L’empatia per combattere il bullismo

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Recenti ricerche hanno messo in rilievo come l’empatia possa combattere fenomeni di bullismo. Insegnare ad essere persone inclusive, sviluppare sentimenti di accoglienza e accettazione dovrebbe diventare una materia scolastica. E’ un’educazione emotiva e sentimentale, importante da apprendere fin da piccoli.

La Danimarca, conosciuta per essere il paese più felice al mondo, secondo il World Happiness Report dell’Onu, ha inserito l’empatia come materia di studio nelle scuole fin dal 1993.

Si studia in classe dai 6 ai 16 anni. La motivazione risiede proprie nel fatto che l’empatia aiuta a costruire relazioni, prevenire il bullismo, avere successo nella vita e anche nel lavoro. Promuove la crescita di leader, imprenditori e manager. Insomma, l’empatia è un investimento sul futuro. Non dovrebbero dimenticarlo tutti i governanti chiamati a lavorare sul Pnnr, il piano nazionale di resistenza e resilienza.

#bodypositive

Insegnare ad essere persone empatiche fin da piccoli aiuta quindi a prevenire fenomeni di bullismo, che spesso possono spesso sfociare in atteggiamenti di discriminazione e di body shaming, una forma di bullismo che colpisce l’aspetto fisico delle persone. Si tratta letteralmente di giudicare le forme del corpo delle persone, criticandolo soprattutto sul web e sui social. Inutile sottolineare quanto chi è vittima di queste odiose forme di dileggio possa soffrire e vedere minata la propria autostima. E’ un fenomeno che va combattuto fin dalla giovane età e di cui è importante la sensibilizzazione. A questo proposito è nato, tra il 2010 e 2011, il movimento della cosiddetta Body Positive per merito di donne oversize, il più delle volte di colore, che postavano dei contenuti sui social media con l’hashtag #BodyPositivity. L’obiettivo è quello di promuovere un messaggio positivo dedicato a chi ha un corpo che non rientra nei canoni pre-definiti, sensibilizzando ad una consapevolezza e un’accettazione di sé, andando oltre gli stereotipi e ai canoni classici . Presto il movimento si è diffuso a livello globale e ha coinvolto le persone contrarie agli standard di bellezza imposti dai media.

Essere empatici nutre l’inclusione

E’ chiaro quindi come diffondendo una cultura improntata all’accettazione dell’altro, al sapersi mettere nei panni dell’altro, in una parola, sviluppando empatia, fin dalla giovane età, si possa aiutare a prevenire sentimenti di emarginazione. Crescere, di contro, con sentimenti di accettazione, accoglienza nei confronti degli altri può, invece, sviluppare comportamenti improntati alla compassione e inclusione. L‘intelligenza emotiva si può coltivare, lo abbiamo detto più volte. E l’empatia è una delle caratteristiche principali dell’intelligenza emotiva.

Un libro per diffondere cultura

Introdurre l’empatia come materia scolastica può essere un ottimo punto di partenza, perché la cultura ha un potere dirompente. Anche la letteratura può sensibilizzare e diffondere cultura su temi sensibili. E’ quanto abbiamo potuto comprendere e apprezzare con “Venere” e “Afrodite Soggettiva”, le recenti pubblicazioni , edite da Montabone Editore, a cura di Giulia Lazzaron e Alisia Viola, che hanno trattato in maniera creativa, artistica, sensibile e profonda il tema della body positive. A loro abbiamo chiesto come è nata l’idea della pubblicazione e di raccontarci come l’empatia possa aiutare a prevenire fenomeni di bullismo, di cui il body shaming è un’espressione. Le nostre autrici hanno riposto con entusiasmo e grande competenza.

Le interviste

“La necessità di pubblicare i due libri “Venere” e “Afrodite Soggettiva” è nata dal bisogno di parlare -attraverso il linguaggio dell’arte – ad un pubblico più ampio, di una tematica che ancora oggi in Italia è poco conosciuta, la body positivity, movimento che in altre parti del mondo invece è già virale- esordiscono Alisia e Giulia -. Le due pubblicazioni trattano di una bellezza inclusiva e universale, partendo dal mito della Venere, colei che dall’era preistorica incarna questo concetto. Da donne, figure colpite da sempre sull’aspetto fisico, abbiamo voluto – attraverso il concetto di body positive – approfondire l’autentico significato di Bellezza, facendo emergere la sua vera essenza. Entrambi i volumi pongono interrogativi sulla tematica, e alla fine della lettura, si comprende che ogni essere umano ha il pieno diritto di sentirsi una venere contemporanea”.

L’intelligenza emotiva nelle scuole

D. Alisia, tu sei anche un’insegnante: sei d’accordo anche tu dell’importanza dell’insegnamento dell’Intelligenza emotiva e dell’empatia nelle scuole? Se sì  come pensi si possano applicare questi insegnamenti?

R. Credo che lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nelle scuole sia estremamente importante. Creare dei percorsi in merito all’intelligenza emotiva all’interno delle istituzioni scolastiche – dalla primaria alla secondaria di secondo grado-, aiuterebbe dai più piccini ai ragazzi più grandi, al raggiungimento di una maggiore consapevolezza di sé e una migliore gestione delle relazioni sociali, componenti fondamentali per ottenere piccoli e grandi traguardi personali nella vita. Sogno una scuola in cui l’educazione sentimentale sia alla base dell’insegnamento, poiché solo stando bene con se stessi e con gli altri si può dare al massimo nel raggiungimento degli obiettivi prefissati; trovo interessante proporre alle scuole di ogni ordine scolastico, percorsi sull’intelligenza emotiva, in quanto l’emotività è alla base delle giornate degli studenti.

D.I professori sono a parer tuo formati su questi temi?  Potrebbe essere interessante realizzare dei seminari ad hoc?

R. Trovo sia un aspetto carente nelle scuole e che andrebbe assolutamente rinforzato, educando in primis i docenti, i quali a loro volta avranno le adeguate competenze per proporre e creare un percorso ad hoc con i propri studenti. Credo che in questo modo si intensifichi anche il rapporto docente-studente, che spesso, ancora oggi, pare distaccato.

D.E nei confronti degli studenti si potrebbero realizzare dei momenti di dibattito? Oppure suggerisci altre modalità?

R. Si potrebbero realizzare dei momenti in cui si mettono in discussione, creare un dibattito è il punto da cui si potrebbe partire. Con i miei studenti ho spesso proposto dei laboratori maieutici, creando dei lavori di gruppo che hanno l’obiettivo di valorizzare al massimo le capacità individuali, in quanto li si mette di fronte a problemi e a punti interrogativi da risolvere, e una volta risolti sono argomenti che rimangono impressi nella loro mente, educandoli al contempo ad un approccio differente allo studio.

Il valore dell’empatia

D.E’ difficile parlare di autostima nei ragazzi soprattutto gli adolescenti che sono in evoluzione e in fase di crescita, ma l’empatia può correre in soccorso?

R. Assolutamente sì! L’empatia è un valore meraviglioso, che permette di vivere le propria vita con serenità e consapevolezza. Sfortunatamente è sempre meno presente negli studenti di oggi, ma ho notato attraverso la mia breve esperienza come docente, che applicandola nei loro confronti, loro si aprono, raccontano, aumenta la loro voglia di studiare e mettersi in gioco. L’empatia è alla base dell’apprendimento, solo una volta instaurato un rapporto basato sull’empatia, lo studente darà tutto se stesso nell’apprendimento; si crea un dialogo autentico tra insegnante e studente, un legame di cui farà sempre tesoro.

A Giulia abbiamo rivolto altre domande e lei ci ha parlato del libro realizzato insieme ad Alisia e di body shaming.

D. Uno dei temi portanti del vostro libro è il body shaming: come pensi che l’insegnamento dei temi dell’intelligenza emotiva possa aiutare a prevenire questi fenomeni?

R. Penso che l’intelligenza emotiva dovrebbe essere alla base di ogni relazione, di qualsiasi tipo e in qualsiasi ambito. Sicuramente, l’intelligenza emotiva permetterebbe una comunicazione più attenta alla realtà dell’altro, evitando battute e commenti fuori luogo, evitando discussioni e rabbia. Penso che l’intelligenza emotiva sia strettamente correlata anche all’amore incondizionato e quindi al benessere reale. 

D. Essere persone empatiche può evitare di porre in essere azioni di body shaming?

R. Solitamente episodi come body shaming e altro tipo di discriminazioni non provengono da persone empatiche, proprio perché l’empatia è la capacità di “mettersi nei panni degli altri”. È sicuramente una qualità che molte persone dicono di possedere da sempre, quindi innata. In realtà credo che appartenga a tutti, e che si possa sviluppare, anche per avere maggiore pienezza e benessere nella vita di tutti i giorni.  Quindi certamente, essere persone empatiche eviterebbe sicuramente episodi di discriminazione e body shaming

D. C’è qualche episodio che vuoi raccontare che ti ha suggerito la realizzazione del libro o che sia esplicativo del fenomeno del body shaming?

R. Personalmente, ho subito alcuni episodi di body shaming. Ho sempre avuto un peso oscillante nella vita, ci sono stati periodi in cui ero magra, altri in cui ero un po’ più robusta, in altri momenti sono stata più sportiva. L’episodio che più mi ha fatta soffrire è stato quando di fronte a una decina di persone, una persona mi ha presa in giro perché “non sembrava che andassi in palestra” (in quel periodo andavo ad allenarmi due/tre volte alla settimana). Sono tornata a casa con le lacrime agli occhi, demoralizzata. Stavo già pensando di non andarci più in palestra, mi stava passando la voglia di fare una cosa che in realtà mi piaceva tanto e mi faceva sentire in forma. Al posto di demoralizzarmi del tutto, mi sono detta che questo incubo di non sentirmi bene con me stessa doveva finire definitivamente. Ho cominciato a cercare su Instagram ragazze, modelle, influencer che avessero il mio fisico “curvy”, e sbirciare un po’ per capire come facessero ad avere tutta questa autostima! E ho trovato tutto il mondo della body positivity, Laura Brioschi che da anni combatte contro il body shaming, Carmen Mastrangelo che lotta contro le discriminazioni dei corpi grassi, e tantissime influencer con il fisico simile al mio che non hanno paura a mostrarsi, anzi, lo fanno anche per autoaffermarsi in un mondo in cui essere diversi può essere una reale difficoltà sociale. Da qui è nato tutto, sono nate le opere, le Veneri con diversi tipi di corpo, è nato il libro Venere dall’incontro con Editore Montabone, ed è nato anche un secondo libro di saggistica, Afrodite Soggettiva, di cui consiglio la lettura per chi volesse approfondire la storia della body positivity e altre nozioni a riguardo. La parte più bella di scoprire questo movimento è stata il non sentirmi più sola nelle mie lotte quotidiane, il non sentirmi più sbagliata, e informarmi a riguardo mi ha aperto gli occhi su tematiche quali per esempio, la grassofobia: la paura del corpo grasso, il terrore di ingrassare che spesso ci impedisce di vivere una vita tranquilla e serena con noi stessi. Non si promuovono stili di vita insani, anzi, si promuove uno stile di vita senza ossessioni. Per maggiori informazioni, rimando alle due pubblicazioni “Venere” e “Afrodite Soggettiva”, in cui potrete davvero scoprire un nuovo mondo, fatto di accettazione e bellezza (reale, non stereotipata). 

Vivi e lascia vivere

D. Il movimento “body positive “ può essere un esempio concreto di comportamento “empatico”?

R. Certo, la body positivity è soprattutto empatia verso il prossimo! Già che ci sono mi piacerebbe spiegare un po’ di cosa si tratta nello specifico. Il movimento body positive nasce inizialmente per contrastare il body shaming fatto sui corpi grassi e neri. Quindi le primissime attiviste sono state donne di colore, che venivano discriminate in modo sistemico per il colore della loro pelle e per il loro corpo in generale. È quindi un movimento strettamente correlato anche al razzismo e si è esteso poi ad ogni tipo di corpo, con un’attenzione particolare al mondo LGBTQ+, quindi è davvero trasversale. È rivolto a tutti, a chiunque si sia sentito almeno una volta discriminato per il proprio aspetto o per la propria personalità. Il motto della body positivity è “vivi e lascia vivere”, una frase talmente semplice, da sembrare quasi impossibile da realizzare.

