli. Occorre sì avere idee chiare, una visione, ma una buona squadra di collaboratori è fondamentale per poter essere vincenti . Avere una gruppo coeso, forte e motivato è la benzina per poter far funzionare il motore che può portare a correre molto lontano.

Spirito di squadra

Mi è capitato recentemente di riflettere sull’importanza di fare squadra. In una mia recente esperienza professionale mi sono trovata a gestire un gruppo creato per raggiungere la realizzazione di un obiettivo. Il risultato è stato molto soddisfacente. Mi sono stati fatti i complimenti per aver raggiunto il risultato, ma non ho avuto esitazione a condividere con il resto del gruppo la gratificazione. Perché ero consapevole che il buon risultato è stato possibile solo grazie ad un lavoro di squadra, di un team coeso. Quali sono stati i fattori che hanno reso possibili questo risultato? Ne ho ravvisati essenzialmente 3.

1. Chiarezza degli obiettivi

Sembra un’ovvietà, ma se all’interno di un team ciascuno ha un obiettivo chiaro, ben definito siamo già a metà dell’opera. Affidare a ciascun elemento del gruppo un compito preciso, misurabile investe , da un lato, la persona della responsabilità e al contempo la consapevolezza di aver chiara la propria missione. Lapalissiano. Ma non sempre è così. Vi è mai capitato di lavorare in un gruppo in cui regna confusione tra i ruoli? Non avere chiaro quello che è il compito affidato, genera frustrazione. E la frustrazione si trasforma in negatività. Un team all’interno del quale anche una sola persona è demotivata, può creare tensione e generare un clima di scontentezza e di rabbia. Al contrario quando tutti i componenti del gruppo sono sereni, concentrati sul loro obiettivo, si percepisce un’armonia e un’atmosfera molto positiva.

2. Saper comunicare bene

Un altro aspetto fondamentale (che costituisce, a parer mio, quasi il 50% dei buoni risultati raggiunti) è rappresentato dalla buona comunicazione che circola fra i componenti del gruppo. Sono sempre stata contraria all’approccio di molti manager ( non posso definirli leader perché non lo sono) del “Divide et impera”. Creare competizione fra i componenti del team per dare quella grinta che aiuta a raggiungere i risultati. Niente di più sbagliato. Non far circolare le comunicazione, non mettere le persone nella condizione di essere alleate fra di loro, crea quella condizione per la quale le persone sentono di doversi difendere, guardarsi le spalle Quanta energia dispersa nel parare i colpi, invece di impiegarla per il raggiungimento dell’obiettivo comune.

3. Lavorare sui punti di forza di ciascuno

Un altro importante punto fermo da tenere in considerazione è che non siamo tutti uguali. Ogni persona ha una sua caratteristica, un suo differente approccio. Un differente punto di forza. E qui entra in gioco l’ascolto. In generale le persone lavorano meglio magnetizzando le proprie virtù piuttosto che concentrandosi sulle proprie mancanze. Come spiega Swami Kriyananda ne “L’arte di guidare gli altri” concentrarsi sulle proprie mancanze, tende a far sì che l’energia venga assorbita da pensieri negativi, come lo scoraggiamento e l’insicurezza. Quando una persona è, invece, incoraggiata a concentrarsi sullo sviluppo dei propri punti di forza, questi le forniranno presto il magnetismo positivo che serve per combattere le proprie debolezze. Far leva quindi sui punti di forza, le risorse interiori di ciascuno aiuta a creare uno spirito costruttivo nel gruppo.

Gli stili relazionali

Ciascuno di noi ha un differente stile relazionale: saperli comprendere permette di creare dei team adeguati all’obiettivo. Se, ad esempio, occorre lavorare su un progetto in tempi rapidi sarà meglio costruire gruppi omogenei fra di loro. Persone che hanno il medesimo approccio e visione. Personalità analitiche, razionali. Se viceversa occorre essere creativi, sviluppare progetti nuovi, utilizzare la tecnica del brain storming , la diversità fra i componenti del team costituirà un punto di forza. Molte attività di team coaching hanno proprio l’obiettivo di individuare e valorizzare gli stili di ciascuno. Attraverso attività di team building creative si possono riconoscere e valorizzare i soggetti più portati a lavorare in gruppo, quelli più individualisti, ad esempio. In contesti nei quali ci si può collegare con la propria sfera emotiva si possono raggiungere risultati davvero molto interessanti per poter gestire al meglio i team, le squadre. Perché fare gruppo è fondamentale. Sempre. Come diceva il nostro amico Coach Bill Campbell: ” Costruite sempre un gruppo sia in ambito lavorativo che nel tempo libero: in qualunque ambito si è più forti se le persone hanno legato fra di loro”. E’ la forza del gruppo.

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La ripresa: come non disperdere le energie

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Settembre è tradizionalmente considerato come l’inizio di un nuovo anno. Coincide con la ripresa : lavorativa, scolastica. Quest’anno, seppur anomalo, non è diverso dagli altri. Anzi. Mai come il mese di settembre 2020 coincide con un vero e proprio inizio. Un inizio pieno di incertezze, incognite. Certamente. Per questo è importante non disperdere il pieno di energia che si è accumulato durante i giorni di vacanza, che ci siamo concessi più o meno tutti. In ogni caso un’interruzione c’è stata. Quindi il concetto di ripresa ha un forte valore, anche se simbolico.

Il ricordo di un’emozione

Si sa che il mese dedicato alle vacanze coincide con buoni stili di vita. Passeggiate all’aria aperta, maggiore tempo a disposizione. Che cosa avete fatto di nuovo durante il vostro stop dalla solita routine? E soprattutto che cosa vi ha fatto stare davvero bene? Pensateci. Provate a fermare come in un fotogramma quella esatta sensazione di pace, serenità che avete provato. Prendetela e riponete idealmente questo momento magico in una scatola virtuale e apritela tutte le volte che vi sentite stanchi, affaticati. Tornare con la mente a quel preciso istante di benessere, all’emozione piacevole che avete provato vi aiuterà a ricaricarvi e rappresenterà una vera e propria boccata di ossigeno e un’iniezione di energia. Con tutta probabilità saranno ricordi legati alla natura: un bel tramonto, un’alba, una mareggiata. Imprimete nella vostra mente quell’immagine e ricorretevi tutte le volte in cui le cose non girano per il verso giusto. Vedrete che, unito ad un respiro profondo, vi sentirete rigenerati e la mente ritornerà al ricordo piacevole che avete provato dal vivo.

Le buone letture

La ripresa coincide con l’affrontare nuove sfide, professionali e personali. Affrontarle con spirito creativo, positivo può aiutarci a trovare soluzioni più rapidamente. Il periodo delle vacanze coincide speso anche con la possibilità di dedicarsi alla lettura. Leggere un buon libro rende il momento del relax ancora più piacevole. Purtroppo durante l’anno spesso non abbiamo la stessa predisposizione ad estraniarci con la lettura. La nostra mente è impegnata ad affrontare tante scadenze, piccoli o grandi contrattempi. Eppure fermarsi, concedersi il tempo di pensare ad altro può servirci per affrontare il momento critico con uno spirito più costruttivo. Spesso una buona lettura ci dà quel quid, ci accende quella lampadina che può illuminarci in un momento buio. Leggere ci accende la creatività. E ci aiuta ad affrontare meglio la ripresa.

Sassolini bianchi e sassolini neri

A proposito di letture illuminanti – è proprio l’aggettivo appropriata trattandosi di un Geshe, un maestro di insegnamenti buddisti- quest’estate ho letto un libro consigliatomi dalla mia amica Nathalie, che ringrazio di cuore. “Il tagliatore di diamanti” il titolo e Geshe Michael Roach l’autore. Il libro contiene tanti spunti, riflessioni, consigli utili per affrontare la nostra quotidianità con spirito positivo, compassionevole e con una forte ispirazione etica. Tra i vari insegnamenti, ho trovato particolarmente interessante una semplice, ma efficace abitudine dei primi buddisti tibetani, noti con il nome di Kadampas. Erano persone semplici, pastori, piccoli contadini. Nella loro semplicità si portavano dietro piccole borse piene di sassolini, metà bianchi, metà neri : quando avevano un pensiero buono , o dicevano qualcosa di molto positivo ad un’altra persona o si comportavano con qualcuno in modo gentile, tiravano fuori un sassolino bianco e lo mettevano nella tasca sinistra. Ogni volta che avevano un pensiero negativo su qualcuno oppure facevano o dicevano qualcosa di poco gentile nei confronti di un’altra persona, tiravano fuori un sassolino nero e lo mettevano nella tasca destra. Alla fine della giornata, appena prima di andare a dormire, tiravano fuori tutti i sassolini dalle tasche e contavano quanti erano i bianchi e quanti i neri. Semplice vero? Ma decisamente utile per avere una consapevolezza sui nostri pensieri. Avere una mente più “bianca” ci fa vivere decisamente meglio. Avere un approccio più aperto, disponibile, gentile ci aiuta a vivere con uno spirito più sereno, positivo. In pace. Ci aiuta ad affrontare la vita con maggiore ottimismo e con uno spirito di grande apertura. Un sentimento che si ripercuote anche sulla nostra salute, vista la profonda correlazione fra mente e corpo. Un approccio utile, costruttivo anche per affrontare la ripresa.