Per concludere, penso che ci vorrebbe più amore nel mondo, che ci permetterebbe di accettare gli altri e amarli e rispettarli per ciò che sono, in quanto l’altra persona, e ciò che vediamo nell’altro, siamo noi stessi! “

Grazie a Giulia e Alisia per gli ottimi spunti e complimenti per il vostro libro. L’intelligenza emotiva e l’empatia sono le risorse per affrontare il ventunesimo secolo. Abbiamo davvero bisogno di persone che si mettano nei panni degli altri. E di persone che sappiano ascoltare, accettare e includere. Se iniziamo a farlo da piccoli avremo adulti consapevoli, empatici e dotati di grande intelligenza emotiva.

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Emozioni negative: come gestirle

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Durante il nostro recente webinar abbiamo visto che una delle caratteristiche dell’intelligenza emotiva è la capacità di saper riconoscere e gestire le proprie emozioni. E’ quella abilità che va sotto la classificazione di “autocontrollo”.

Se saper riconoscere le emozioni positive non richiede anche l’abilità di saperle gestire, diventa invece utile capire come riconoscere e soprattutto disinnescare le emozioni negative. Secondo la ruota di Plutchick, le emozioni negative sono essenzialmente : la rabbia, la paura, la tristezza e il disgusto. E’ l’amigdala, la cosiddetta centralina delle emozioni, posizionata all’interno del nostro cervello ad attribuire significato emotivo a informazioni di stimoli provenienti dal mondo esterno, dall’interno del corpo e dal cervello, come pensieri e ricordi.

I bisogni non soddisfatti

Le emozioni negative solitamente scattano nel momento in cui i nostri bisogni non vengono soddisfatti. Alcuni autori ritengono che i bisogni seguano un modello di crescita che si articola per fasi successive, dove ogni fase precedente deve essere soddisfatta per passare alle motivazioni- bisogno di ordine superiore. Si ipotizza l’esistenza di 5 classi di bisogni:

  • bisogni fisiologici: sono i primi bisogni che si manifestano alla nascita e in ogni giorno della vita dell’individuo (per esempio il bisogno di cibo, di acqua, di dormire)
  • bisogni di sicurezza: sono i bisogni legati alla ricerca di protezione, sicurezza e vicinanza ; si possono manifestare solo dopo che i primi siano stati appagati
  • bisogni di amore e di appartenenza: sono i bisogni che rappresentano il desiderio di dare e ricevere amore, di sentirsi parte di un gruppo e cooperare con i suoi membri
  • bisogni di rendimento e riconoscimento: corrispondono all’esigenza di sentirsi competenti e produttivi e di veder riconosciuti i propri meriti e le proprie capacità
  • bisogno di realizzazione del sé: è la fase più elevata dello sviluppo nella quale gli individui possono vedere il più alto punto di crescita e la miglior applicazione delle loro capacità potenziali.

È possibile inoltre aggiungere un sesto livello, il bisogno di trascendenza, che consiste nel cercare di superare i propri limiti, andando oltre se stessi per sentirsi parte di un ordine più elevato spiritualmente.

Creare un piano per gestire le emozioni negative

Fino a qui la motivazione che porta al palesarsi delle emozioni.
Ma come diventarne consapevoli e poi disinnescarle? Spesso adottiamo degli schemi emotivi e comportamentali che si ripetono. Pensare ad un piano che risponda, invece, in maniera consapevole e nuova prima che si manifestino, significa poter rispondere in modo diverso alle emozioni stesse. Pronti a creare questo piano? Prendiamo il nostro solito blocco e penna o, per i più digitali, creiamo un un documento sul pc. Come ben sapete scriverlo lo renderà più reale e tangibile. Pronti? Via!

Per prima cosa identificate l’emozione negativa alla quale volete cambiare la risposta : rabbia, tristezza, paura, ansia. Scrivete quindi la vostra risposta e la reazione tipica quando sentite l’emozione palesarsi : ad esempio per la rabbia ” urlo o rispondo male a qualcuno”, per la tristezza: “sto a casa e guardo la Tv”.

Ora pensate ad una risposta alternativa a quell’emozione: scrivetela. Un esempio: per la rabbia : mi eserciterò a rimanere in silenzio, non risponderò o lo farò in maniera educata. Per la tristezza: farò qualcosa di creativo, come fare un disegno, scrivere su un diario.

Avete la possibilità di trovare tante e diverse risposte alternative. Non vanno scolpite nella piena. L’importante è comprendere il meccanismo e la strategia.

Le reazioni del corpo

Abbiamo detto più volte che il nostro corpo è la sentinella che avvista per prima l’arrivo della nuova emozione. Mettiamoci in ascolto: quando proviamo rabbia, stringiamo la mandibola, la frequenza cardiaca accelera. Quanto più velocemente siamo in grado di cogliere l’arrivo dell’emozione, tanto più riusciremo a individuare la nuova risposta. Più l’emozione si prolunga, meno facilmente si potrà disinnescare. Essere presenti è fondamentale. Esercitatevi mentalmente a utilizzare questo meccanismo. Chiudete gli occhi e immaginatevi di provare l’emozione negativa dalla quale volete liberarvi e mettete però in atto il nuovo piano che avete predisposto per reagire. Fatelo più volte: in questo modo prenderete dimestichezza fino a farlo diventare un processo automatico. L’importante è essere pronti a cogliere con anticipo l’emozione negativa prima che si manifesti. Mettiamo in atto l’autocontrollo, la nostra intelligenza emotiva ne gioverà.

Il nuovo schema emotivo

I nostri schemi emotivi, come visto, si ripetono e seguono un ciclo prevedibile di abitudini, come accade per i comportamenti. Se ne siamo consapevoli, possiamo rompere questo meccanismo: “segnale – routine- ricompensa” . Saper riconoscere i segnali emotivi, cambiando la routine, ci consente di cambiare le nostre azioni e i conseguenti risultati. Così facendo possiamo dare vita al nostro piano solo con una semplice domanda: ” Se… allora…”. Un semplice concetto di causa-effetto.

“Se comincio a sentirmi arrabbiata, allora…farò una passeggiata”

“Se comincio a provare un sentimento di tristezza, allora chiamerò qualcun con cui parlare”

Provate a rispondere voi adesso : “Se…allora?”

Ovviamente il piano deve tener conto delle nostre inclinazioni, dei nostri gusti. Ognuno di noi ha delle predisposizioni e modalità con le quali potersi sentire bene. L’importante è come sempre essere consapevoli. E soprattutto conoscerci…Mettiamoci in ascolto di noi stessi. In questo modo potremo prendere in mano la nostra vita e non essere gestiti dalle emozioni, soprattutto se sono negative!

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Comprendere le differenze

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

“Comprendere le differenze”” è stato il titolo dell’ultimo workshop di Art Coaching che abbiamo organizzato. Il tema che è stato affrontato aveva come oggetto la presa di coscienza che ognuno di noi è diverso l’uno dall’altro. Ciascuno di noi ha un proprio vissuto, una propria storia e conseguentemente un modo diverso di relazionarsi con gli altri. E’ un’ovvietà, direi lapalissiano, eppure siamo così convinti di esserne consapevoli e soprattutto accettarlo?

Superare i conflitti

Prendere coscienza del fatto che non siamo tutti uguali, che esistono notevoli differenze gli uni dagli altri è la ragione principale dell’insorgere dei conflitti. Avere opinioni, punti di vista diversi scatena sentimenti negativi, che spesso minano i rapporti fra le persone. Tutti vorremmo vivere d’amore e d’accordo. Peace & love. Ma ai nostri patti. La ragione è sempre dalla nostra parte, non di quella degli altri. E’ la proiezione dell’ego. Noi siamo nella ragione e gli altri nel torto. Per poter superare i conflitti bisogna sapere vedere la situazione da prospettive differenti. Come se uscissimo dalla nostra mente e dal nostro corpo e osservassimo la situazione da un altro punto di vista. Cosa vediamo? Che emozioni proviamo? Ragionare in terza persona ci aiuta ad esaminare le circostanze in maniera oggettiva, senza essere condizionati dal nostro stato d’animo dalle nostre emozioni. Provate a ragionare e ad agire in questo modo la prossima volta che si verifica una situazione potenzialmente conflittuale.

Capire i bisogni

Se abbiamo deciso di intraprendere un percorro volto a comprendere ed accettare le differenze, dovremo anche chiederci quali sono i bisogni delle persone che ci circondano. Ognuno di noi è mosso da motivazioni diverse. Ognuno agisce spinto da bisogni emozionali diversi: sentirsi al centro dell’attenzione, amato, considerato, avere certezze, con credenze differenti che nascono dall’ambiente, dalle esperienze di vita. Una buona base può essere ripassare i bisogni della piramide di Maslow, sempre utile. C’è però un superamento della teoria del nostro bravo psicologo stra citato nei progetti di motivazione e incentivazione che realizzavo nella mia vita passata. E’ la teoria delle Dinamiche a Spirale proposta dallo psicologo Clare Graves e che il bravo collega Coach Claudio Belotti ci ha fatto conoscere in Italia. La teoria è molto complessa e occorrerebbe giorni di studio. Può però essere illuminante la lettura del libro “Capire e prevedere i comportamenti degli altri con le dinamiche a spirale” di Christopher Cowan, Natasha Todorovic, Claudio Belotti.

Gli 8 livelli

In estrema sintesi, la teoria delle Dinamiche a Spirale ci dice che ogni persona, a seconda del proprio stato di evoluzione psicologica ed evolutiva, transita in uno dei livelli della spirale – sono 8-e ad ogni livello corrispondono motivazioni, esigenze, credenze che motivano azioni e scelte differenti. Comprendere il livello nel quale il nostro partner, il nostro capo, collega, amico appartiene ci aiuta a comprendere le ragioni per le quali si comporta in un determinato modo. E’ possibile così anche prevedere ciò che farà, come penserà evitando l’insorgere di conflitti, risentimenti e incomprensioni. Comprendere se siamo ad un livello verde piuttosto che rosso – Graves ha distinto in 8 colori differenti i diversi livelli- ci aiuta a comprendere meglio le differenze, ci permette di instaurare relazioni improntate alle comprensione, oltre che più proficue ed empatiche.

L’empatia è la risposta

Sì perché ancora una volta può correre in soccorso la nostra intelligenza emotiva, la capacità di entrare in contatto con le persone, sapendo sviluppare sentimenti di empatia e compassione. Senza dimenticare l’ascolto: l’arma più potente per comprendere le differenze. Sembra però che sia lo strumento più difficile da attivare…Proviamo ad esercitarci ad ascoltare gli altri e anche noi stessi…

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Perché è importante essere persone empatiche

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Provate a rispondere a queste 3 semplici domande:

  1. Mi soffermo a comprendere i miei sentimenti e quelli degli altri?
  2. Quando prendo decisioni, soppeso i punti di vista degli altri?
  3. Presto piena attenzione quando qualcuno mi parla?

Bene, se avete risposto positivamente a queste 3 domande siete delle persone empatiche. Il che è un bella cosa, specie in questi tempi, nei quali come viene più spesso ripetuto “Nessuno si salva da solo”. Mai come in questo ultimo anno il valore della collettività è stato esaltato e ha manifestato tutta la sua importanza. Siamo tutti parte di un insieme.

L’importanza della connessione

Questa mattina ho imparato, grazie alla mia amica Sandra, una nuova parola : Ubuntu, un termine africano che significa “Io sono perché noi siamo” . E’ quello che si è sentito dire un antropologo, che ha fatto fare un gioco a dei bambini di una tribù africana: dopo aver posizionato un cesto di frutta sotto un albero, aveva invitato i ragazzini a correre verso l’albero. Chi fosse arrivato prima, si sarebbe aggiudicato il gustoso premio. Ebbene, con sua grande sorpresa, i bambini non si sono scatenati in una corsa individuale, ma si sono presi tutti per mano, hanno camminato verso l’albero. Allo stupore dell’antropologo, i bambini hanno appunto risposto. “Ubuntu”. Il gioco non aveva scatenato la competizione, bensì il senso collettivo di camminare insieme per raggiungere uniti il risultato. Una bella favola moderna, anche se fortunatamente era reale. I ragazzi hanno dimostrato di essere persone empatiche. Tutti connessi.

I 3 gradi di empatia

Possiamo essere empatici con gradi diversi di intensità. Lo sapevate?

  • Empatia cognitiva
  • empatia emozionale
  • empatia compassionevole

Non è detto che tutti abbiamo lo stesso modo di saperci mettere in connessione con gli altri. Possiamo essere empatici perché cogliamo l’importanza degli altri, oppure possiamo esserlo mettendoci con più sentimento in ascolto degli altri. Infine, il massimo grado è mettersi nei panni degli altri, comportandoci in maniera piena, consapevole, attivando gesti di aiuto e collaborazione. Insomma essere “ubuntu”.

Coltivare l’empatia

Se empatici si nasce, possiamo però anche cercare di sviluppare atteggiamenti che ci portino ad essere più connessi con gli altri. Connessi in maniera compassionevole, appunto. Essere empatici non è solo mettersi nei panni degli altri, generando senso di gioia da parte dell’oggetto dell’empatia. Fa bene anche a noi che la pratichiamo: in primis genera apertura e fiducia nei nostri confronti. Consente di sviluppare relazioni solide e profonde fra le persone. Avere buone relazioni è una delle chiavi per vivere in maniera serena e appagata. Essere circondati da sentimenti di amore, attenzione, fiducia è profondamente gratificante, siete d’accordo? Essere empatici, aiutare gli altri ci aiuta anche a superare stati emotivi negativi, perché spostiamo il focus da noi stessi a qualcun altro. Significa togliere potere all’emozione negativa. Fare bene, fa bene, lo abbiamo ripetuto più volte.

Qualche consiglio utile

Come accrescere l’empatia e la connessione? Qui sotto trovate qualche consiglio utile.

  1. Sviluppa interesse nei confronti di qualcun che non conosci
  2. Chiedi un feedback sulle tue azioni e comportamenti
  3. Diventa un osservatore di persone
  4. Identifica e supporta una causa benefica
  5. Esprimi il tuo apprezzamento e gratitudine

La gestione dei conflitti

Essere persone empatiche aiuta anche a superare e gestire i conflitti. Vedere le circostanze da una prospettiva differente, non necessariamente la nostra, ci aiuta a vedere la situazione in maniera oggettiva, ancora senza il filtro dell’emozione. Provate a pensare ad una situazione nella quale voi e un’altra persona avete avuto dei dissapori. Esaminare la situazione dal solo proprio punto di vista non consente di vedere che ci possono essere altre soluzioni. Diventate osservatori esterni e esaminate le posizioni dei 2 contendenti. Sicuramente vi farà intravedere soluzioni inaspettate. Non è detto che la posizione del vostro interlocutore non sia quella più ragionevole.

Un webinar sull’Intelligenza Emotiva

L’empatia è una delle caratteristiche dell’Intelligenza Emotiva. Su questo argomento la prossima settimana, riparte un nuovo webinar che all’empatia dedicherà una sessione specifica.

Essere persone empatiche ci preserva da comportamenti egoistici, ci mette in connessione con gli altri e ci fa sentire persone persone di valore. Accresce e aumenta la nostra autostima. E ci fa sentire tutti Ubuntu…Che è un bel sentire…

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Il ciclo emotivo del cambiamento

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Negli auguri che ci stiamo scambiando in questi giorni ricorrono parole chiave: rinascita, rinnovamento. C’è un forte desiderio da parte di tutti di cambiamento. Della situazione che ormai stiamo vivendo da oltre un anno e che sembra sempre immobile, con poca luce in fondo al tunnel. Cambiamento della nostra routine, che sta diventando sempre più stretta tra smartworking, dad, relazioni sociali azzerate. In attesa che qualcosa cambi, cambiamenti che purtroppo non possono essere originati solo da noi ( a parte i nostri comportamenti di osservanza delle regole di distanziamento, non assembramento ecc ecc) proviamo a ragionare su quello che possiamo modificare noi stessi.

Il cambiamento nasce da noi stessi

Se vogliamo che qualcosa cambi dobbiamo partire da noi stessi. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Tante, tantissime, ma è una verità inconfutabile. L‘unico controllo che possiamo esercitare è quello su noi stessi, lo abbiamo già scritto, perché come dice Tom Peters ” il cambiamento è una porta che si apre solo dall’interno”, metafora perfetta. Quindi analizziamo quello che sta stretto nella nostra vita, cosa non siamo più in grado di sopportare e mettiamoci all’opera. Ma prima ascoltiamo qualche consiglio utile per imparare a gestire al meglio il nostro cambiamento, prendendo in considerazione quelli che sono gli stadi emotivi che tutti siamo chiamati ad affrontare. Una volta compreso quello che ci aspetta, saremo in grado di affrontare il cambiamento con spirito costruttivo e positivo.

Le 5 fasi

I consigli ci vengono da Don Kelley e Daryl Conner, due ricercatori americani che notarono che molti degli individui che avevano affrontato un cambiamento volontario, si erano ritrovati ad attraversare 5 fasi, e in ognuna di queste fasi avevano vissuto un preciso stato emotivo. Svilupparono così l’Emotional Cycle of Change (ciclo emotivo del cambiamento) e lo pubblicarono nell’ “Annual Handbook for Group Facilitators” del 1979. Il modello delinea le cinque fasi emotive che la maggior parte delle persone attraversa durante il cambiamento volontario.

La fase 1: ottimismo ingiustificato

Chi non ha mai provato un grande stato di eccitazione quando è in procinto di affrontare un nuovo progetto? Siamo pieni di entusiasmo , l’adrenalina è a mille e e la nostra motivazione è ai massimi livelli. Siamo pervasi da uno stato di invincibilità – poco razionale e del tutto ingiustificata. In questa sindrome da superman e superwoman occorre seguire due consigli pratici. Il primo è quello di stilare e mettere per iscritto ( il potere della visualizzazione ci può venire in soccorso) quelli che sono i benefici che ci aspettiamo da questo cambiamento. Lavoriamo con la nostra energia cognitiva e pensiamo in maniera razionale e non emotiva. Il secondo consiglio è quello di mettere un po’ il freno a questo nostro impeto di voler raggiungere subito il risultato. Pensiamo a quando dobbiamo fare una corsa : mantenere sin dall’inizio la giusta andatura ci permette di non disperdere da subito tutta l’energia, ma conservarla e dosarla in maniera equilibrata. Insomma, abbondiamo la modalità “voglio tutto e subito”, non paga. Dosiamo le nostre forze e ricordiamoci che chi va piano…va sano e va lontano.

La fase 2: pessimismo giustificato

E’ il momento dello scoramento. Siamo partiti pieni di belle speranze, ma l’entusiasmo, quella forza propulsiva che ci aveva sostenuto nella prima fase, inizia a calare. Le difficoltà che troviamo lungo il nostro cammino aumentano la nostra frustrazione e l’assenza di risultati tangibili intacca la nostra motivazione. E ‘ qui che affiorano le domande” Perché ho iniziato questo percorso?” ” Che senso ha continuare?” e la nostra vocina interiore ci dice anche “Ma sì, anche se rimando a domani, cambia qualcosa?” ” Che senso ha continuare, tanto non ce la farò”. Ben arrivati nella Valle della disperazione. E’ questo lo scoglio sul quale tutti i nostri buoni propositi si infrangono…E’ questo il momento in cui il 90% dei tentativi di cambiamento si annullano. L’entusiasmo della prima fase è svanito. E’ questo il momento in cui dobbiamo far ricorso a tutta la nostra forza di volontà per poter proseguire nel nostro cammino.

Fase 3 : realismo incoraggiante

Coloro che riescono a superare la fase del pessimismo giustificato, iniziano a vedere il cambiamento in maniera più oggettiva. Diventano più consapevoli degli ostacoli che dovranno affrontare ed iniziano ad elaborare le strategie che permetteranno loro di superarli con successo. Una modalità può essere quella di darsi una data di scadenza e valutare i progressi raggiunti. Rafforza la nostra motivazione e ne beneficia la nostra autostima. Ci focalizziamo su cosa ha funzionato e possiamo costruire una strategia per poter proseguire, facendo tesoro dei nostri risultati, seppur parziali. E’ la fase più importante di tutto il percorso, perché ci dà l’energia per poter proseguire lungo la nostra via del cambiamento.

Fase 4: ottimismo giustificato

Rimaniamo focalizzati sulle singole azioni per un periodo sufficientemente lungo – solitamente 90 giorni- ed entriamo nella quarta fase del ciclo emotivo del cambiamento. Non siamo ancora arrivati alla meta, ma siamo vicini. E’ in questa fase che possiamo consolidare la nostra posizione mettendo in atto un’azione importante: aiutare gli altri. Noi siamo riusciti a superare tutte le fasi complesse, abbiamo scavallato la valle della disperazione e conosciamo bene gli stati emotivi e gli ostacoli che abbiamo superato. Condividerli con gli altri è un modo per essere noi stessi testimoni del fatto che ottenere un cambiamento è possibile. Diventiamo una guida, un mentore. E sappiamo quanto fa bene fare del bene.

Fase 5 : conclusione

E’ fatta, siamo arrivati al termine del nostro cammino verso il cambiamento e possiamo celebrarci. Siamo stati davvero bravi, non era scontato, per cui non sottovalutiamo il nostro successo. Celebriamoci e premiamoci. Mandiamo messaggi positivi al nostro cervello perché possiamo diventare consapevoli dei nostri successi. L’autostima ne trarrà grandi vantaggi. Dobbiamo essere fieri di noi. Come vi sentite? Avete cambiato la vostra opinione si di voi? E’ cambiamento anche questo… Siamo pronti per una nuova rinascita. A proposito, buona Pasqua di luce e rinascita a tutti!

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Le 10 chiavi della felicità

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Oggi, 20 Marzo, è la Giornata Mondiale della Felicità.

Propongo una classifica delle 10 chiavi della felicità. Sono frutto di una riflessione personale, unita suggerimenti da parte di Action for Happiness, organizzazione che conta oltre 115 mila persone in 174 paesi.

Conosci te stesso

Conosci te stesso – γνῶϑι σεαυτόν è scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, luogo da cui emana ancora oggi tanta energia. E conoscere se stessi è la base per poter vivere una vita serena, autentica, consapevole.

Gratitudine

Provare gratitudine- Il tema della gratitudine è un tema al quale faccio ricorso sempre, perché mi è molto caro. Significa essere consapevoli di tutto ciò che si ha, di ciò che la vita ci regala ogni giorno. Un atteggiamento grato si accompagna ad un atteggiamento volto a vedere quello che abbiamo senza soffermarsi sulle mancanze

Avere buone relazioni

Coltivare le buone amicizie, buoni rapporti con i famigliari improntando sempre tutte le relazioni alla comprensione, all’accoglienza, all’inclusione, all’aiuto verso chi ha bisogno, alla presenza. Avere buone relazioni è anche indice di Intelligenza Emotiva.

Avere un obiettivo

Quanta soddisfazione proviamo quando raggiungiamo i nostri traguardi? Quando, dopo aver messo a fuoco ciò che vogliamo raggiungere, esaminiamo le risorse a nostra disposizione, realizziamo il nostro piano d’azione e siamo in grado, infine, di raggiungere i nostro obiettivi non ci sentiamo felici? Da Coach provo una grande soddisfazione quando vedo i miei Coachee felici e soddisfatti per aver ottenuto la gratificazione di veder concretizzato ciò che desideravano da tempo. Qui la felicità è doppia: mia e dei miei Coachee.

Imparare cose nuove

Non si finisce mai di imparare e l’apprendimento è uno stimolo continuo ad evolversi, crescere, cercare sempre più risposte, che producono nuove domande. E’ la gioia della conoscenza, una fonte che non esaurisce mai.

Essere gentili

Alla gentilezza abbiamo dedicato numerosi articoli. Essere gentili fa bene. Si produce più ossitocina, uno degli ormoni del benessere. L’Università della British Columbia ha condotto uno studio su un gruppo di persone ansiose. Dopo che queste hanno compiuto atti di gentilezza per un mese, gli stati d’animo d’ansia sono diminuiti e sono aumentati gli stati d’animo positivi.

Accettarsi

Accettare se stessi per come si è, rispettarsi, amarsi è un altro importante elemento per poter vivere una vita felice. Stare bene con sé stessi significa anche avere relazioni soddisfacenti con gli altri. Non dimentichiamolo. Se non siamo noi i primi a volerci bene, come possiamo pretendere che lo facciano anche gli altri?