Volgere al positivo

Un altro consiglio utile per poter affrontare al meglio la ripresa è anche quello di volgere tutte i nostri pensieri al positivo. Focalizzarci su ciò che abbiamo, non su ciò che non abbiamo. Allenare la nostra mente a vedere il bello che la vita ci dona. E’ una visione della vita che aiuta a esaltare gli aspetti positivi, non le mancanze. Provate a inserire nel vostro vocabolario solo parole con accezioni positive, non sostantivi che racchiudono in sé mancanze. Provate a bandire parole che da sole evocano sentimenti di tristezza e di negatività. E non dimenticatevi di tenere sempre a portata di mano il vostro taccuino della gratitudine: ogni sera, prima di andare a dormire, segnate 3 cose o persone per cui vi sentite grati. E’ un ottimo modo per affrontare la ripresa. Positiva, ovviamente.

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Abbiamo una grande opportunità: scegliere

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Il libero arbitrio è il concetto filosofico secondo il quale ogni persona ha la facoltà di scegliere gli scopi del proprio agire e pensare. La possibilità di operare una scelta ha origine nella persona stessa e non in forze esterne. E’ un potere immenso. Ma spesso non ce ne rendiamo conto. La possibilità di scegliere è davvero un concetto potente. E’ vero che è anche correlato alla responsabilità. ma questo ne rafforza, se possibile, ancora di più il valore. Siamo noi ad avere la possibilità di scegliere la nostra vita, cambiare, evolverci, crescere.

Durante un corso di al quale avevo partecipato ci avevano chiesto le ragioni per le quali il Coaching si è diffuso dapprima nei paesi anglosassoni e più tardi invece nei paesi mediterranei. La risposta risiedeva proprio nel fatto che il concetto di libero arbitrio fosse più diffuso nei paesi meno permeati dalla cultura cristiana, dove il concetto di libero arbitrio stentava a conciliarci con l’onniscienza e l’onnipotenza divine. E questo è stato per anni un tema dibattuto nella teologia cristiani. Ma noi siamo laici.

Scelgo ergo sum

Prendiamo a prestito il razionalismo cartesiano ( mi scuso in anticipo con Cartesio) per affermare appunto che la possibilità di scegliere è una facoltà dell’essere umano. Quante volte ci è capitato di pensare : ” Vorrei cambiare la mia vita, vorrei cambiare lavoro, ma non posso”? Siamo davvero sicuri che non possiamo? Siamo arbitri del nostro destino e siamo in grado di poter scegliere cosa è meglio per noi, cosa ci fa stare bene. Esaminiamo quali sono le cause che spesso ci impediscono di prendere decisioni e scegliere. Lo sapevate chi è il nemico numero uno? Siamo noi. Sì proprio noi, la nostra vocina interiore che ci impedisce di operare le giuste scelte. Sono le cosiddette convinzioni autolimitanti, i nostri sabotatori interiori che spengono i nostri entusiasmi.

Il nostro critico interiore

A dire la verità non ne esiste uno solo di critico interiore, ce ne sono addirittura 4:

1) Il preoccupato

2) il critico

3) il perfezionista

4) la vittima

Il preoccupato è colui che si spaventa di fronte ad ogni novità, al cambiamento. Vede sempre il dramma dietro ogni cosa.

Il critico è colui che, qualsiasi cosa noi facciamo giudica, pontifica, mette in luce gli aspetti negativi della situazione.

Il perfezionista è colui che non è mai soddisfatto, alza sempre l’asticella, ma non lo fa per un bisogno di realizzare cose e situazioni alla perfezione, ma solo per il puro gusto di boicottarci.

Infine la vittima: colui al quale va sempre tutto male, colui secondo il quale succede tutto a lui, ha, insomma, la sindrome del brutto anatroccolo.

Vi riconoscete? Qual ‘è il vostro sabotatore? Non è solo uno? Sono di più? C’è una buona notizia: come un ordigno, il nostro critico interiore può essere disinnescato. Come? Innanzitutto diamogli un nome. Un nome magari buffo per, da un lato, ridimensionarlo e dall’altro per prendere consapevolezza che è qualcosa esterno da noi. Poi facciamo parlare con una vocina ridicola. Gli togliamo potere e autorevolezza. Terzo: iniziamo un dialogo con il nostro censore interno. Smontiamo pezzo a pezzo tutte le sue convinzioni. E’ come se ci vedessimo dall’esterno. E’ più facile se dialoghiamo con qualcuno che non siamo noi. Siamo più oggettivi, lucidi e sappiamo anche dare i consigli giusti. Non è cosi che facciamo con un amico o un’amica? E’ più semplice vedere una situazione dall’esterno., perché non siamo coinvolti emotivamente. Comportiamoci così con il nostro spiritello interiore. Una volta che lo abbiamo identificato, etichettato, ridicolizzato, possiamo davvero metterlo da parte e prendere una nuova consapevolezza di noi.

Valorizziamo le nostre risorse

Una volta uscita dalla gabbia interiore nella quale noi stessi ci siamo infilati, siamo finalmente liberi di scegliere, non prima di aver messo in luce le nostre doti, qualità, risorse. Siamo più portati facilmente a essere amorevoli, compassionevoli con gli altri e meno con noi stessi. Perché? Vogliamoci più bene, trattiamoci con gentilezza. Prendiamoci più cura di noi, rispettiamoci. Prendiamoci le giuste pause, non assegnamoci compiti che non vorremmo mai affidare agli altri. Prova a fare questo esercizio: scrivi le qualità per cui ti senti soddisfatto di te stesso. Poi fai un elenco di doti per le quali sei apprezzato dagli altri. E’ una bella azione di autostima. Quindi, per finire, scriviti una lettera, augurandoti tanto bene.

Il tempo di scegliere

Ora che hai disinnescato il tuo sabotatore, hai evidenziato le tue risorse come ti senti? Non ti sembra che sia giunto il momento di scegliere? Sei proprio sicuro che la vita che stai conducendo è in linea con il tuo essere più profondo? Pensa cosa è meglio per te e che cosa ti fa stare bene. La scelta di chi vuoi essere e di che vita vuoi condurre è solo in tuo potere. Il potere di scegliere.

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5 strategie per stimolare la motivazione

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Non so voi, ma io sento nell’aria un calo della motivazione. Passata l’euforia ( si fa per dire) per essere usciti dal lockdown, questa incertezza dominante ha prodotto una forma di depressione generalizzata. Continuiamo a vivere una vita sospesa, anche adesso, seppure all’aperto e con mascherina, ovviamente. Non si può pianificare, non si possono fare programmi neanche di breve periodo. Per i più fortunati un programma a breve c’è: le vacanze. Ma per chi deve continuare a svolgere la propria attività, soprattutto per coloro i quali va pianificato e riprogrammato il proprio business dopo il calo causato dalla pandemia, per i micro e piccoli imprenditori c’è bisogno di dare una nuova spinta motivazionale.

Un’iniezione di positività

Non è facile guardare il futuro con ottimismo, specie se si è registrato un importante calo di fatturato e si hanno dei dipendenti . Penso a tutta la filiera del turismo, gli organizzatori di eventi che stentano a riprendere la loro attività. Settori per i quali non è facile ritrovare la motivazione. La motivazione per loro è sempre stata la passione, l’entusiasmo con il quale hanno sempre svolto il loro lavoro. La motivazione sono i loro clienti. Ma se ora i clienti non arrivano ? Non possiamo farci prendere dallo sconforto, perché significa perdere la motivazione e senza l’energia vitale come si può affrontare il futuro? Sappiamo che l’autostima e la fiducia in se stessi sono il primo motore per poter procedere . Una buona dose di autostima innesca meccanismi di positività, una forza propulsiva, un booster per ingranare la marcia e rimettersi in carreggiata. Pronti per ripartire.

1. Accresci la tua autostima

Nel libro “I 6 pilatri dell’autostima” Nathaniel Branden dimostra l’importanza della stima per sé per la nostra salute psicologica, per conseguire successi personali, per la ricerca della felicità e le nostre relazioni personali. Secondo Branden i sei pilastri dell’autostima consistono nel vivere consapevolmente, nell’accettazione, nella responsabilità, nella sicurezza di sé, nel porsi degli scopi e nell’integrità personale. Sono punti fondamentali- dei veri e propri pilastri, appunto- per poter condurre una vita equilibrata e serena. A dispetto delle condizioni esterne, delle contingenze, una buona dose di autostima ci consente di poter affrontare le avversità con uno spirito positivo e costruttivo. Ma quando la motivazione vacilla’? Un buon Coach farebbe fare degli esercizi per poter fare uno screening del proprio livello di autostima per focalizzarsi sui successi conseguiti, ad esempio. Provateci : prendete carta e penna ( o il solito taccuino) e scrivete 10 successi che avete conseguito nella vostra vita. Possono essere in tutti gli ambiti: personale, professionale. Anche quelli che avete conseguito da bambini: come quella volta che , a 7 anni, durante il saggio di pianoforte con un coetaneo, non ci si è persi d’animo quando il compagno ha sbagliato le note e siete riusciti a proseguire fino alla fine ( è un esempio che ho preso dalla realtà e che mi ha raccontato recentemente una mia Coachee). Qui sotto trovate, invece, una serie di esercizi da realizzare per 5 settimane per accrescere la vostra autostima. Una volta che avete terminato il ciclo, se volete scrivetemi, e ci confronteremo.

2. Fissa ogni giorno un obiettivo

Ha fatto il giro del mondo il video dell’Ammiraglio William MrRaven, nel quale spiega come un semplice gesto, come rifarsi il letto tutte le mattine, può – come dice lui – cambiare il mondo. Fuor di metafora, il messaggio del militare è semplice: ogni giorno portiamo a termine un compito, raggiungiamo un obiettivo, anche se micro. Ne beneficia la nostra autostima. Ne risente la nostra motivazione. Significa riuscire a portare a compimento quello che ci prefiggiamo. E’ importante. Quindi, anche in questo periodo in cui il contesto storico non è dei migliori, poniamoci dei piccoli obiettivi tutti i giorni. Portiamoli a termine. Tutte le mattine ci svegliamo, prendiamo il nostro prezioso taccuino e scriviamo il nostro obiettivo della giornata. Pensate alla soddisfazione quando riprenderete la vostra penna o matita per scrivere accanto: fatto! Un’iniezione di ottimismo si irradia in tutta la vostra mente e vi sentite soddisfatti di voi. Provateci e fatemelo sapere, mi raccomando.

3. Definisci le priorità

Essere organizzati e concentrati su ciò che è davvero utile e produttivo è importante. Focalizzarsi magari su uno due impegni massimo, ma farli bene e portarli a termine con successo. Quante volte perdiamo, invece, energie nel fare cose che non sono prioritarie per noi? Talvolta ci perdiamo in rivoli di incombenze, che non ci portano da nessuna parte. Anche qui chiarezza e focus su ciò che può aiutarci a generare risultati concreti. E tangibili. Basta sprecare il nostro tempo. Il tempo è prezioso.

4. Fai attività fisica e una passeggiata consapevole

Una buona passeggiata, una corsetta possono aiutarci a ossigenare il nostro cervello e rendere più chiari i nostri pensieri. Spesso è durante l’attività fisica che ci si presentano le idee migliori. Gli insight, le intuizioni ci possono proprio venire nel momento in cui non siamo concentrati a pensare all’idea che proprio ci viene. E così magicamente la soluzione alla quale pensavamo da tanto si palesa all’improvviso. Anche camminare con consapevolezza, vale a dire concentrati su ciò che stiamo facendo è un buon metodo per raccogliere i pensieri e fare chiarezza. E’ ancora una volta il metodo dell’hic et nunc. Qui e ora. Siamo presenti. Sempre.

5.Lascia andare

Impara a liberarti di tutti quei pensieri negativi che rappresentano un blocco. Se cambiamo la prospettiva dalla quale vediamo una situazione, cambiamo la reazione emotiva che ne scaturisce. Talvolta è il nostro filtro mentale che ci impedisce di vedere la realtà delle cose. Impariamo a lasciar andare e a non trattenere le emozioni negative. Liberiamoci dalle nostre convinzioni limitanti. Potremo così recuperare la giusta motivazione e diventare consapevoli di ciò che ci è veramente necessario. Quando cambiamo il modo di guardare le cose, cambiamo anche il nostro punto di vista. E diventiamo liberi. Liberi di scegliere quello che ci fa stare bene ed essere felici. Se non è motivazione questa!

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Voglia di cambiamento

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Mai come in questo periodo abbiamo assistito a cambiamenti nella nostra vita. Cambiamenti dapprincipio subiti, ma se fosse giunto il momento di approfittare di questa situazione per prendere in mano la nostra vita? Potrebbe essere arrivato il momento del coraggio. Il coraggio di lasciare definitivamente una vita che ci era diventata stretta. Un evento esterno, come può essere stato il lockdown causato dal Covid 19, può aver accelerato un processo già in essere, ma di cui eravamo ancora inconsapevoli.

Se da un problema scaturisce sempre un’opportunità, infatti, forse vale la pena fermarsi a riflettere se è arrivato il momento di operare un cambiamento. Quel cambiamento tanto agognato e magari mai confessato neppure a noi stessi. Il cambiamento è una questione di equilibrio, tra quello che siamo e quello che vorremmo essere. Già, ma come vorremmo essere?

Come vogliamo essere

Il lockdown ci ha posto di fronte ad un nuovo stile di vita. In famiglia, al lavoro. E se avessimo scoperto che la vita che conducevamo prima della pandemia non fosse quella autentica, quella che ci faceva essere in linea con il nostro io più profondo? Magari abbiamo scoperto che si può vivere con ritmi più rilassati, meno frenetici. Che non dobbiamo correre come un criceto sulla ruota. Ma abbiamo bisogno di tempi più rilassati. Di essere più “umani”. Come poterlo capire? Innanzitutto facendosi delle domande. Porre le domande, le cosiddette “powerful question” sono quelle che il Coach pone al suo Coachee. Sono quelle domande scatenano un uragano di pensieri, emozioni. E ascoltandosi.

Sono felice?

La prima domanda da porsi è molto semplice” Sono felice della mia vita?”. Domanda esistenziale. Spesso ci troviamo a rivestire un ruolo, in famiglia, sul lavoro senza esserne consapevoli. Come un soldatino che a testa bassa marcia sul percorso che il comandante gli ha indicato. Senza pensieri e senza chiedersi il perché. Il lockdown è come se ci avesse permesso di alzare la testa, guardare il cielo e respirare un’aria diversa. Un’aria che abbiamo percepito con un profumo diverso. Abbiamo visto che la Natura durante la pandemia si è riappropriata dei suoi spazi. Il paesaggio ha assunto dei colori e delle sfumature diverse. E’ come se avessimo potuto vedere il mondo con lenti diverse. Prima erano offuscate, ora sono diventate più nitide.

Altre domande potenti

Proviamo a porci un’altra domanda: ” Come è cambiata la mia vita durante il lockdown’? ” Come mi sono sentito? ” Sono disposto a tornare a vivere come prima ? ” A cosa non posso più rinunciare? Magari scopriamo proprio che non siamo più in grado di rinunciare a passare più tempo insieme alla nostra famiglia. Oppure, può anche accadere che ci si renda conto che si possa vivere in maniera più essenziale. Che eravamo storditi dal superfluo, dal bisogno di accumulare sempre, senza però mai godere di quello che avevamo. Fermarsi, godere di quello che abbiamo. E’ come se la pandemia, per certi aspetti, ci avesse aperto gli occhi. Non è detto che si sia diventati persone migliori. Siamo semplicemente diventati noi stessi. E’ poco? Assolutamente no. E’ una grande conquista. Forse è giunto il momento per vivere una vita autentica. La nostra vita.

E’ sempre il momento giusto per cambiare

Non esiste il momento giusto per mettere in discussione la propria esistenza. Il momento giusto è quando è arrivato, il momento, punto. Può essere un fattore esterno, il Covid, ad esempio. Può essere un episodio sul lavoro. Un segnale che ci lancia il nostro corpo. L’importante è saperlo cogliere. La vita spesso ci lancia dei segnali. Bisogna saperli cogliere, decifrarli e agire. Ci sono tante persone che hanno stravolto la propria vita e sono felici. Come la mia amica e insegnate di yoga, Mara Valenti, ex docente di Diritto Internazionale alla facoltà di Scienze Politiche di Milano, alla quale la vita accademica era diventata pesante e , con grande coraggio, senza paracadute, ha lasciato la sua promettente carriera universitaria per diventare insegnante di meditazione e yoga. Mara ha avuto tanto coraggio, non è stato facile. Ma ha saputo cogliere i segnali che il suo corpo le inviava, ha saputo mettersi in ascolto e operare la sua scelta. Ora è sicuramente più felice di quanto non lo fosse prima. La sua vita è cambiata, tanto. Ma ora conduce la vita che è in linea con le sue aspirazioni più profonde.