Avere un atteggiamento positivo

Cerchiamo di vedere il mondo con occhi positivi, esaltando ancora una volta quello che di bello esiste nella nostra vita. Un atteggiamento positivo è anche un atteggiamento di grande resilienza, che ci aiuta a risollevarci velocemente dalle situazioni difficili.

Avere tempo libero

Il tempo è una risorsa sempre più preziosa. Aver tempo per sé stessi, per dedicarsi alle proprie passioni. Tempo da dedicare alle persone care. Fermarsi a riflettere, dedicarsi all’ozio creativo, come dice il sociologo De Masi.

Dare un significato alla nostra vita

Avere uno scopo, un fine verso il quale dirigersi. Capire qual è il nostro posto del mondo. Non si tratta di avere un obiettivo. E’ più profondo. E’ il senso della vita . Questa è la felicità. ” Perché lo scopo della nostra vita è essere felici” come dice Sua Santità il Dalai Lama
se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

L’intelligenza emotiva: come svilupparla

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Sono sempre stata una persona emotiva. Me lo ripetevano i professori a scuola, me lo disse anche il relatore alla mia tesi. Quello che mi ha sempre salvato è stata una forte dose di positività , che mi ha permesso comunque di gettarmi a capofitto nelle nuove avventure, nell’intraprendere nuove strade. Poi crescendo, la maturità mi ha permesso di sapere controllare meglio le emozioni e con la mia attività di saperle non solo riconoscere in me stessa, ma anche negli altri. Ho appreso, insomma, l’alto potenziale dell‘Intelligenza Emotiva, che è diventata con l’andare del tempo oggetto di numerosi studi e approfondimenti da parte mia.

L’intelligenza emotiva ci aiuta a evolverci

Le emozioni hanno avuto un ruolo evolutivo, aiutandoci a sopravvivere alle calamità e agli attacchi nemici milioni di anni fa. Pensate se i nostri antenati non avessero provato emozioni come paura, coraggio la specie umana non si sarebbe sopravvissuta. Se non ci fosse stato il sentimento dell’amore non saremmo qui. Oggi le emozioni ci aiutano a capire meglio noi stessi e gli altri, realizzare i nostri sogni, raggiungere i nostri obiettivi, attraverso la motivazione, una delle 5 caratteristiche dell’intelligenza emotiva.

Tutto è emozione

Ogni azione che noi compiamo genera un’emozione: gioia, sorpresa, tristezza, rabbia, paura, accettazione, disgusto, secondo la classificazione che Robert Plutchik ha fatto delle emozioni primarie. Quindi non è fondamentale riconoscerle e saperle gestire? Affrontare le proprie emozioni significa diventarne consapevoli e imparare a osservarle. Pensate cosa significa in molti casi non saperle affrontare e farsi dominare da esse. Una vita in preda alle emozioni, ci può far vivere in maniera ansiogena, non ci fa vivere con serenità ed equilibrio.

Riconoscere le altrui emozioni

Per non parlare di quanto siano sane e appaganti le nostre relazioni quando sappiamo entrare in sintonia con gli altri, capirne i bisogni. Tutto si semplifica. L’empatia, altra caratteristica precipua dell’intelligenza emotiva, ci permette di instaurare rapporti improntati alla fiducia, all’armonia. Sarà che per me, vivere in un ambiente armonioso, dove c’è massima collaborazione, condivisione è fondamentale, ma saper “mettersi nei panni dell’altro “sviluppa immediatamente sentimenti di rispetto, fiducia. In tutti gli ambiti: personali, famigliari, professionali.

Un clima sereno

Siete consapevoli dei vantaggi di lavorare in un ambiente in cui regna la collaborazione, il supporto reciproco? Soprattutto in questi giorni difficili, dove la maggior parte di noi è in smart working, poter contare su colleghi disponibili, collaborativi, comprensivi, empatici cambia davvero la vita. Quando abbiamo il potere di capire cosa stiamo provando e cosa stanno provando gli altri abbiamo anche il potere di capire come comportarci. Ricerche dicono che il successo nella vita è determinato per l’80% dall’intelligenza emotiva. Non è difficile crederlo, dal momento che, quando le emozioni riescono a condizionarci positivamente, nella maggior parte dei casi la riuscita delle nostre azioni è sempre eccellente.

Sviluppare l’intelligenza emotiva

A differenza dell’intelligenza misurabile con il Quoziente Intellettivo, l’intelligenza emotiva si può sviluppare e coltivare. Le persone emotivamente intelligenti sanno conciliare ciò che la mente, la nostra voce interiore, dice con le nostre emozioni e sentimenti. Sono sicure di sé perché in grado di conoscersi e controllarsi, sanno gestire lo stress, vanno d’accordo con gli altri e nella maggior parte dei casi sono ottimiste e aperte al cambiamento. L’intelligenza emotiva è una specie di super potere, un alleato prezioso per raggiungere i propri risultati.

Il percorso per allenarla

Per poter allenare e sviluppare l’intelligenza emotiva ho predisposto un percorso.

Sono 2 le possibilità: :

  1. Un percorso one to one dove si verificherà il quoziente emotivo per poi intraprendere un cammino che aiuti a lavorare sulle eventuali aree di miglioramento.
  2. Un percorso di gruppo per lavorare sulle aree che compongono l’intelligenza emotiva: la consapevolezza, la padronanza di sé, la motivazione, l’empatia, le capacità relazionali.

Il corso di gruppo inizierà dopo Pasqua ad Aprile e sarà strutturato in 4 incontri di un’ora e mezzo l’uno con cadenza quindicinale.

Ci sarà una parte teorica, ma anche tanti esercizi pratici di Coaching per poter sviluppare consapevolezza e le abilità connesse all’intelligenza emotiva : affidabilità, adattabilità, flessibilità, creatività e autostima.

Un viaggio all’interno di se stessi per poter entrare meglio in connessione con gli altri

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

7 consigli per ridurre lo stress

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Ieri ho provato consolare la mia adorata nipote Giulia, disperata perché a causa di una compagna di classe positiva al tampone, dovrà stare in quarantena fiduciaria e quindi non potrà andare a scuola. Ho percepito e capito quanto stress questa notizia ha causato a lei e a tutti i suoi amici e compagni. Questa situazione purtroppo si ripete ogni giorno in ogni città. Lo stress che questo provoca ai bambini e ai ragazzi è davvero enorme. Per cercare di consolarla, ho cercato di usare tecniche da Coach: farla focalizzare sugli aspetti positivi che questa situazione di disagio per lei può però offrirle. Non alzarsi presto la mattina, mangiare con il papà, che è in smart working, vedere il fratellino…Insomma, la tecnica è stata quella di farla concentrare sui pensieri positivi. Ha funzionato. Quindi se ha funzionato su una ragazzina di 11 anni, perché non dovrebbe funzionare sugli adulti, come rimedio contro lo stress?

Dissociarsi dalle emozioni

Il principio è semplice : cercare di dissociarsi dall’emozione negativa che stiamo provando. Portare la nostra mente a vedere e percepire qualcosa che genera invece uno stato di piacere, benessere. Una modalità che aiuta a produrre ossitocina, l’ormone che fa automaticamente diminuire lo stress e le emozioni negative. Proviamo a vedere qualche altra tecnica per potersi allontanare da uno stato di stress emotivo. Ve ne propongo 7. Vediamoli insieme.

1.Usare la terza persona

Usare il proprio nome anziché la prima persona “Io” ci aiuta a dissociarci dall’emozione, separarcene. Vederla staccata da noi ci dà la percezione che non ci appartenga. Non sono io a provare quell’emozione, ma qualcun altro, una terza persona. Quindi perché devo sentirmi coinvolto emotivamente se non sono io?

2. Osserva quello che sta accadendo

Invece di essere avvolti dallo situazione stressante, facciamo un passo indietro e osserviamo quello che sta succedendo a noi, ai nostri pensieri. Com’è il nostro respiro? E’ affannato? Prendiamone consapevolezza e iniziamo a respirare ad un ritmo regolare, con profondi inspiri ed espiri. Tecnica semplice, ma molto efficace.

3. Smettere di combattere l’emozione

Invece di porsi in uno stato di antagonismo con l’emozione che genera lo stress, ingaggiando una sorta di battaglia interiore, provate ad accoglierla, accettarla. E’ attraverso l’accettazione che operiamo un cambiamento nei confronti dell’emozione.

4. Sposta l’attenzione

E’ quello che ho fatto io con Giulia: spostare il focus su qualcosa di diverso. Un pensiero positivo, che induce alla calma. Riportare alla memoria il ricordo di un momento in cui siamo stati felici. Una bella esperienza passata, che ci ha divertito. Il pensiero negativo, fonte di stress viene annullato e scompare magicamente.

5. Riducilo a pezzettini

Spesso quando ci sentiamo stressati o sopraffatti dalle circostanze è perché cerchiamo di fare tutto in una volta. Provate a ridurre in piccole parti le attività che occorre realizzare. E’ utilissimo e molto efficace perché realizzare e portare a termine il micro-obiettivo rafforza la nostra motivazione a autostima. Raggiungere il nostro obiettivo, per piccolo che sia, ci fa sentire fieri e orgogliosi di noi oltre che porci in uno stato mentale positivo.

6. Metti in pausa

Se state affrontando un momento che vi genera uno stato di ansia o stress, mettetevi in pausa per 7 minuti. Puntate un timer sull’orologio o sul cellulare e per 7 minuti fate qualcosa di completamente diverso. Alzatevi, fate una passeggiata, bevete un bicchier d’acqua. Qualsiasi cosa che vi distolga da quella situazione per cui stavate provando uno stato d’animo negativo. Passati 7 minuti riprendete quello che state facendo. Sarete un’altra persona e vi sarete dimenticati dell’emozione stressante. Ve lo assicuro.

7. Parla con qualcuno a cui tieni

Prendetevi qualche minuto per parlare con la persona che vi fa stare bene. Non ditele ovviamente che vi sentite stressati. Basta dire che volevate sentire la sua voce e concentratevi proprio sul tono, il volume, sulle parole che sta pronunciando. Se proprio volete strafare, ditele o ditegli quanto tenete a lui o a lei. I sentimenti e le emozioni positive sono sempre la miglior medicina. Un rimedio infallibile per ridurre lo stress.

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Stare nel flow per essere felici

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Il flow è uno stato di coscienza nel quale la persona è completamente immersa in un’attività e la condizione è caratterizzata da un totale coinvolgimento dell’individuo. Il concetto di “flusso” fu introdotto nel 1975 dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi per poi diffondersi in vari campi di applicazione della psicologia, come lo sport, la pittura, la musica, la scrittura, la meditazione. Si raggiunge uno stato di flusso quando si è così appassionati di ciò che si sta facendo, che si è in grado di bloccare o dimenticare tutto tranne il compito in cui si è concentrati.

Essere in una bolla

Il flow è uno stato di grazia, un momento unico in cui riusciamo davvero ad estraniarci da tutto e tutti, in un’assenza temporale e di spazio. E’ come essere in una bolla, uno stato d’animo perfetto nel quale siamo connessi con noi stessi e proviamo un senso di piacere, leggerezza. Un momento di benessere ottimale, dove tutto è esattamente come vorremmo che fosse. E’ nel flow l’atleta concentrato sulla sua performance, l’artista che sta dipingendo la sua opera, il giocatore di scacchi concentrato sulla prossima mossa. Ma qualsiasi attività può creare uno stato di flow, se affrontata con la giusta mentalità e approccio. I nostri workshop di ArtCoaching sono un esempio di stare nel flow. Chi vi partecipa li descrive sempre come momenti in cui si vive estraniati dalla vita di tutti i giorni. Una magica bolla.

Lasciar andare

La capacità di fluire implica il saper lasciare andare. Si è concentrati solo sulla nostra attività, sul momento presente, e tutto il resto fuori. Sono attività dettate da una motivazione intrinseca e che ci piace fare solo per il gusto di farlo, non per ricompense esterne, come denaro, fama. Solo per il piacere di farlo. Csíkszentmihály le chiama attività “autoteliche” , dall’antico greco αὐτός, stesso e τέλος, fine, attività fini a se stesse.