L’autostima

Bisogna avere una giusta dose di coraggio per porre in essere un cambiamento, ma bisogna anche essere consapevoli di avere a disposizione strumenti e risorse adeguate. Un buon grado di autostima, la consapevolezza che a prescindere dei contesti in cui operiamo siamo in grado di affrontare la situazione. Riflettere su chi siamo e su cosa siamo riusciti a costruire è un buon punto di partenza. Se in altre circostanze siamo stati in grado di affrontare con successo le situazioni, significa che saremo in grado anche di affrontare l’ignoto. Fiducia in se stessi, fiducia nelle proprie capacità : è questo l’approccio utile per porre in essere quel processo che può innescare il cambiamento. Un buon dialogo interiore , una buona relazione con noi stessi. Una consapevolezza di quelle che sono le nostre passioni. Proviamo a partire proprio da qui. Con una semplice domanda’ “In che cosa sono bravo”? “Qual era la mia qualità principale quando ero piccolo?” Magari scopriamo che quello che abbiamo sempre desiderato, perché legato alle nostre passioni, non è stato poi quello che abbiamo scelto come professione. Proviamo a tornare a quel momento, a quando facevamo cose che ci facevano sorridere il cuore. Proviamo a riconnetterci con la nostra passione. Ritorniamo così alla piena sintonia di chi siamo e quello che vorremmo essere.

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Le soft skills più richieste in azienda

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Il tormentone ” non sarà più come prima”, investe anche le soft skills richieste in azienda? Ovviamente la risposta non può che essere sì. In un mondo in cui gli scenari cambiano così rapidamente, occorre una capacità di adattamento fuori dal comune.

Viviamo in un mondo Vuca ( volatile, incerto, complesso e ambiguo), l’acronimo coniato per la prima volta dagli esperti di leadership Warren Bennis e Burt Nanus, in un’epoca non sospetta, quando il Covid non si era ancora palesato. Pensiamo come gli scenari si sono modificati oggi: lockdown, distanziamento sociale, smart working. Un’accelerazione che neanche i futurologi più esperti avrebbero potuto immaginare. Le doti maggiormente richieste e necessarie non possono quindi che essere quelle legate alla capacità di adeguarsi alla nuova situazione, una mentalità capace di anticipare , orientata al problem solving costante e continuo. Ma vediamo quali sono secondo una recente indagine, condotta da Linkedin, le soft skills più richieste alla luce dei nuovi scenari.

1.Creatività

Una mente aperta, con una forte orientamento a trovare soluzioni rapide alle mutate contingenze è diventata imprescindibile. Abbiamo dovuto rivoluzionare la nostra vita in un lasso di tempo brevissimo. Ci siamo adattati ad una realtà lavorativa di cui si parlava da anni – lo smart working-, ma che le Aziende tardavano a introdurre, soprattutto per un così elevato numero di lavoratori. Una mente creativa, capace di trovare soluzioni in tempi super rapidi è sicuramente da prediligere rispetto ad una personalità più resistente al cambiamento. Perché una mente creativa e sicuramente orientata al problem solving. Ma come coltivare questa soft skill, divenuta sempre più apprezzata?

Come coltivare la creatività

Si sa che noi italiani abbiamo una particolare propensione a questa qualità. Siamo il popolo creativo per antonomasia. La creatività è stata il nostro marchio di fabbrica. E’ nel nostro dna. Ma possiamo anche coltivare e sviluppare un approccio creativo. In azienda spesso si organizzano e realizzano porgetti volti a stimolare questa soft skills: team building, team coaching. Noi dal canto nostro abbiano realizzato un progetto volto proprio a sviluppare questa caratteristica attraverso laboratori creativi, come quelli che realizziamo nel percorsi di Art Coaching. Spesso rimaniamo stupite noi stesso nel vedere la grande abilità creativa che i partecipanti sanno esprimere attraverso le attività ispirate all’arte. Un altro stimolo per sviluppare questa soft skills è anche sforzarsi di uscire dalla nostra zona di comfort e realizzare cose che non avremmo mai fatto.

Un utile esercizio

Un esercizio che spesso consiglio ai miei Coachee è quello di fare ogni giorno, per 15 giorni, una cosa che non avevano mai fatto prima. In questo caso lo stimolo alla creatività è duplice: da un lato sforzarsi di trovare, ogni giorno, qualcosa di nuovo da realizzare, dall’altro mettersi a realizzare l’attività che si è immaginata. Più facile a dirsi che a farsi. Provate a mettervi alla prova. Ogni giorno. per 15 giorni. Abituiamo così il nostro cervello a sforzarsi ad adottare comportamenti che non siano ripetitivi e abitudinari. E’ l’esercizio giusto per uscire dalla nostra zona di comfort. E stimolare la creatività.

2. Persuasione

La capacità di influenzare gli altri attraverso l’esempio è una qualità intrinseca di un leader. L’autorevolezza, l’essere un modello a cui ispirarsi è una delle soft skills più apprezzate nella leadership. Fondamentali buone capacità di comunicazione, ma anche chiarezza di pensiero, capacità di argomentare le proprie idee. Aggiungo che un comportamento etico e socialmente responsabile sono altre qualità fondamentali. Soprattutto in questo periodo storico avere atteggiamenti e comportamenti improntati ad una serie di valori condivisi nel rispetto del bene comune sono stati essenziali. Soprattutto in periodi di incertezza e volatilità poter contare su una guida nella quale riporre fiducia e consenso fa la differenza. Significa anche saper ispirare comportamenti virtuosi. Perché in un contesto nel quale non si hanno tante certezze ” fai sì che siano i tuoi valori a fare da guida” come ha detto Jeremy Hunter, Coach, tra i relatori durante il World Business and Executive Summit.

3. Collaborazione

Il lavoro di squadra è essenziale per poter raggiungere meglio i risultati. I team, che operano come comunità , collaborando fra di loro, mettono da parte le differenze per essere singolarmente e collettivamente concentrati sul bene dell’azienda. Per questo bisogna fare molta attenzione alla composizione del team. Saper scegliere le persone individualmente, capire cosa le rende diverse per poi integrarle con il resto del gruppo. Persone dal grande potenziale, ma capaci di agire da “solisti” non funzionano in un’organizzazione nel quale il lavoro di squadra è fondamentale. Saper motivare il gruppo instaurando un clima di collaborazione e fiducia è uno degli obiettivi di un buon leader . Creare un clima di collaborazione, individuare un obiettivo condiviso è fondamentale per il il successo del team e di conseguenza dell’azienda. Per questo è importante creare situazioni in cui la collaborazione venga sviluppata come soft skills. Anche in questo caso attività di team building, di team coaching sono importanti per raggiungere questo risultato. Un’esigenza quanto mai necessaria in questo momento in cui le attività di smart working stanno facendo venir meno occasioni di collaborazione fra colleghi. L’energia che si sviluppa nella condivisione è importante per poter raggiungere risultati importanti e di adesione ad un progetto. Per questo ritengo che anche in questo periodo di distanziamento sociale, imposto dalle condizioni di emergenza, sia comunque importante creare momenti di condivisione, di team building, anche da remoto. Mantenere lo spirito di squadra è quanto mai fondamentale.

4. Adattabilità

Abbiamo visto che il sapersi adattare al cambiamento è una soft skills essenziale, non solo in questo periodo storico. Per sviluppare questo approccio bisogna coltivare la capacità di saper vedere le situazioni sempre da prospettive diverse. Il later thinking, la capacità di osservare la situazione da diverse angolazioni . Per sviluppare questa abilità è importante essere aperti a nuove esperienze, nuove competenze. Anche i viaggi e le letture ci aiutano a cambiare le prospettive. Ci danno quegli strumenti per conoscere punti di vista differenti. Ancora una volta bisogna saper uscire dalla comfort zone. Coltiviamo la curiosità, lo stupore. Una mente allenata a vedere come la vita possa essere vissuta in maniera diversa. Non dando mai nulla per scontato.

5.Intelligenza emotiva

E’ questa, a mio parere, la madre di tutte le soft skills. L’intelligenza emotiva ci offre una serie di capacità e di abilità che ricomprendono tutte le altre: la capacità di ascoltare, di persuadere, di collaborare, di motivare. E’ la capacità di percepire, valutare, rispondere alle proprie emozioni e a quella degli altri. E’ empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri. Saper anticipare i bisogni e talvolta anche le nuove direzioni. La capacità di ispirare e guidare gruppi di persone.

Competenze personali e sociali

Tutto ciò perché l’intelligenza emotiva, come ben spiega Daniel Goleman nel suo libro “Come lavorare con intelligenza emotiva” può contare su un insieme di competenze sia personali che sociali. Per quelle personali, determina il modo in cui controlliamo noi stessi attraverso la consapevolezza di sé, vale a dire la conoscenza dei propri stati interiori , la padronanza di sé cioè la capacità di dominare i propri stati interiori , la motivazione, cioè la comprensione delle tendenza emotive che facilitano il raggiungimento degli obiettivi. Per quanto concerne le competenze sociali, comprende la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e degli interessi altrui, vale a dire l’empatia oltre a una serie di abilità : una buona capacità di comunicare, la capacità di ispirare e guidare gli altri, la capacità di risolvere i conflitti, la capacità di alimentare e favorire relazioni, la collaborazione e cooperazione, la capacità di lavorare in team. Caratteristiche tutte che consentono anche di portare valore. E valori. Perché siano la nostra guida.

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La leadership ai tempi del post-Covid

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Se nulla sarà più come prima, dovremo anche pensare ad un nuovo modello di leadership. Magari anche ispirandoci a Bill Campbell, il “Coach da un trilione di dollari” , come è stato definito nel recente “Manuale di Leadership del Coach nella Silicon Valley”. Campbell è stato mentore di Steve Jobs, Larry Page, Erich Schmidt, fra gli altri e Coach di decine di leader degli Stati uniti. Perché ispirarsi a colui che è stato definito il Coach dei team? Perché secondo Campbell le persone devono essere al centro. Le priorità assolute di un manager sono il benessere e il successo delle persone con cui lavora. Campbell era una persona molto empatica. Il suo tratto caratteristico e distintivo era abbracciare le persone. Abbracciava tutti. Certo, in epoca di Covid19 avrebbe dovuto anche lui trattenersi da questa sua espansività, ma si sarebbe sicuramente preoccupato della salute, del benessere delle persone. In caso di smart working avrebbe cercato di trovare quelle condizioni per le quali le persone si sarebbero sempre sentite al centro e parte di un team.

Il team come parte di una comunità

Perché uno dei limiti dello smart working è proprio quello di non sentirsi più parte di un team. E’ questa una delle ragioni per le quali, dopo un’iniziale momento di entusiasmo, molti lavoratori con lavoro agile hanno cominciato a non apprezzare più questa modalità. Gli studi indicano che quando le persone sul posto di lavoro sentono di essere parte di una comunità, che le supporta, si impegnano di più e sono più produttive. E’ quindi compito del leader fare in modo che, anche a distanza, il gruppo si senta coeso. Fondamentali riunioni, magari quotidiane, per poter condividere idee, avanzamenti dei progetti . Ma anche attività di team coaching che abbiano la finalità di far emergere nuove consapevolezze in un’ottica di gruppo. Oppure come gli “Smart team building“, attività di gruppo che possono essere realizzate grazie all’utilizzo di piattaforme in maniera creativa e coinvolgente.

Sviluppare la resilienza

La leadership in epoca di post-Covid deve sapere creare le condizioni per portare il team ad essere resiliente. Secondo un recente articolo apparso sulla Harvad Business Review, è possibile che i leader possano lavorare sullo sviluppo della resilienza anche in remoto. Due sono i fattori su cui concentrarsi : le persone e le prospettive. Per il primo è fondamentale conoscere i fattori di resilienza del team. Secondo gli psicologi sono 3 i “fattori protettivi o di facilitazione” che possono predire se le persone saranno resilienti: alti livelli di fiducia nelle proprie capacità, routine disciplinate per il loro lavoro, infine sostegno famigliare o sociale.

La persona al centro

Nello stile di Campbell, fondamentale è dialogare con le proprie persone e creare quelle condizioni per cui i team possano avere sicurezza psicologica, perché, pur sapendo di lavorare in condizioni critiche , sanno di poter contare sul supporto del proprio manager. Nella leadership post-Covid diventa prioritario, dunque, spendersi in prima persona per capire come il collaboratore si trova a lavorare in smart working, in che modo pianifica la programmazione del proprio lavoro, come poterlo supportare negli impegni di vita propria e famigliare. L’ascolto dei bisogni diventa quindi essenziale per costruire una squadra coesa, motivata, supportata e resiliente. Costruire un pensiero collettivo nel quale ciascuno è parte di un’insieme. Avere anche obiettivi chiari, per costruire fiducia nel fatto che il team può fare la differenza. Creare le condizioni per costruire sicurezza, chiarezza, significato, affidabilità all’interno del team.

La comunicazione diventa strategica

Nella leadership post-Covid la comunicazione interna diventa fondamentale anche per poter gestire tutte le emozioni generate dalla pandemia: paura, tristezza, preoccupazione per il futuro, ma anche speranza. In un recente studio condotto dallo Iulm si evidenzia come la comunicazione interna aziendale sia in crescita anche in epoca Covid. Si è rivelata uno strumento strategico per poter gestire le situazioni di crisi. Le aziende infatti hanno bisogno di persone che trasmettano i loro comportamenti di valore. Stiamo vivendo un momento storico nel quale i valori vanno trasformati in virtù per porre in essere comportamenti virtuosi. La pandemia ci ha insegnato che siamo tutti connessi, che il rispetto per sé significa rispetto anche per gli altri. E’ fondamentale quindi il coinvolgimento delle persone.

Prospettiva : opportunità di apprendimento

Una buona leadership dovrà anche focalizzare le opportunità di apprendimento che si trovano all’interno delle avversità. E’ un approccio che Robert J.Thomas ha evidenziato nel suo libro “Crucibles of Leadership” e che ha definito ” riformulare la tensione”. Mettere in luce le opportunità piuttosto che i fattori negativi. Evidenziare, ciò che il team sta imparando dalla situazione di avversità rafforza i 3 fattori protettivi: fiducia, routine disciplinata e supporto. Qualsiasi crisi è fondamentale per sviluppare la resilienza . Saper affrontare e superare situazioni di crisi crea persone e leadership resilienti.

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La ripartenza : 5 consigli per gestirla al meglio

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Il conto alla rovescia per la ripartenza è cominciato. Mancano solo 2 giorni alla riapertura e alla fine, almeno in parte, del lockdown. Come ci sentiamo di fronte a questa data? Che sentimenti proviamo? Per molti sarà una vera liberazione. Soprattutto per coloro per i quali l’assenza di attività di fisica è stata vissuta come una grande privazione. Anche per coloro che non hanno visto i loro “congiunti”, il sostantivo della settimana. Ci saranno coppie che si ritroveranno dopo quasi due mesi di isolamento sociale. E per loro sarà bellissimo. Ma esiste anche una fascia della popolazione un po’ smarrita di fronte a questa apertura. Per loro la ripartenza può essere fonte anche di ansia. Sono le persone per le quali uscire dallo spazio protetto della propria abitazione, un vero e proprio rifugio in questi giorni, può dar luogo a qualche preoccupazione

Vivere protetti

C’è un termine inglese che descrive benissimo il sentimento di sentirsi protetti, coccolati, come all’interno di un bozzolo. Il termine è cocooning e letteralmente significa : ” Trasformare la propria abitazione in un ambiente, confortevole, protettivo, concentrandovi la maggior parte delle attività del tempo libero”. Vivevamo in una condizione di cocooning, e non lo sapevamo. Sapevamo però che eravamo e siamo ancora protetti. Tutto accadeva al di fuori delle nostre mura. I telegiornali ci raccontavano che fuori c’era una guerra con persone che soffrivano, con eroi che li curavano. Ma tutto era al di fuori di noi. Eravamo anche convinti che dopo la fase 1, entrati nella fase 2 , tutto sarebbe finito, il virus sarebbe magicamente scomparso.

La nostra zona di comfort

Perché vivere nella nostra comfort zone significava essere protetti e quasi invincibili. Per questo la ripartenza sarà una fase delicatissima. Ci catapulta improvvisamente in un nuovo mondo. Eravamo entrati in un mondo, quelle delle nostre abitazioni prima del lockdown, l’isolamento sociale e ora ne usciamo per entrare in una altro ancora sconosciuto. Per questo la ripartenza può essere una fase molto delicata. Alla stregua dell’inizio dell’emergenza. Esaminiamo quindi una serie di consigli che possono esserci utili per affrontarla nel migliore dei modi.