Come si genera il flow

Per generale lo stato di flow occorre riuscire a trovare il giusto equilibrio tra le nostre capacità e abilità e le sfide che l’attività richiede. Se la sfida è troppo facile si rischia di annoiarsi; se, al contrario, è troppo difficile, rischiamo di provare frustrazione. L’equilibrio è sottile. E’ come trovare l’accordo giusto, il diapason della nostra motivazione intrinseca. L’esatto punto che ci fa vibrare. Quello che rende viva la nostra attenzione. Nulla di più, nulla di meno. Le attività che creano flusso sono focalizzate su un unico obiettivo. Nessuna distrazione da parte di obiettivi collaterali. Come l’arciere concentrato sul punto al centro del bersaglio. Nient’altro. Poiché le attività di flusso sono orientate agli obiettivi, necessitano di feedback immediati. Nel caso del giocatore di scacchi, la reazione dell’avversario alla sua mossa. L’atleta misura immediatamente il risultato della sua sfida. Questo anche se la persona che è nel flow non svolge l’attività per ottenere il feedback, il conforto dei risultati rafforza la propria concentrazione.

Esprimere il nostro potenziale

Il flow è diventato un concetto molto diffuso nella psicologia positiva degli ultimi dieci anni, perché aiuta a vivere una vita più felice e ricca emotivamente. Il flusso ci permette, infatti ,di attingere al nostro pieno potenziale. Vederci dare il meglio di noi stessi accresce la nostra autostima oltre a darci un significato. Avere uno scopo è essenziale per la nostra felicità.

Anche se è impossibile vivere tutto il giorno nel flow, è raccomandabile avere un’attività quotidiana che crea flusso per rafforzare la fiducia in noi stessi e il senso di soddisfazione. Provate ad inserire, quindi, nella vostra routine quotidiana un’attività che vi ispiri gioia, senso di appagamento: un’attività sportiva, un hobby, una passione. Io il mio flow l’ho trovato. E’ la scrittura. Lo dimostro ogni settimana con i miei articoli. Sono loro che mi permettono di stare sempre nel flusso…

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

L’Intelligenza emotiva ci migliora la vita

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Avete mai pensato a come vivremmo bene se tutti fossimo dotati di un elevato grado di intelligenza emotiva? Ci capiremmo meglio, ci rispetteremmo di più, non avremmo conflitti. Perché l’intelligenza emotiva eleva la nostra empatia, la nostra capacità di gestire le emozioni. E’ infatti il punto di congiunzione fra l’intelligenza, quella misurata in QI ( quoziente intellettivo) e le emozioni.

A trattarla per la prima volta sono stati nel 1990 i professori Peter Salovey e John D.Mayer che, in un articolo,  “Emotional Intelligence” definiscono l’intelligenza emotiva come “La capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e i ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. Poi la divulgazione del concetto è stata possibile grazie a Daniel Goleman che, con il suo libro pubblicato nel 1995, “L’intelligenza emotiva” ha permesso il diffondersi di questa nuova competenza.

Le caratteristiche fondamentali dell’IE

Io sono affascinata da sempre dall’argomento. Sarà il mio interesse per le emozioni, per la capacità di saperle esprimere, ma dell’intelligenza emotiva mi sono sempre interessata, ho studiato, approfondito. Da ultimo ho seguito anche un Corso per conseguire l’Emotional Intelligence Pratictioner Certification e il mio interesse è continuato a crescere. Vediamo di spiegare le ragioni di questa mia fiducia nel magico potere dell’intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman, le caratteristiche fondamentali sono 5:

  1. Consapevolezza
  2. Autocontrollo o padronanza di sé
  3. Motivazione
  4. Empatia
  5. Abilita sociale

La consapevolezza

E’ la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, gli impulsi. E’ la chiave di tutto : capire chi siamo , cosa desideriamo, i nostri bisogni, qual è il nostro scopo, purpose, come dicono gli anglosassoni. Per poter giungere alla consapevolezza occorre fare un’autovalutazione per poterci conoscere meglio e capire le nostre priorità. La consapevolezza ci porta ad essere presenti e indirizzare le nostre azioni verso quello che desideriamo realizzare. In questo modo non veniamo sopraffatti dalle emozioni, al contrario siamo in grado di riconoscerle e attivarle a seconda della necessità. Per un’analisi della nostra consapevolezza sugli stati emotivi, può essere utile rispondere al questionario, che trovate qui sotto , che avevo anche proposto nell’articolo sulle gestione delle emozioni. Un altro esercizio utili per accrescere la consapevolezza è fare una lista delle emozioni e degli stati d’animo che proviamo durante la giornata. E’ utile per capire quali sono le emozioni positive e quelle negative. Proviamo a fare questo esercizio per una settimana, a fine giornata, prima di andare a letto. E’ una sorta di termometro emotivo, che ci rivelerà molto di noi.

Autocontrollo o padronanza di sé

Significa saper reindirizzare le emozioni prima di passare all’azione. Proviamo, ad esempio, questo esercizio. Pensiamo di avere a disposizione un pulsante, un pulsante rosso, come spesso si vedono nei telequiz. Tutte le volte che ci sentiamo sopraffatti da un’emozione, pensiamo mentalmente di schiacciarlo e metterlo in pausa. Come ci sentiamo? E’ importante visualizzarlo, perché la nostra mente percepisce un impulso che le comunica di cambiare atteggiamento. E’ uno stop che arriva e ci distoglie dall’emozione che stiamo provando. Per acquisire maggiore padronanza di sé, studi scientifici hanno individuati che esistono dei cosiddetti “cancelli mentali”. Il cervello infatti elabora un sistema di cancelli : quando se si sta provando un’emozione, viene chiuso. Abbiamo quindi la possibilità di disinnescare l’emozione negativa, aprendo la porta ad una positiva. Un altro strumento per controllare la propria emozione è anche quello di innescare un’azione fisica: respirare profondamente ad esempio, o camminare, fare una passeggiata. Quante volte ci è capitato di sentirci stressati, arrabbiati e uscire di casa per fare un giro? Come è stato il nostro stato d’animo al rientro? Non abbiamo provato un immediato beneficio? Utilizziamo questo semplice atto. Semplice, ma molto efficace.

Motivazione

E’ la comprensione di quello che ci spinge all’azione. E’ il motore che ci induce a metterci in gioco e fare sempre meglio. E’ anche la spinta all’autorealizzazione, l’impulso a migliorarsi. In ambito professionale le persone con questa competenza sono persone orientate al risultato, con uno slancio a raggiungere i propri obiettivi, provano a migliorare sempre le proprie prestazioni. Goleman parla di neurologia della motivazione, e attribuisce all’amigdala, ( una particolare regione pari del cervello, sede di svariati nuclei nervosi, che appartiene al lobo temporale e prende parte al cosiddetto sistema limbico). il potere di guidarci verso ciò che per noi conta di più .L’amigdala è la componente di una “porta neuronale” attraverso tutto ciò che ci interessa, tutto ciò che serve a motivarci, entra e viene pesato in base al suo valore come incentivo.

L’empatia

L’empatia è l’abilita che ci consente di entrare in contatto con gli altri, che ce li fa comprendere. E’ la capacità di sentirsi connessi, non ragionare in termini egoistici , ma in termini collettivi. E’ il passaggio dall’io al noi. E’ l’abilità che ci farebbe vivere in un mondo in cui il bene individuale passa anche attraverso il bene di coloro che ci circondano. Non è il mondo dell’utopia, ma il mondo della realtà nella quale c’è spazio per tutti e tutti, insieme, possiamo sostenerci per vivere in maniera armoniosa. Le persone dotate di empatia sanno ben integrarsi, sul luogo di lavoro creano un ambiente di collaborazione e di fiducia. Daniel Goleman nel suo best seller Intelligenza Emotiva sostiene che l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti alle emozioni tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. Un mondo di emozioni. Positive, ovviamente.

L’abilità sociale

L’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri ha come risultato la possibilità di sapere instaurare buone relazioni. E’ l’altra fondamentale abilità propria dell’intelligenza emotiva. Cogliere le emozioni altrui è il punto di partenza per questa intelligenza sociale. E’ la capacità di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone, potenziando quelle positive e cercando di disinnescare quelle negative. Essere dotati di un elevato quoziente emotivo significa sapersi rapportare con gentilezza e altruismo. E qui torna la domanda inziale: che mondo sarebbe se fossimo tutti dotati di intelligenza emotiva? Un mondo di reciproca comprensione e cooperazione. Impegnamoci quindi a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Dipende solo da noi.

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Come gestire le emozioni

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Saper riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni è indice di intelligenza emotiva. Mettere un filtro alle proprie emozioni consente di non essere dominati da esse. Lo abbiamo sperimentato tutti: avere un atteggiamento calmo, equilibrato ci aiuta ad affrontare la quotidianità, le difficoltà o anche le situazioni inaspettate in maniera serena, senza farsi prendere dal panico. Che non significa essere freddi e distaccati. Al contrario. L’empatia è una delle caratteristiche principali dell’intelligenza emotiva, sapersi mettere nei panni degli altri, con un atteggiamento di profonda comprensione e compassione. L’etimologia della parola emozione lo spiega bene: viene dal latino e moveo : muovo fuori. Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazione psicologiche a stimoli esterni e interni, naturali e appresi.

Le emozioni primarie

Lo psicologo americano Robert Plutchik ha creato un modello, la ruota delle emozioni, in cui esplicita 8 emozioni primarie: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, aspettativa, rabbia e disgusto. Saperle individuare, una volta che si palesano, ci aiuta a scegliere le emozioni con le quali vogliamo vivere. Esistono 3 diverse tipologie di persone emotive:

  1. Gli “inghiottiti”: coloro che sono sovrastati dalle emozioni, che non le sanno controllare, e per queste ne risultano risucchiati e fagocitati.
  2. Gli “accettanti” : non ne sono investiti , ma le accettano così come sono, senza far nulla per poterne comprendere le cause. Sono per lo più i depressi, coloro che vivono in maniera qusi rassegnata il loro stato emotivo.
  3. I “consapevoli”: sentono quando l’emozione sta per palesarsi e pertanto sanno come gestirla.

La consapevolezza per vivere con equilibrio

Il primo passo per poter vivere in maniera equilibrata è dunque essere consapevoli. Questo ci permette di poter avere una regolazione emotiva: saper controllare le emozioni significa saper attivare quelle positive, la gioia e la fiducia, secondo la classificazione di Plutchick. Ma significa anche, quando siamo in presenza di emozioni negative, di capirne il grado e, conseguentemente, disinnescarle. Un esercizio di Coaching che suggerisco è quello di annotare tutti i giorni, per una settimana, gli stati emotivi che proviamo più frequentemente nell’arco della giornata. Su un foglio a parte invece annotiamo, da un lato, l’esperienza e dall’altra la reazione che ne scaturisce. Questo ci consente di rendere conscio il nostro stato d’animo.

Le emozioni sono generate dai pensieri

Spesso le emozioni nascono dai pensieri. Da credenze che abbiamo rispetto a noi stessi. E’ importante capire quello che noi pensiamo di noi. Ritenerci non sufficientemente all’altezza, innesca sentimenti di frustrazione, che possono sfociare in depressione e mancanza di autostima. Anche il linguaggio che usiamo per descriverci incide sulle emozioni. Se cambiamo i nostri convincimenti negativi, cambieranno anche le emozioni collegate. Cambiare in positivo i pensieri che proviamo influenza le emozioni che si voglio provare. Non ci credete? Provate a fare questo esercizio: scrivere i convincimenti negativi e virarli al positivo. Un esempio : ” Non sono sufficientemente all’altezza di gestire questa situazione” trasformato in ” Ho le capacità di affrontare questa situazione utilizzando le risorse che ho a disposizione”. Vedete come è semplice? E’ la nostra mente, con i nostri convincimenti autolimitanti che ci fa spesso sentire inadeguati e conseguentemente tristi, generando l’emozione della tristezza. Un atteggiamento benevolo verso noi stessi, ci porta a vedere le situazioni sotto una luce diversa nuova. Come dice Amanda Gorman, la giovane poetessa statunitense chiamata a recitare un suo componimento, durante a cerimonia di inaugurazione di insediamento di Joe Biden e Kamala Harris ” C’è sempre una luce, solo se siamo abbastanza coraggiosi da vederla”.

Accrescere la consapevolezza

Per accrescere la nostra consapevolezza e riconoscere le nostre emozioni, può essere utile anche rispondere a queste domade:

  1. Come ti relazioni con gli altri?
  2. Quando ti sei svegliata questa mattina come ti sentivi?
  3. Quando sei andata a dormire ieri sera, come ti sentivi?
  4. Come reagisci quando le persone intorno a te sono arrabbiate, tristi o frustrate?
  5. Come reagisci quando le persone sono felici?
  6. Quali sono i comportamenti positivi che esprimi di più?
  7. Quali comportamenti negativi esprimi di più?
  8. Come ti comporti con i tuoi famigliari o amici?
  9. Che comportamenti hai quando sei felice e rilassata?
  10. Che comportamenti hai quando sei arrabbiata o frustrata?

Essere consapevoli delle proprie emozioni è il primo passo per poterle cambiare. Ci vuole coraggio, direbbe Amanda. E il coraggio non è un’emozione. E’ una risorsa.

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Mi regalo la serenità

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

E se il regalo fosse la serenità? Sì, proprio la serenità, di cui tutti abbiamo tanto bisogno. Perché l’anno che si è appena concluso, il 2020, ci ha fatto vivere con tanti sentimenti, emozioni, ma forse la serenità non è stata fra quelli. Eppure, se non siamo stati colpiti nella salute, fortunatamente, qualche motivo per vivere qualche istante di serenità lo abbiamo avuto. Il 2020 è stato un’orribile annata, lo sappiamo, ma qualcosa ci ha insegnato. Ci ha fatto riscoprire il valore degli affetti, delle relazioni, del tempo a disposizione per leggere, approfondire, studiare.

Un anno di crescita

Io, se devo essere sincera, al netto di tutti i lavori che purtroppo non si sono potuti realizzare, ho avuto tempo per poter investire sulla mia formazione, frequentando molti corsi online, che mi hanno permesso di aggiornarmi e acquisire nuove competenze. Ho potuto – e per questo sono eternamente grata alla mia amica Enza di Parry & Associati– aprire questo blog, un sogno che coltivavo da anni e che solo il maggior tempo a disposizione, la disponibilità d’animo e mentale mi ha permesso di portare a compimento. Ho potuto così investire sulla mia brand identity, valore fondamentale per chi vuole comunicare, soprattutto nel mio settore, quello del Coaching.

Fermarsi per andare avanti

Perché, tra le cose che ho imparato, vi è che occorre fermarsi per poter riflettere e interrogarsi se vogliamo crescere, evolverci e migliorare. Correre e rincorrere mille impegni non ci porta da nessuna parte. Bisogna sapersi fermare e sapersi ascoltare. E’ uno degli insegnamenti che questa pandemia ci ha dato. Che correre a perdifiato non ci porta da nessuna parte. Anzi ci porta a sbattere. La lentezza e i ritmi più pacati sono stati un altro insegnamento di questa pandemia. Non aver paura di stare tranquilli a pensare, riflettere e meditare. Che l’inazione non è uno stato per il quale dobbiamo provare sensi di colpa. Fermarsi, respirare. Non essere continuamente in apnea. Sentirsi sempre in affanno e in ritardo su tutto. Se un’altra importante lezione la pandemia ci ha dato, è quella che tutto è rimandabile. Non dobbiamo scapicollarci e riempirci di impegni per colmare i vuoti che proviamo quando non abbiamo l’agenda fitta di impegni. E’ stata per tanti anni la malattia dei primi anni del Ventunesimo secolo. Il terrore di non fare, correre, agire. Se non eravamo frastornati da appuntamenti, riunioni ci sentivamo persi. Il tempo libero ci ha sempre fatto paura, non siamo stati abituati a stare in silenzio con noi stessi. Noi stessi siamo l’altra grande scoperta del 2020. Quanto ci conoscevamo? Quanto ci permettevamo di stare da soli con noi stessi?

Partire da noi stessi

La pandemia ci ha messo di fronte a nuove situazioni, eventi mai sperimentati prima. E come abbiamo reagito? Abbiamo provato a trovare soluzioni nuove per affrontare situazioni inaspettate. Il bel docufilm di Gabriele Salvatores “Fuori era Primavera” ci ha ben descritto i comportamenti e la capacità di adattamento, che ciascuno di noi ha messo in campo per affrontare un nemico nuovo e per certi aspetti imbattibile, specie all’inizio. Ma l’essere umano ha una grande capacità di adattamento e ha saputo ricorrere a mezzi e strumenti nuovi per affrontare la nuova realtà. Quindi è tutto da buttare questo benedetto 2020? Spesso impariamo più da coloro che ci mettono alla prova, facendoci piangere, soffrire. Sono loro i veri maestri. E il Covid 19 per certi aspetti è stato un grande maestro. Ci ha fatto scoprire chi siamo veramente e di che cosa siamo capaci. Ci ha fatto scoprire tutti resilienti. E prima neanche lo sapevamo.

Le domande potenti

Cosa ci ha dunque insegnato la pandemia? Proviamo a rispondere alle domande che trovate sotto il link. Ci aiuteranno a capire un po’ di più di noi stessi. Ci aiuteranno a comprendere che nell’anno appena trascorso siamo cambiati. Siamo cresciuti. O semplicemente abbiamo imparato a conoscerci meglio.

Come affrontare il futuro

Con quanto abbiamo appreso in questi mesi, che sono sembrati decenni, come ci stiamo preparando ad affrontare il futuro? Abbiamo gli strumenti per poter affrontare con più serenità i giorni che ci attendono? Proviamo a fare un altro esercizio di Coaching. Prendiamo un foglio e dividiamolo in due colonne. Su un lato, in alto scriviamo “Vecchio me”, sulla colonna accanto “Nuovo me”. Cosa è cambiato? Cosa farò di più? Cosa farò di meno? Cosa farò in maniera diversa? Come sono cresciuto? Cosa sono disposto a lasciar andare per affrontare il nuovo anno? Cosa mi serve per amarmi di più? Sono risposte fondamentali per affrontare con serenità il 2021.

Un percorso utile e necessario per poter affrontare con maggiore consapevolezza il nuovo anno che ci attende. Un percorso che ci aiuta a capire quali risorse abbiamo al nostro interno per poter affrontare le nuove situazioni che ci attendono. Perchè dentro di noi ci sono tutte le risposte.

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Felicità: istruzioni per l’uso

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

La parola felicità può essere considerata fuori luogo in questi giorni. Eppure, in questi ultimi mesi, tempi in cui quasi abbiamo quasi paura a pronunciarla, causa la pandemia, mi sono capitati fra le mani ben 3 libri che riportano la parola felicità nel titolo: “Il permesso di essere felici”, la recente pubblicazione della brava Lucia Giovannini, il “Il permesso di essere felice” di Meik Wiking, direttore dell’Happiness Research Institute di Copenaghen e il già citato ” La trappola della felicità” di Russ Harris.

Il recente workshop

Bene, forse sollecitata da queste letture e soprattutto alla ricerca del significato della parola felicità, specie in questi giorni che di felici hanno ben poco, abbiamo deciso di dedicare all’argomento il nostro ultimo workshop di ArtCoaching: “Coltiviamo il nostro giardino della felicità”. E’ stata dunque l’occasione per una riflessione e una ricerca sulle fonti della felicità, in una chiave esistenziale. La frase che racchiude la mia idea di felicità l’ha sintetizzata Gandhi ” La felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in armonia”. La pura consapevolezza. La pura presenza. La coerenza, l’autenticità. Perfezione e massima chiarezza. Un concetto universale, che prescinde dalle contingenze del momento.

I paesi più felici al mondo

Prima di esaminare il percorso che conduce a questa crescita di consapevolezza, è interessante fare un piccolo giro intorno al mondo e vedere cosa ci dicono le ricerche sulla felicità. La fonte è l’Happiness Research Institute, che stila una classifica triennale dei paesi più felici al mondo. Il dato da cui siamo partiti mi ha colpito. Sapete quante sono le persone al mondo che dicono di essere felici? il 3%. Una percentuale bassissima, se consideriamo anche il numero della popolazione mondiale: quasi 8 miliardi. La percentuale ci dice che circa 24 milioni di persone al mondo sono felici. Il World Happiness Report, nel triennio 2017-2019, stila una classifica di 153 paesi per misurarne la felicità. Ai primi posti gli scontati paesi scandinavi: Finlandia, Danimarca, Svizzera, Islanda, Norvegia, seguiti da Svezia, Nuova Zelanda, Austria. E l’Italia? Noi siamo al 30° posto. Mentre all’ultimo, il 153 posto troviamo l’Afghanistan, preceduto dal Sud Sudan.

La libertà di scegliere

Il Report ci dice anche che ” Nessuno può dirsi felice se non ha la sensazione di scegliere il corso della propria vita” . Quindi è la libertà ad indicare il grado di felicità. Liberta di espressione, di scegliere la strada da percorrere. E utilizzando la libertà come metro di giudizio non possiamo che capire le ragioni per le quali troviamo i paesi sopracitati ai primi posti. Lo conferma anche lo Human Freedom Index del 2017 che vede la Svizzera al primo posto, seguita da Nuova Zelanda, Irlanda.

Le 10 chiavi della felicità

Questo è quanto viene analizzato a livello istituzionale. Ma ad un livello più personale e individuale? Qui sotto troviamo una classifica che possiamo definire i 10 passi verso la felicità. Sono frutto di una riflessione personale, che si incrocia con suggerimenti da parte di Action for Happiness, organizzazione che conta oltre 115 mila persone in 174 paesi.

  1. Conosci te stesso – γνῶϑι σεαυτόν è scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, luogo da cui emana ancora oggi tanta energia. E conoscere se stessi è la base per poter vivere una vita serena, autentica, consapevole.
  2. Provare gratitudine- Il tema della gratitudine è un tema al quale faccio ricorso sempre, perché mi è molto caro. Significa essere consapevoli di tutto ciò che si ha, di ciò che la vita ci regala ogni giorno. Un atteggiamento grato si accompagna ad un atteggiamento volto a vedere quello che abbiamo senza soffermarsi sulle mancanze.
  3. Avere buone relazioni- Coltivare le buone amicizie, buoni rapporti con i famigliari improntando sempre tutte le relazioni alla comprensione, all’accoglienza, all’inclusione, all’aiuto verso chi ha bisogno, alla presenza.
  4. Avere un obiettivo- Quanta soddisfazione proviamo quando raggiungiamo i nostri traguardi? Quando, dopo aver messo a fuoco ciò che vogliamo raggiungere, esaminiamo le risorse a nostra disposizione, realizziamo il nostro piano d’azione e siamo in grado, infine, di raggiungere i nostro obiettivi non ci sentiamo felici? Da Coach provo una grande soddisfazione quando vedo i miei Coachee felici e soddisfatti per aver ottenuto la gratificazione di veder concretizzato ciò che desideravano da tempo. Qui la felicità è doppia: mia e dei miei Coachee.
  5. Imparare cose nuove- Non si finisce mai di imparare e l’apprendimento è uno stimolo continuo ad evolversi, crescere, cercare sempre più risposte, che producono nuove domande. E’ la gioia della conoscenza, una fonte che non esaurisce mai.
  6. Essere gentili- Alla gentilezza abbiamo dedicato numerosi articoli. Essere gentili fa bene. Si produce più ossitocina, uno degli ormoni del benessere. L’Università della British Columbia ha condotto uno studio su un gruppo di persone ansiose. Dopo che queste hanno compiuto atti di gentilezza per un mese, gli stati d’animo d’ansia sono diminuiti e sono aumentati gli stati d’animo positivi.
  7. Accettarsi – Accettare se stessi per come si è, rispettarsi, amarsi è un altro importante elemento per poter vivere una vita felice. Stare bene con sè stessi significa anche avere relazioni soddisfacenti con gli altri. Non dimentichiamolo. Se non siamo noi i primi a volerci bene, come possiamo pretendere che lo facciano anche gli altri?
  8. Avere un atteggiamento positivo – Cerchiamo di vedere il mondo con occhi positivi, esaltando ancora una volta quello che di bello esiste nella nostra vita. Un atteggiamento positivo è anche un atteggiamento di grande resilienza, che ci aiuta a risollevarci velocemente dalle situazioni difficili.
  9. Tempo libero – Il tempo è una risorsa sempre più preziosa. Aver tempo per sé stessi, per dedicarsi alle proprie passioni. Tempo da dedicare alle persone care. Fermarsi a riflettere, dedicarsi all’ozio creativo, come dice il sociologo De Masi.
  10. Dare un significato alla nostra vita – Avere uno scopo, un fine verso il quale dirigersi. Capire qual è il nostro posto del mondo. Questa è la felicità. ” Perché lo scopo della nostra vita è essere felici” come dice Sua Santità il Dalai Lama.
se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Vi regaliamo il benessere : il nostro calendario dell’avvento

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Oggi voglio farvi un regalo. Un calendario dell’avvento con 21 consigli di benessere. Da qui al giorno di Natale. Il clima non è dei migliori, non solo metereologicamente. Il nuovo Dpcm ha dato indicazioni su come comportarsi durate i prossimi giorni e le festività. C’è ovviamente tanta mestizia, anche se molto buon senso e senso di responsabilità. Sarà dunque un Natale sospeso, come tutti i giorni che lo hanno preceduto. Un anno della nostra vita che non abbiamo vissuto in pieno, ma sempre in apnea. Chiusi e ligi nelle nostre case. Per questo ho pensato che un calendario dell’avvento dedicato al benessere interiore per 21 giorni possa essere d’aiuto per affrontare meglio i prossimi giorni.