1. Riparti con cautela

Dopo una resistenza iniziale perché privati della nostra libertà, ci siamo abituati al nuovo ritmo. Un ritmo più lento. Si è parlato di tempo sospeso, un tempo quasi rarefatto. Per questo il passaggio nella fase 2 deve essere fatto con la stessa andatura. Manteniamo lo stesso ritmo che abbiamo acquisito. Non mettiamoci a correre in maniera scomposta, senza la giusta andatura. Rispettiamo i nostri nuovi tempi, quelli che abbiamo acquisito durante la nostra pausa forzata. Del resto abbiamo acquisiti un ritmo più coerente con il nostro tempo interiore. Manteniamo la stessa frequenza. Prova a domandarti: qual è la mia frequenza oggi? Memorizzala e quando ti troverai nella nuova fase, tienila sempre a mente. Tutte le mattine prima di iniziare la giornata sintonizzati sulla frequenza. La sera prima di andare a dormire: ” Ho mantenuto la stessa frequenza?” Se la risposta è sì, vuol dire che sei riuscito a rispettarti e rispettare i tuoi nuovi tempi. Ottimo!

2. Mantieni un’abitudine che hai acquisito

Il maggior tempo a disposizione nella fase di lockdown ci ha permesso di introdurre nuove abitudini nella nostra vita. Abbiamo introdotto magari un hobby, un’attività. Bene, cerca di mantenerla. Se ti ha fatto bene in questa fase di isolamento ti farà bene anche quando ti riapproprierai della tua vita. Io, ad esempio, ho inserito nella mia routine le lezioni di yoga al mattino, appena sveglia. Bene, è un’abitudine a cui non voglio più rinunciare. Basta puntare la sveglia mezz’ora prima del solito e i benefici di una buona pratica di yoga si faranno sentire per tutta la giornata. Un buon equilibrio tra mente e corpo, risultato straordinario.

3. Coltiva la pazienza

Avremo bisogno di molta pazienza nei giorni che ci attendono alla ripartenza. Le regole del distanziamento sociale sui mezzi pubblici, nei negozi ci imporranno lunghe code. Sappiamo che noi italiani siamo poco avvezzi a stare in attesa a lungo negli incolonnamenti. Ma questa sarà la nuova realtà che ci attende. Un buon libro, cartaceo o digitale, potrà farci compagnia nelle lunghe attese. Avere impegnata la mente ci aiuta a non concentrarci sul tempo di attesa. Pensare, immaginare, fantasticare ci aiuta a distrarsi. Un altro utile consiglio? Un taccuino su cui annotare idee, pensieri, intuizioni . La creatività può essere un valido alleato.

4. Pratica l’accettazione

Essere osservatori dei propri pensieri senza giudicarli è un’ottima pratica di Mindfulness. Invece di combattere i pensieri negativi, si possono accettare e magicamente il sentimento che li ha generati scompare. Uno studio sul dolore ha messo in luce il fatto che la sua accettazione riduce effettivamente il dolore. L’accettazione è l’opposto della resistenza. Tutte le nostre emozioni negative e lo stress sono causate proprio dalla resistenza. La rabbia, ad esempio, è dovuta al fatto che qualcosa o qualcuno non è nel modo in cui non crediamo che debba essere. La delusione, invece, nasce quando resistiamo al fatto che che qualcuno o qualcosa non ha soddisfatto le nostre aspettative. Siamo stressati infine, quando crediamo che dovremmo essere in grado di controllare qualcosa o qualcuno in una situazione La soluzione a tutte queste situazioni è lasciar andare le cose che riteniamo negative o sbagliate, accettando la realtà per come è. L’accettazione è il punto di partenza per affrontare qualsiasi esperienza negativa. Se sei interessato ad approfondire questo tema, ho messo a punto un percorso di Coaching dal titolo “21 giorni di Mindfulness” per lavorare sulla consapevolezza.

5. Assumi le tue responsabilità

Ci siamo abituati ad avere atteggiamenti responsabili in questi giorni. Il rispetto delle regole è stato fondamentale per proteggersi e proteggere gli altri. La consapevolezza che le nostre azioni sono fondamentali per il bene nostro e degli altri ha portato con se l’assunzione della nostra responsabilità. Un cambio di paradigma non da poco in un mondo in cui il gioco più è diffuso è quello di accusare gli altri di tutto ciò che accade. Assumere la consapevolezza che siamo noi con i nostri comportamenti e azioni a poter incidere sulla nostra vita è una scoperta davvero molto importante, oltre che potente. Io sono il mio centro. La ripartenza parte da qui.

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La rinascita : come affrontarla

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Stiamo iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel. La rinascita è alle porte. Tutti siamo ormai concentrati sulla fase 2, ancora piena di incertezze, ma abbiamo una data che ci dà speranza . 4 Maggio, il fatidico D-day. Abbiamo smesso di pensare ai contagi, ai numeri di infetti che ci venivano sciorinati ogni giorno nelle conferenze stampa, nei telegiornali. La nostra mente è protesa verso il futuro. Verso ciò che ci attenderà. “Un evento può essere pensato solo a partire dal futuro che genera ” ha detto il filosofo Rocco Ronchi.

Che cosa ho imparato?

Pensare al futuro ci fa bene: è un atteggiamento sicuramente positivo per la nostra mente. Sposta il focus su qualcosa che non esiste ancora, ma che può generare un senso di sollievo, serenità e addirittura gioia. E’ il sabato del villaggio di leopardiana memoria. Ci prepariamo per vivere uno giorno di festa.

Ma prima di pensare al futuro, alla nostra rinascita, analizziamo il nostro stato attuale, il bagaglio di conoscenze e consapevolezze che ci portiamo addosso dopo questa emergenza, questa vita e tempo sospesi. Perché se il futuro è ancora pieno di incognite, una certezza ce l’abbiamo: tutto deve partire da noi. Noi che siamo sicuramente cambiati durante questo famigerato lockdown. Non può non essere così.

La prima domanda da porsi è ” Che cosa ho imparato”? Sì, perché qualcosa l’abbiamo sicuramente imparata. Abbiamo appreso a stare più tempo con noi stessi. Qualcuno ha imparato a vivere in solitudine e a scoprire di avere un compagno o una compagna al suo fianco: se stesso, se stessa. Altri hanno scoperto di avere una famiglia, dei figli che hanno iniziato a conoscere meglio e con cui condividere più tempo e attività insieme. Abbiamo imparato a vivere i silenzi. Ad avere un dialogo interiore. Quanta paura ci hanno sempre fatto i silenzi? O l’inattività? Prima che fossimo costretti a vivere in reclusione come erano le nostre giornate? Sempre piene di impegni, sempre di corsa, di fretta. Poco tempo da dedicare a noi stessi e ai nostri cari. Una corsa continua per arrivare alla sera insoddisfatti perché non avevamo fatto ciò che ci fa stare veramente bene.

La riscoperta della lentezza

Ora, le giornate, per certi aspetti sempre uguali, ci hanno fatto apprezzare la lentezza, il non tempo. Non dover rispettare le scadenze, ma seguire il flusso delle giornate con i nostri tempi. Sì i nostri tempi. Abbiamo imparato a rispettare il nostro orologio interiore. Un orologio che non si sposa con il ritmo frenetico a cui eravamo abituati. Saremo capaci di rimanere su questa lunghezza d’onda? Non sarà facile. Ma se consapevoli, potremo applicare questa nostra nuova andatura più consona alla nostra essenza.

Dall’Io al noi per una rinascita consapevole

Un’altra lezione che abbiamo imparato da questa pandemia è stato spostare il focus dall’io al noi. Questa emergenza ci ha fatto capire che siamo tutti intimamente connessi. Che il nostro bene è intimamente legato a quello degli altri. Non possiamo più ragionare in termini egotici. Dobbiamo vederci all’interno di un sistema. Siamo una parte di un mondo planetario. Nessuno può salvarsi da solo. Lo ha ripetuto anche papa Francesco. La rinascita deve necessariamente partire dalla consapevolezza che siamo una comunità di essere umani, non un insieme di individui. E’ il cambio di un paradigma. Il bene collettivo diventa prioritario rispetto al bene individuale. Una rivoluzione culturale. La nostra rinascita non può prescindere dall’assunzione di questo concetto.

Il valore comune

Jonas Salk, medico, virologo e primo scopritore del vaccino antipolio diceva che nella condizioni molto stressanti sopravvive il saggio, colui che sa attribuire agli avvenimenti il significato più adeguato, prendendo le decisioni giuste per sé, in coerenza con lo scopo della propria esistenza, ma anche agli altri, creando un valore comune. Anche se non più in vita, secondo il figlio Jonathan, il medico statunitense avrebbe visto questa crisi come un’opportunità per passare dall’individualismo all’interdipendenza.