Presenza e consapevolezza

Il nostro calendario si ispira alla mindfulness, alla consapevolezza del momento presente. Un recente webinar condotto proprio dal guru nonché fondatore della mindfulness, Jon Kabat-Zinn, mi ha radicato ancora di più nel convincimento che vivere il presente, vivere la vita mentre la viviamo, significa liberarsi dalle emozioni e dai pensieri. Le ricerche degli ultimi anni ci dicono che la depressione è una degenerazione del pensiero. Che l’ansia, la frustrazione, la rabbia nascono dai pensieri. Sono i pensieri che generano le emozioni. Creiamo prigioni con i nostri convincimenti intellettivi. La liberazione nasce, invece, nell’essere presenti. La vera meditazione risiede nello stare nel momento presente. Questo significa poter raggiungere il benessere interiore.

Il programma dei 21 giorni

Per questo penso che regalare la capacità di stare nel presente costituisca un dono molto prezioso per vivere una vita libera dalla sofferenza emotiva. Il nostro calendario dell’avvento inizia da oggi e sarà suddiviso in 3 settimane:

  1. Consapevolezza del momento presente

2. Consapevolezza dei pensieri e delle emozioni

3. Consapevolezza di sé e degli altri

La prima settimana

1° Giorno – Iniziamo già da oggi la nostra pratica del benessere. Ascoltiamo per 3 minuti, seduti, ad occhi chiusi il suono di questa campana. Non pensiamo a nulla se non ascoltare questo suono che ci aiuta a portare la calma nei nostri pensieri. Riportiamo il pensiero a questo suono ogni volta che abbiamo bisogno di provare un momento di benessere.

Terminato l’ascolto, rimaniamo sempre seduti, ad occhi chiusi facendo delle respirazioni profonde sempre per 3 minuti

2° Giorno- Meditazione della candela – Prendete una candela, accendetela, quindi sedetevi comodi e osservate per 5 minuti la fiamma. Guardate il colore che cambia, la cima che si muove alzandosi ed abbassandosi. Questo è un esercizio che ci aiuta a vedere consapevolmente, attraverso uno dei nostri 5 sensi : la vista. Sviluppa la presenza, il qui e ora.

3° giorno -Consapevolezza del corpo- Stiamo seduti comodi, con gli occhi chiusi. Prendiamo contatto con il nostro respiro e con tutte le parti del nostro corpo, passando dalle estremità, facendo una scansione mentale di tutti i nostri organi, dei nostri arti, inferiori e superiori, fino ad arrivare alla sommità della nostra testa. E’ un esercizio che ci aiuta a prendere consapevolezza del nostro corpo, e vivere nel momento, sempre nel qui e ora, ascoltando sempre il nostro respiro.

4° Giorno – Mangiamo consapevolmente – Siamo sicuri di essere presenti quando mangiamo? Pensiamo al cibo che mettiamo in bocca o siamo distratti dai nostri pensieri? Fermiamoci e anche quando siamo a tavola, prestiamo attenzione al gusto del cibo che stiamo masticando, assaporiamolo fino in fondo, masticando lentamente. Al termine di questo modo di mangiare lento, consapevole, apprezzeremo il benessere che ne deriva.

5° Giorno – Ascolto consapevole – Prestiamo davvero attenzione quado gli altri parlano? Sviluppiamo il cosiddetto “ascolto attivo” abilità essenziale di ogni Coach, che deve praticare questa modalità per sintonizzarsi al meglio con il suo Coachee? Ora, praticare l’ascolto consapevole, significa dedicare 20 minuti – è questo l’esercizio del quinto giorno- ad ascoltare con vivo interesse il nostro interlocutore. Ascoltare senza essere distratto dai propri pensieri. Imparare questa tecnica ed applicarla nella vita quotidiana, migliorerà di molto le nostre relazioni con gli altri. Un benessere importante per i nostri rapporti.

6° Giorno – Camminata consapevole- Usciti finalmente dalla zona rossa, potremo praticare questo esercizio per circa 20 minuti. Meglio ancora se a contatto con la natura. Prendiamo consapevolezza di ciò che ci circonda: guardiamo con il naso all’insù e rendiamoci conto di dove siamo e quello che vediamo, sentiamo, percepiamo. La consapevolezza dei nostri sensi.

7° Giorno- La consapevolezza della consapevolezza – Dopo aver trascorso 6 giorni a concentrarsi sulla nostra presenza, siamo in grado di stilare una nostra routine fatta di momenti in cui siamo in grado di vivere il qui ora, con attenzione, presenza? Sì? Allora creiamoci una nostra routine che riprenda gli esercizi e le pratiche che ci hanno permesso di vivere il momento presente con una mente calma e padrona della situazione, senza che i pensieri ci generino stati di tensione emotiva. Viviamo la nostra consapevolezza in pieno. Siamo consapevoli del nostro benessere.

La seconda settimana

8° Giorno- La consapevolezza dei pensieri- Sediamoci e osserviamo i nostri pensieri che entrano ed escono dalla nostra mente. Li vediamo arrivare, li accogliamo, senza giudicarli e li guardiamo andare via. E’ come se stessimo seduti su una panchina alla stazione e davanti a noi passassero dei treni. I nostri pensieri salgono sul treno e partono. Noi li osserviamo andarsene. Il nostro pensiero è altro da noi. Facciamo questo esercizio, seduti, rilassati, per 20 minuti.

9° Giorno- I miei pensieri in una scatola- Ancora una volta osserviamo i nostri pensieri in maniera consapevole. Quando arrivano poniamoli in una scatola ideale, riempiamola e una volta piena, lanciamola lontana. I pensieri negativi se ne vanno e il nostro sentimento è di gioia, liberazione, benessere.

10 ° Giorno – La consapevolezza emotiva- Per essere consapevole delle nostre emozioni, occorre fare un check up per saperle riconoscere: scaricate qui sotto l’esercizio con una serie di domande a cui potete rispondere. Se volete poi condividere con me le risposte, sono a vostra disposizione molto volentieri.

11° Giorno – I pensieri limitanti- Spesso abbiamo dei boicottatori interiori che ci impediscono di prendere le giuste decisioni per noi stessi. Sono ancora una volta trappole che la nostra mente ci semina durante il nostro cammino per non uscire dalla nostra zona di comfort, per continuare a vivere non secondo la nostra natura, ma secondo convincimenti che spesso gli altri hanno scelto per noi. E’ venuto il momento di disinnescare i nostri auto-sabotatori. Come? Provate a rispondere alle domande che trovate nel file qui sotto.

12° Giorno – La consapevolezza della rabbia e delle altre emozioni negative – La maggior parte delle nostre emozioni negative sono generate dalla resistenza e dalla non accettazione. La rabbia è dovuta spesso al fatto che qualcuno o qualcosa non è nel modo in cui noi creiamo che debba essere. La delusione nasce quando qualcuno o qualcosa non ha soddisfatto le nostre aspettative. Siamo, ancora una volta, stressati quando crediamo di dover controllare qualcuno o una situazione della nostra vita. Ancora una volta è il nostro pensiero che genera questa emozione. Pratichiamo invece l’accettazione, non opponiamo resistenza. Accettiamo la realtà per quella che è. Vedremo che non proveremo emozioni negative. Il dodicesimo giorno portiamo la consapevolezza su questo aspetto.

13 Giorno – Creiamo le emozioni che vogliamo provare- Lo abbiamo detto più volte e non ci stanchiamo di ripetere. La gratitudine è uno strumento potente per poter portare nella nostra vita sentimenti positivi. Pratichiamo quindi in questo tredicesimo giorno un sentimento di gratitudine. Ringraziamo qualcuno per ciò che ha fatto nei nostri confronti. Creeremo un’emozione positiva in due persone: noi e la persona che la riceve. E sorridiamo, anche se non c’è una particolare ragione, ricordiamoci di sorridere. E’ provato scientificamente che Il nostro cervello registra l’espressione dei muscoli del viso che sorridono come stato di benessere, pertanto registra lo stato d’animo positivo. Quando sorridiamo, infatti, il nostro corpo rilascia delle sostanze che favoriscono il rilassamento e agiscono addirittura come antidolorifico naturale, cioè le endorfine, la dopamina e la serotonina (i neurotrasmettitori del benessere). In questo modo diminuiscono i livelli di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress.

14 Giorno- La meditazione della gratitudine. Dedichiamo il quattordicesimo giorno a dire grazie. Per iniziare, troviamo un posto tranquillo dove sappiamo che non saremo disturbati. Sediamoci in posizione comoda e stabile dove ci possiamo sentire completamente supportati e la schiena, il collo e la testa sono dritti. Oppure sdraiati sulla schiena in un posto confortevole. Facciamo un respiro lento e profondo per portarci al momento presente e iniziare il processo di sentirsi più tranquilli e centrati. Respiriamo nella pancia. Ora, scansioniamo mentalmente il nostro corpo alla ricerca di aree in cui c’è tenuta, tensione o mal di testa e respiriamo con un respiro caldo e pieno di ossigeno in quell’area; mentre respiriamo, lasciamo che la tensione si rilasci, respirando. Se notate i pensieri o emozioni, permettete loro di fluire mentre respiriamo. Mentre iniziamo il processo di gratitudine, iniziamo riconoscendo che, se stiamo praticando questa meditazione abbiamo doni meravigliosi. Il dono dell’udito che ci permette di ascoltare musica bellissima e ascoltare le voci di chi amiamo, il canto di un uccello, le note di una band o di un’orchestra, il suono del nostro respiro che scorre e scorre. Il dono della vita stessa, compreso il cuore che batte e dà vita al nostro corpo, al cibo che ci nutre e all’energia che siamo. Un altro passo per giungere al nostro benessere.

La terza settimana

15 Giorno – Allena la tua presenza -Metti la sveglia in 3 diversi orari della giornata e prenditi del tempo per riportare l’attenzione sulla tua presenza. Chiediti :

1.Quanto sono presente?

2. Dov’è la mia attenzione in questo momento?

E’ un ottimo modo per centrarti, prendere consapevolezza e metterti in contatto con se stesso. E’ un momento dedicato a te stesso, riportare la concentrazione su quello che stai facendo. Vedrai che ti sentirai ricaricato e pronto per affrontare gli impegni della giornata.

16 Giorno – Ciò che sperimentiamo è interno a noi . La meditazione della consapevolezza

L’auto-realizzazione inizia con la realizzazione di ciò che non siamo. L’autoconsapevolezza è ciò che ci dà la capacità di rispondere consapevolmente al nostro ambiente, creare deliberatamente i nostri pensieri e le nostre emozioni, e relazionarci e capire le altre persone. Inizieremo con una meditazione di auto-inchiesta che esplorerà la risposta alla domanda: “Chi sono io?”