Non c’è rinascita se non facciamo tesoro di quanto abbiamo appreso. Ma la rinascita passa anche attraverso la consapevolezza di lasciar andare quegli atteggiamenti mentali, quelle abitudini , quei boicottaggi interiori che non ci fanno vivere in sintonia con il nostro sé . Il nostro io interiore è la sorgente della nostra serenità . Mettersi in ascolto di ciò che è fonte di benessere per noi è importante per poter vivere in sintonia con lo scopo della nostra vita. Il periodo di forzato isolamento ce lo ha fatto capire. In questo modo possiamo affrontare la rinascita personale. In maniera libera interiormente e consapevole.

La visione del futuro

Per questo è importante, prima di entrare nella fase 2, la fase della rinascita, porsi queste domande: “Come voglio che sia la mia vita” ? ” Cosa posso creare di nuovo”‘ ? Se saremo in grado di rispondere a questi interrogativi, potremo affrontare il nuovo che verrà con uno spirito rinnovato. Con una nuova visione . Allora sì, che potremo parlare di concetto di rinascita. Saremo uomini e donne nuovi. Consapevoli. Rinati.

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7 consigli per gestire i propri stati d’animo

stati emotivi
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Lo stato d’animo è la condizione psichica in cui si trova una persona in un dato momento. Se il momento è quello che stiamo vivendo, il lockdown, il distanziamento sociale, con notizie che ci arrivano dai giornali e telegiornali davvero tragiche, lo stato d’animo non può non essere triste.

Il cambio d’abitudine, l’interruzione drastica di quella che era la nostra routine, la nostra vita di tutti i giorni, può dare luogo a stati d’ansia. La pandemia non è più solo crisi sanitaria, ma sta diventando un laboratorio di stress . Lo dicono gli psicologi, gli psichiatri. Un portale internazionale, che scrive di viaggi, parla di “permananxiety”, ansia permanente per descrivere la condizione dei travel manager, abituati a viaggiare per lavoro costantemente ed ora forzati alla reclusione oltre che all’assenza di spostamenti. Ma non è solo questa categoria professionale a provare stati d’animo ansiogeni. Ma torniamo al tema sullo stato d’animo.

Gli stati d’animo sono generati dalle emozioni

Sono tante quelle che stiamo vivendo in questi giorni, ma mentre le emozioni durano un lasso di tempo breve, si dice fino a 90 secondi, lo stato d’animo può durare da qualche secondo a tutta la vita. Quindi uno stato d’animo triste o pessimo ci influenza a lungo? La risposta è sicuramente no. E’ possibile riuscire a diventare indipendenti a livello emotivo seguendo una serie di utili consigli. Sono consigli pratici, che danno indicazioni su come modificare il proprio comportamento, agiscono sui meccanismi che portano ad introdurre nella nostra vita stili e abitudini diversi. Il ruolo del Coach è quello di aiutare il Coachee a trovare le risorse dentro di sé per raggiungere il risultato.

E sono risorse quelle che troviamo nei consigli elencati qui sotto. Sono tutte dentro di noi . Basta attivarle.

1. Respira profondamente

Respirare significa essere vivi. Quando si è stressati si è portati a contrarre la respirazione, si porta meno ossigeno al cervello e si aumenta il livello di stress. E’ un gatto che si morde la coda. Fare respiri profondi, preferibilmente a occhi chiusi aiuta a rilassarsi, provare un senso di pace . la respirazione è alla base di ogni esercizio di yoga, nella mindfulness si consiglia di respirare profondamente. E’ semplice, ma molto efficace. Io ho placato spesso sensi di ansia grazie ad una respirazione corretta. Posso dire che respirare profondamente mi ha salvato spesso da situazioni difficili.

2. Adotta una postura corretta

I movimenti e le estensioni verso l’alto aiutano la circolazione sanguigna e producono emozioni positive come entusiasmo e gioia. Quando ti senti giù, alzati, allunga, cammina, mettiti dritto. Ancora una volta lo yoga ci corre in soccorso e ci insegna, prima di ogni Asana, a stare seduti con il busto eretto con la testa dritta come se dovessimo toccare il soffitto. Provate la sensazione di tranquillità e forza al tempo stesso che si sprigiona con un allungamento.. Un gesto semplice anche questo, ma nuovamente efficace.

3. Usa i tempi verbali corretti

Vuoi abbandonare un comportamento, uno stato d’animo? Usa il tempo imperfetto in modo che la tua mente possa registrare che lo stato d’animo non appartiene più al presente, ma ad un tempo passato. “Mi sento ansioso al mattino quando mi sveglio” cambialo in “mi sentivo ansioso al mattino” .

Hai fatto così in modo che quello stato d’animo non ti appartenga più. Era uno stato d’animo pessimo, ma che appartiene al passato. Con il corretto uso dei tempi verbali hai il potere di influire sulla tua mente , che registra quello che vuoi adesso. Archivia il comportamento, lo stato d’animo come un file che non serve più. Se vuoi adottare un nuovo comportamento quindi usa il presente. Ripetilo spesso, come un mantra. Il comportamento e il nuovo stato d’animo viene introiettato e diventa il tuo nuovo stato mentale e d’animo.

4. Evita le negazioni

Il tuo cervello è portato a registrare le azioni positive. Quindi se vuoi acquisire un nuovo stato d’animo usa ” Voglio essere felice” e non ” Non voglio essere triste”. Fai tuo un linguaggio positivo, costruttivo. Diventa così un’abitudine mentale. E’ un approccio volto a percepire la presenza e non la mancanza. Registrare una mancanza genera frustrazione, si innesca un meccanismo di tristezza, di privazione. Di contro focalizzarsi su ciò che si ha, genera sentimenti positivi. Genera gratitudine, gioia. Sappiamo come la gratitudine sia un stato d’animo fondamentale per poter vivere in maniera serena e appagata. Ma questo è il quinto consiglio.

5. Teni un diario della gratitudine

E’ un tema che mi è molto caro: l’atteggiamento di gratitudine è per me uno stato d’animo fondamentale. Riconoscere la gratitudine significa vedere che siamo persone fortunate. Che siamo persone che hanno degli aspetti di cui essere felici e grati nella nostra vita. Gratitudine nei confronti degli altri, di noi stessi, della vita. E’ stata la psicologa Sonja Lyubomirsky, insegnante all’Università della California a parlare per la prima volta di ” diario della gratitudine” : annotare a fine giornata le cose per cui ci reputiamo fortunati. Siamo felici di quello che abbiamo. Ancora una volta il focus è sulla presenza, non sull’assenza. Tutte le sere, prima di andare a dormire, annota 3 cose, persone, situazione a cui dire ” grazie”.

Ci sono tante cose per cui dobbiamo essere grati : di essere sani, di essere vivi. In epoca di Covid 19 è importante.

6. Favorisci la coerenza cardiaca

Il nostro cuore ci dà informazioni sul nostro stato emotivo, di stress. Il cuore ha un campo magnetico che si estende fino a 3 metri: questo significa che se siamo in uno stato di accelerazione cardiaca possiamo influenzare anche chi sta vicino a noi. Per questo è importante avere un ritmo cardiaco regolare. Una coerenza cardiaca in cui la distanza fra un battito e l’altro sia la stessa. Quali sono gli stati d’animo che ci aiutano a riprendersi e risollevarsi da uno stato di stress? Amore, stato di compassione, gratitudine ( ancora lei) e gioia. Se durante la nostra giornata non possiamo provare tutti questi stati d’animo perché distratti dalle circostanze, troviamo anche solo 5 minuti al giorno per meditare. Ci aiuta a calmare la mente, ma anche il cuore.

7.L’esercizio del cerchio magico

L’ultimo consiglio è relativo ad un esercizio che suggerisco di fare quando la mente è bloccata e ci sentiamo invadere da un senso di tristezza, ansia e impotenza. Ci fermiamo e pensiamo ad una sensazione in cui vorremmo sentirci bene, sereni, in uno stato di gioia. Scegliamo 3 stati d’animo che vorremmo provare in questa situazione : ad esempio serenità, gioa, divertimento. Immaginiamo di vederci all’interno di un cerchio . Facciamo risplendere il cerchio di un colore che rappresenta uno degli stati d’animo che vogliamo provare. Chiudiamo gli occhi e avanziamo di un passo all’interno del cerchio immaginando di unirci all’immagine di noi stessi che ci eravamo raffigurati prima. Vediamo ciò che vedremmo, sentiamo ciò che sentiremmo e proviamo ciò che proveremmo in questo stato. Aumentiamo la sensazione che stiamo provando e intensifichiamo il colore del cerchio. Usciamo dal quadrato e pensiamo al secondo stato d’animo che vorremmo provare e ripetiamo l’operazione. E poi lo ripetiamo con la terza sensazione. Alla fine immaginiamo di trovarci nella situazione di stress iniziale e rientriamo nel cerchio. Ci sentiremo meglio vivendo la nostra nuova esperienza con nuove sensazione e stati d’animo.