Mettetevi comodi e seduti. Fate qualche respiro profondo, chiudete gli occhi cercate di essere centrati. Ora concentratevi l’attenzione sulla sensazione interiore di essere te. Chiedetevi, chi sono io? Immaginate questo “io” che si trova al centro della vostra fronte. Chiediti, come ci si sente ad essere me?

Consentite a qualsiasi sentimento, sia fisico che emotivo, di entrare nella vostra consapevolezza.

Dopo essersi seduti con la sensazione di essere voi per qualche istante, portate la vostra attenzione ai contenuti del vostro ambiente.

Per questa parte del processo si può aprire gli occhi. Osservate ciò che vedete nello spazio intorno a voi. Gli oggetti, lo spazio, la bellezza, l’imperfezione. Dite a voi stessi: “Questo non è ciò che sono”. Proseguite con la domanda: “Allora, chi sono io?” Diventate consapevoli del fatto che mentre il vostro ambiente esterno o le situazioni della vita cambiano costantemente, c’è sempre un “io”. Chiedetevi: “Chi sono io?”

Ora, portate la vostra attenzione ai vostri organi sensoriali. Notate quello che sentite, gli odori, il gusto, il tatto, la vista. Chiedetevi : “Chi sono io?”

Ora chiudete gli occhi e portate la tua consapevolezza ai tuoi organi vitali e ai tuoi processi corporei. Sentite il cuore che batte, la tua digestione e la complessità del vostro coropo. Una macchina perfetta.

Notate se la frequenza cardiaca è veloce o lenta, se lo stomaco è pieno o vuoto, se il corpo sta lavorando in armonia o uno stato di malattia. C’è un “io” che esiste al di là di tutto. Un “io” che vive la vita in questo corpo ma non è il corpo stesso.

Chiedetevi: “Chi sono io?”

Portate la vostra consapevolezza ai pensieri nella vostra mente. Potreste sentire le parole di questo esercizio nella vostra mente. Potreste aver sperimentato pensieri casuali intermittenti durante questo esercizio. Potreste trovarvi a pensare alle sensazioni nel vostro corpo legate a ciò che stavate solo considerando. Potreste sentire le risposte risuonare nella vostra mente alla domanda che avete posto: “Chi sono io?”

Qualunque sia il pensiero in qualsiasi momento, notate che di solito sono accompagnati da parole. A volte questi pensieri si muovono velocemente, altre volte lentamente. A volte sono positivi, altre volte negativi. A volte riguardano la vostra identità, i vostri tratti caratteriali o chi pensate di essere. Altre volte riguardano gli altri o le vostre opinioni o giudizi. A volte si tratta di ciò che sta accadendo in questo momento e altre volte riguardano i ricordi o le potenzialità future.

Ma più di ogni altra cosa, notate che, indipendentemente dal contenuto della vostra mente e dei vostri pensieri, c’è sempre e “io” che c’è al di là dei pensieri, un “io” che non cambia a seconda dei vostri pensieri.

Chiedetevi “Chi sono io?” All’inizio di questo esercizio, vi è stato chiesto di immaginare che questo “io” esistesse al centro della vostra fronte, tuttavia la verità è che siete molto più ampi di questo.

Quindi, chiedetevi “Dove sono?” e semplicemente osservate i pensieri o le sensazioni che vengono come risposta.

Sentite che abita tutto…

… lo spazio mentale

… il corpo

… i vostri sensi

Siate con tutte queste cose, ma sappiate che non sono cosa o chi siete. Chi sei è sotto, al di là e più grande di qualsiasi altro. Senti il potere e la grandezza di chi sei veramente.

E’ la consapevolezza. E’ il potere della presenza, per dirla con Eckart Tolle. Un altro passo verso il benessere.

17 Giorno – La meditazione della montagna. Questa meditazione è utile anche nei momenti in cui viviamo situazioni difficili. Ci aiuta a riportare la centralità su noi stessi e non lasciarsi condizionare dagli eventi esterni. E’ molto potente.

Sedetevi comodamente e prendetevi un momento per centrare voi stessi. State seduti in posizione eretta, ma comoda. Chiudete gli occhi.

Osservate il vostro respiro, rilassatevi e poi espandete la vostra consapevolezza alle sensazioni del tuo corpo. Notate la parte inferiore del vostro corpo e come vi sostiene. Il vostro corpo è radicato.

Visualizzate o immaginate una grande montagna. Può essere una montagna che conoscete . Può essere una montagna singola o parte di una catena montuosa. Questa montagna è nel luogo in cui si trova da molto tempo. È supportata da una vasta base di roccia ed è immobile e potente.

Può avere creste frastagliate o pendenze lisce. Può essere coperta da alberi o spoglia Coperta di neve o grondante di cascate. Comunque sia, è perfetta così com’è.

Siate questa montagna e vivete la sua quiete.

Con la testa che rappresenta la cima e la colonna vertebrale come asse, stabile sul terreno.. Sentite il cuore della montagna che rimane invariato anche quando le stagioni cominciano a cambiare.

Pensate di essere la montagna durante la stagione dell’autunno, quando è circondata da una luce dorata e i suoi colori sono vivaci come nel periodo del foliage.

Guardate ora come l’oscurità dell’inverno prende il sopravvento con il tempo che muta, trasformato dalla neve , dai ghiacci.

Notate come la montagna rimane immobile, tranquilla e costante nonostante le tempeste.

Sentite ora il calore del sole mentre ricomincia a scaldarsi con la bella stagione in arrivo. Inizia il disgelo. La natura si risveglia. Gli uccelli ricominciano a cinguettare e i primi fiori selvatici cominciano a germogliare.

Guardate ora come il cielo si tinge con nuovi colori : arancio profondo e giallo mentre il sole tramonta dietro di voi, per poi riaccendersi con le tonalità rosee dell’alba.

Voi siete la montagna che rimane immobile e radicata attraverso i cambiamenti del tempo, delle stagioni che impattano sulla sua superficie, mentre l’interno della montagna è sempre solido e statico. Notate come il giorno e la notte vanno e vengono, le stagioni sono in uno stato costante di cambiamento, eppure dentro tutto è immobile, impermeabile a quello che accade all’esterno. Come la montagna, la vostra vita vivrà diverse esperienze, una continua evoluzione in superficie e sperimenterete diversi gradi di oscurità, luce, attività e quiete. Ma ricordate sempre che al vostro centro la verità di chi siete rimane forte e immutabile, a prescindere dalle difficoltà della vita. Il vostro centro siete voi. Anche questo è benessere.

18. Giorno – Atti casuali di gentilezza -Abbiamo visto che la gentilezza può influenzare positivamente non solo la nostra vita spirituale, ma anche la nostra salute. Nel libro ” la Biologia della leggerezza ” scritto da Daniel Lumera e Immaculata De Vivo viene spiegato anche il fondamento scientifico. Essere gentili fa bene. Mostrare gentilezza agli altri è gratificante quanto riceverla. La gentilezza è contagiosa. Ci avevate mai fatto caso? Quando le persone sono accanto a persone gentili lo diventano a loro volta.

Questo giorno, dovrebbe essere il 22 Dicembre, se avete iniziato a seguire il nostro Calendario dell’Avvento dedicato al benessere il 4 Dicembre,” praticate atti di gentilezza a casaccio”, come aveva scritto su un tovagliolo di carta Anne Herbert nel 1982. La frase è diventata virale. Oggi chiedetevi chi potete aiutare . Vedrete che un’azione gentile farà bene a voi e a chi lo riceve. Gli atti di gentilezza stimolano gli ormoni della felicità. In una parola, generano benessere

Continua…

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Vivere una vita autentica

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su

Nella mia mission di Coach pubblicata sul mio sito ho scritto: “Aiuto gli altri a vivere una vita autentica”. Ma cosa significa vivere una vita autentica? Significa vivere in connessione con la propria natura più profonda. Connessione è la parola magica. Connessione significa che si è pienamente consapevoli della propria esistenza, del senso che vogliamo dare alla nostra vita E’ un lungo processo, occorre sapersi interrogare, conoscere. Non significa giudicarsi, non è l’io pensante, come lo chiama Russ Harris, nel suo libro “La trappola della felicità“.

L’io osservante

E’ piuttosto attraverso l’io osservante, che avviene la connessione che ci porta a vivere una vita autentica. Il sé osservante è per sua natura non giudicante. Non combatte contro la realtà: vede le cose per quello che sono e non si oppone. Pratica l’accettazione, perché opponiamo resistenza solo quando ci fondiamo con i nostri giudizi secondo i quali le cose sono giuste o sbagliate. Le cose sono come sono. Vivere una vita autentica significa dunque accettare e accettarsi per come siamo, non aver paura di mostrarci nella nostra vera natura. Accettarsi significa anche saperci amare, cercare dentro di noi affetto, stima, considerazione, senza doverlo per forza ricercare all’esterno. Significa trovare il nostro centro dentro di noi.

Le maschere che indossiamo

E’ stato questo l’argomento che abbiamo trattato all’interno del nostro workshop di Art Coaching, dal titolo “Giù la maschera”, nel quale abbiamo affrontato il tema delle maschere che spesso indossiamo. Impariamo ad indossarla fin da piccoli, quando il nostro bisogno primario è quello di essere amati, accettati. Per essere considerati dai nostri genitori indossiamo la maschera del “bravo bambino”. Abbiamo bisogno di ricevere approvazione, quindi il meccanismo che mettiamo in atto è molto semplice. Mi comporto bene, faccio ciò che gli altri si aspettano da me , quindi mi approvano, ergo sono amato. E qui inizia il primo passo per allontanarci da una vita autentica. Poi cresciamo e oltre all’amore e affetto dei nostri genitori, abbiamo bisogno di approvazione e accettazione da parte di altri adulti, dei compagni di scuola. La scuola è un terreno minato per allontanarsi dal nostro io autentico. Sono quello che il gruppo vuole che io sia. Mi ispiro a quello che fanno gli altri per timore di essere allontanato e non amato. E la vita autentica si allontana sempre di più.

Le maschere che ci accompagnano nel corso della vita

Cresciamo e, anche se la maschera del bravo bambino è quella che la maggior parte di noi continua ad indossare, per paura di non essere accettato anche da adulto, o per il desiderio di piacere a tutti, trappola nella quale cadono in molti, cominciamo ad indossarne altre e a collezionarne di nuove. Molte ci servono per proteggerci. Proviamo a far un elenco delle più comuni.

Il duro: è la maschera delle persone più sensibili, di coloro che hanno paura di essere feriti e indossano così una protezione per paura di soffrire. Sono spesso persone emotivamente fragili, che per difendersi attaccano prima di essere attaccate con atteggiamenti spesso aggressivi.

Il salvatore: la sindrome del “Io ti salverò” è piuttosto frequente, soprattutto fra il genere femminile. Si stratta di persone che si circondano spesso di casi disperati. Spesso si comportano così perché è più facile dare aiuto anziché chiederlo. E’ un modo per annullare il proprio bisogno di affetto. Un altro modo per allontanarsi dalla vita autentica.

La vittima : succede sempre tutto a lui o lei. E’ anche questo un modo per attirare l’attenzione. Un grido d’aiuto per poter ottenere affetto e considerazione.

L’indifferente : ha scelto di allontanarsi dalle proprie emozioni e non esternarle mai. Si difende dall’esterno, nascondendosi dietro l’indifferenza.

Il guerriero: indossa la maschera per poter reagire nei confronti delle avversità, sempre in prima linea, non mostra emozioni come la paura e vuole sempre esercitare il controllo .

Il burlone: colui che reagisce ad ogni circostanza mostrando umorismo. E’ la maschera con la quale pensa di essere accettato. Una volta calata la maschera il timore è quello di non essere accettato così com’è.

Essere autentici

Sono maschere che spesso ci accompagnano per tutta la vita. Nel momento in cui ne prendiamo consapevolezza, inizia però il percorso che ci porta a toglierle. Non è detto che non le si debba più indossare. A volte, come abbiamo visto, ci servono per proteggerci. Ma l’importante è essere presenti e consapevoli quando vogliamo indossarle nuovamente. Non devono essere portate così a lungo da adattarsi al nostro volto. Quando capiamo che non abbiamo più bisogno di protezione, ma possiamo mostrarci con tutta la nostra essenza senza timore di essere giudicati non amati, allora sappiamo che ci siamo accettati, amati. E possiamo finalmente vivere una vita autentica.

se ti è piaciuto il mio articolo condividilo su