Fate questo esercizio tutte le volte che vi sentite scarichi e vedrete gli effetti positivi che, grazie al cerchio magico, riuscite a provare. E’ magico. Appunto.

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Nulla sarà più come prima

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E’ la frase che sta più circolando in questi giorni sospesi, così gravidi di ansia, paura e di disorientamento. Sì grande disorientamento perché tutto è accaduto così in fretta. Conducevamo la nostra vita in maniera spensierata dando tutto per scontato. Uscire al mattino per andare in ufficio, accompagnare i nostri figli a scuola, andare a fare la spesa, a fare sport, cinema, teatro, incontrare gli amici. La nostra vita fatta di routine, magari non tutte piacevoli. Ma non eravamo consapevoli di quello che avevamo. Della fortuna di poter scegliere liberamente tutto ciò che ci passava per la testa. Ci credevamo invincibili. Potevamo avere tutto a portata di mano, anzi di click.

Poi è un arrivato un giorno in cui un Decreto della Presidenza del Consiglio ha iniziato a limitare le nostre uscite. Ci è stato detto cosa potevamo fare e cosa no. Improvvisamente ci siamo trovati non più padroni della nostra vita. Solo divieti. Qualcuno che ci ha detto che non potevamo più uscire di casa, che i nostri figli non sarebbero più andati a  scuola o in università, non saremmo più usciti  per andare a lavorare, comprarci un libro, un paio di scarpe, bere un aperitivo con un amico.

Così all’improvviso ci siamo accorti che prima eravamo felici. Ma non sapevamo di esserlo.  E improvvisamente siamo diventati consapevoli. Consapevoli che avevamo tutto e che non sapevamo di averlo. Ora anche la più piccola attività, la più piccola azione ci sembra assuma un significato importantissimo. Quello che questa situazione di emergenza e distanza sociale ci ha fatto riscoprire il valore delle piccole cose. Il valore dei piccoli gesti. Sono tanti gli insegnamenti che il Covid 19 ci sta dando. Anche se i video che stanno girando sui social dove al Coronavirus viene dato addirittura un pensiero, un messaggio da trasmettere all’umanità sono un po’ forzati, è importante fermarsi a riflettere su ciò che eravamo, su ciò che avevamo e su ciò che sarà la nostra vita una volta che da questa brutta emergenza usciremo.

Nulla sarà più come prima perché cambieranno le nostre priorità.

Fermiamoci e proviamo a riflettere.

Le nostre relazioni cambiano

La convivenza forzata di questi giorni non può non cambiare i rapporti e le relazioni. Ci sono genitori che non hanno mai trascorso  tanto tempo con i loro figli. L’obbligo di restare a casa fa riscoprire un nuovo modo di convivenza. Sicuramente questo avrà un effetto sul dopo, sulle scelte lavorative di chi è genitore, specie di figli più piccoli. Sono queste probabilmente le persone per le quali lo smart working da necessità contingente diventerà una scelta futura. Ma per la convivenza forzata potrà anche modificare le relazioni fra i coniugi, tra partner. Decisioni mai prese prima, potranno diventare scelte definitive per il dopo. Se qualcosa dobbiamo ringraziare al Covid 19, ci sarà la consapevolezza delle scelte sincere. Non possiamo continuare a portare avanti relazioni non sane, non appaganti. La vita in questo momento ci mette di fronte a scelte dure, ma sincere e oneste. L’onestà diventerà un imperativo a cui tutti siamo chiamati a dare una risposta. Relazioni più sincere e in molti casi rafforzate. Anche qui nulla sarà come prima.

Focalizzarsi sull’essenziale

Se abbiamo potuto rinunciare ad una parte consistente della nostra libertà, abbiamo saputo fare a meno  anche di  tutto ciò che di superfluo c’è stato fino ad oggi nella nostra vita. Siamo stati bruscamente messi di fronte alla distinzione di ciò che è realmente importante e ciò che è invece futile. Ne faranno le spese certamente molti consumi. Anche nelle aziende nulla sarà più come prima. Molte aziende saranno chiamate a riconvertirsi. Il superfluo sarà abbandonato a vantaggio di ciò che ha un valore più profondo: la cultura, la lettura, l’aggiornamento e gli approfondimenti. Essere pronti a reagire velocemente alle situazioni  e a ricostruirsi un nuovo stile di vita improntato sull’essere e non sull’avere, per citare Fromm.

E’ più importante dare

In questi giorni si sono susseguiti esempi di grande solidarietà, mutuo soccorso fra le persone. Abbiamo riscoperto di essere una comunità. Ci hanno aiutato a trovare forza e speranza i social in cui si sono moltiplicati gruppi di condivisione, flashmob sui balconi, ma tante tante azioni intraprese dai numerosi volontari che rendono bello e generoso il nostro Paese. Abbiamo capito che restare a casa non è importante per la nostra incolumità, ma anche per quella degli altri.  Abbiamo visto medici, infermieri, operatori sanitari che hanno sacrificato la loro vita per poter aiutare i pazienti, che si sono spesi con una forza e un coraggio formidabili. Abbiamo riscoperto relazioni con i vicini, con persone  che non vedevamo più da tempo. Fare del bene fa bene. Lo dicono anche le ricerche secondo cui spostare il focus da noi stessi sugli altri, fa rilasciare a livello cerebrale, endorfine che ci fanno stare meglio. A livello neurobiologico, questa ricerca dimostra che quando aiuti gli altri, stai anche aiutando te stesso

 Il modo più rapido per uscire dalla paura è di uscire da se stessi e aiutare qualcun altro nel bisogno.”  dice Tony Robbins . Se prima di questa emergenza, il mondo è stato guidato da un comportamento volto all’individualismo, abbiamo la speranza che in futuro le nostre azioni saranno improntate ad una maggior condivisione, ad un maggiore altruismo ed a un sapere agire in termini di comunità.

L’elogio della lentezza e della pazienza

Tutto subito, a portata di click. Insofferenti anche se solo il nostro computer non si connetteva subito alla pagina che avevamo digitato nel motore di ricerca. Bulimici di cibo, di divertimento, di consumi. Ora le lunghe code fuori dai supermercati, le giornate trascorse in casa ci hanno messo nella condizione di dover aspettare.  Riempire le giornate può diventare un problema per chi aveva tutto programmato, schedulato. Riprendersi il tempo, il lusso di annoiarsi può portare invece alla scoperta di cose impensabili. Ma anche stimolare creatività e fantasia. Stare nel momento si dice nella Mindfulness. Meditare, pensare, riflettere, “qui e ora”. Coltivare l’arte della pazienza sarà sicuramente un lascito, che ci aiuterà ad affrontare il dopo con spirito più introspettivo e sereno.

Essere grati

Mai come adesso abbiamo potuto apprezzare le vere gioie della vita, consapevoli che non possiamo dare nulla di scontato. Avere una buona salute, una bella famiglia, degli affetti profondi. Rimanere a casa con tutti i nostri agi, le nostre comodità quando altri devono combattere in prima linea contro una malattia, in solitudine. Ringraziamo chi siamo e quello che abbiamo. Prendiamo coscienza che la vita ci ha regalato dei doni immensi e per questo dobbiamo essere grati. Pratichiamo tutti i giorni sentimenti gratitudine. Cambiamo il nostro atteggiamento di insoddisfazione, le nostre lamentele sciocche per cose prive di importanza. Essere persone grate anche dopo che tutto sarà passato. Non dimentichiamoci di quanto siamo stati fortunati e di quanto abbiamo potuto avere nella comodità delle nostre case, circondati da tanto affetto. E siamo grati a tutti coloro che hanno permesso che noi potessimo vivere in maniera sicura e protetta.

Nulla sarà più come prima. Sono davvero tante le cose che non saranno più come prima. Avremo modo di rifletterci durante il nostro workshop di Art Coaching, per la prima volta online, che organizzeremo il 26 Marzo dalle 17.00 alle 19.00. Avremo modo di prendere consapevolezza degli insegnamenti che questa situazione eccezionale ci ha dato. Prendere consapevolezza di tutto ciò che davamo per scontato, ma che ora non è e non sarà più così.

Perché tutto non sarà come prima.

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